Libri Regency: cosa si leggeva ai tempi di Jane Austen?

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Libri Regency: cosa si leggeva ai tempi di Jane Austen?

Abbiamo parlato di come i libri in epoca  Regency fossero molto  costosi per le  difficoltà di produzione, prima che la rivoluzione industriale portasse innovazione nel  settore della produzione della carta e della quantità di stampa prodotta; spesso erano i giornali il veicolo della letteratura nelle pagine d’appendice e la divulgazione delle opere era per lo più nazionale: in Inghilterra arrivavano opere francesi, tedesche, ma da e per il Nuovo Mondo era assai più difficile (e anche qui, solo poche decine di anni dopo, è sempre la rivoluzione industriale a venire in aiuto alla letteratura!).

Ma quali erano i libri che circolavano? Quali piacevano e quali erano considerati… spreco di preziosa carta?

Il fenomeno Byron

Byron, tra realtà e leggenda, fu un raro caso. Oggi sarebbe stato il primo influecer, lo avremmo trovato in tutti i social, in tutti i programmi tv a spaccare microfoni, coi fiori di San Remo avrebbe richiesto una scultura a sua immagine che poi avrebbe baciato (e altro), avrebbe scritto, recitato in film e forse alla fine anche fondato una setta.

Per la sua epoca ne fece più che Bertoldo, ma disgraziatamente scriveva poesie così meravigliose che ancor oggi ci chiediamo come potessero uscire parole così piene da una mente così lurida.

Lord Byron in Albanian dress
Lord Byron in Albanian dress

La poesia incredibile avventura dell’anima

Se la scuola non vi ha rovinato il gusto della poesia, in questi anni il romanticismo si sviluppa in ogni Paese trasportando i lettori in incredibili avventure dell’anima. I poeti, senza arte né parte, non guadagnavano quasi nulla ed erano pressoché disoccupati ma fieri di esserlo perché la povertà dava loro quel certo non so che di spirituale (era la  fame). Spesso insegnavano e coi pochi soldi che avevano pagavano le pubblicazioni. Ebbene sì: gli autori che tanto amiamo erano tutti self, persino Jane Austen. Giusto per dire.

I poeti, ancora adesso, non hanno quasi mai altra scelta, anche quando scelgono editori. Devono pagare.

La poesia, che era tanto amata dalle donne di tutte le età, veniva letta spesso di nascosto anche dai signori, in particolare dai Beau (i giovanotti alla moda), che in essa trovavano ottimi spunti di  conversazione con le signore. Poi non dite che nei miei articoli non vi do spunti per la vita reale, ragazzi miei.

In Italia non si parlava solo d’amore, lo  sapete:  offendereste il povero Foscolo che pur essendo greco ha speso  un sacco di energie per la sua patria. L’Italia.  Non vi confondete, per favore, anche perché poi lui è morto in Inghilterra, e Keats, grande cantor d’amore, invece è deceduto in Italia, quindi mi fermo qui.

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la tomba di Keats nel cimitero acattolico di Roma, accanto a quella del suo amico pittore Severn.

Insomma, gli italiani amavano la patria che non avevano, gli inglesi che l’avevano scrivevano d’amore e di mitologia, per rafforzar la potenza del regno. Ed ecco i grandi poemi, per far risorgere il ciclo arturiano, con storie d’amor piene di presagi cupi o cupi poemi fatti  di presagi che finiscono malissimo e basta. ANche qui, manco a dirlo, le signore con occhi sgranati, mani tremanti e trepidanti occhi, scorrevano le pagine attendendo dalla lettura le grandi emozioni.

Sto parlando delle Lyrical Ballads,  William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge, ma anche delle tante ballate scritte in questo periodo, come la Belle Dame sans Merci. Il recupero di una forma poetica antica per tornare alla purezza del passato in una nuova età d’oro.

E non siamo forse tutte vestite come matrone romane, ci aggiriamo tra colonne e archi, suonando arpe e morendo di freddo con abiti di mussola trasparente in pieno inverno? Almeno, che sia per una buona causa. I prati ci sono, le pecore pure, i cappellini di paglia anche: è la nuova Arcadia, e certo gli Inglesi la fanno meglio dei Francesi. Senza troppe parole, anche alle donne è richiesto uno sforzo bellico non indifferente, quello di creare e portare avanti uno stile Reggenza che faccia da controparte allo stile Impero, ma  siccome le  dame sono diverse dagli uomini, mentre i soldati combattono, le signore finanziano il contrabbando per avere rispettivamente sete francesi in Inghilterra e mussole di cotone inglesi in Francia. Questo è emblematico anche per la cultura: anche se si pensa che siano solo gli uomini a farla e ad averne il privilegio, in realtà c’è molto più femminile di quanto  si pensi, ma il lato “rosa” facilmente viene messo a tacere, viene tenuto nascosto. Agli uomini è sempre spettato l’agorà, la  piazza, il peripato, il cortile  aperto. Alle donne il gineceo, il salotto, che hanno imparato a sfruttare per fare cultura.

libro ballate
Illustrazione del 1880 delle Ballads and Lyrics

L’accesso alla cultura – le donne e lo studio

Le donne, per un bel pezzo, non sono state ammesse alle scuole, non hanno imparato a leggere, ma quando lo hanno fatto sono state delegate ben presto a ruoli educativi per  la loro  attitudine a stare coi bambini. Hanno imparato a leggere e a condividere le conoscenze, ma sempre sotto controllo, sotto una rigida censura dei contenuti adatti al gentil sesso.

Leggi anche: https://www.missdarcy.it/le-scuole-per-ragazze-regency-girl-school-in-regency-era/ 

Un’educazione rudimentale veniva fornita a tutti i bambini poveri dalla Chiesa anglicana, alle bimbe più abbienti si arrivava a un’istruzione superiore, ma sempre improntata a fare di loro buone mogli e non certo delle letterate.

Le donne che si dedicavano alle lettere, alle scienze o alle arti, non solo in Inghilterra, ma in molti Paesi (fra i primi l’Italia) finivano con l’avere una cattiva reputazione, soprattutto se non avevano un marito. Le maestre subivano critiche e malevole osservazioni: erano donne perdute? Incinte? Abbandonate? Ricevevano visite maschili? Le autrici scrivevano con pseudonimo maschile o in anonimato, se possibile facevano trattare parenti maschi le questioni pratiche con gli editori.

Leggiamo in Northanger Abbey:

“I romanzi sono così pieni di assurdità e stupidaggini; non ce n’è stato nemmeno uno appena decente dopo Tom Jones, salvo Il monaco; l’ho letto l’altro giorno, ma quanto agli altri, sono le cose più stupide del creato.”
“Credo che Udolpho potrebbe piacervi, se lo leggeste; è così interessante.”
“No, no davvero! O meglio, se ne dovessi leggere qualcuno, sarebbero quelli di Mrs. Radcliffe; i suoi romanzi sono abbastanza divertenti, sono degni di essere letti; in quelli c’è un po’ di spirito e di belle descrizioni.”
“Udolpho è stato scritto da Mrs. Radcliffe”, disse Catherine, un po’ esitante, per paura di mortificarlo.
“Ma no; davvero? ma sì, mi ricordo, è così; stavo pensando a quell’altro stupido libro, scritto da quella donna che ha provocato tanto chiasso, quella che si è sposata con l’emigrante francese.”
“Immagino intendiate Camilla.”
“Sì, è quello; stupidaggini senza capo né coda!…”

Il romanzo Camilla è opera di Fanny Burney, che nel 1793 aveva sposato il generale Alexandre D’Arblay, francese fuggito dopo la Rivoluzione. Qui troviamo giudizi superficiali su romanzi  autrici, persone, da parte di un vero superficiale, ma si avverte fra le righe l’avversione a priori per la scrittrice donna.

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Lady Blanche attraversa il burrone guidata dal conte e Saint Foix

I romanzi, libri regency amati e odiati

E qui arriva il bello.

Amati e odiati, letti con orgoglio o di nascosto. I romanzi sono al centro della lettura di inizio secolo. appena nati, si potrebbe dire, freschi freschi da pochi decenni, subito la prosa di fantasia attira l’attenzione di autori e lettori, e quello che appare chiaro è che dalla mente umana quello  che vuole uscire è qualcosa di stupefacente.

Romanzi popolari dell’epoca:

Di Anne Radcliffe:

  • I misteri di Udolpho (1794)
  • I castelli di Athlin e Dunbayne (1789)
  • Il romanzo della foresta  (1791)

Di Henry Fielding

  • La storia di Tom Jones, un trovatello (1749)

Di Mathew Gregory Lewis

  • Il monaco: una storia d’amore (1796)

Di Jane Austen

  • Ragione e sentimento   (1811)
  • Orgoglio e pregiudizio   (1813)
  •  Mansfield Park   (1814)
  • Emma (1815)
  • Abbazia di Northanger (1817)
  • Persuasione di Jane Austen (1817)

Di Sir Walter Scott

  • Waverly (1814)
  • Ivanhoe (1819)

Libri regency, che genere andava di moda?

Il monaco era di gran lunga il romanzo più scandaloso dell’epoca, e in effetti dietro agli elementi gotici nascondeva qualche pagina decisamente erotica, che una signorina di allora avrebbe dovuto evitare (un po’ come mettere in mano a una dodicenne un Harmony Passion di oggi). Oltre a questi best seller, c’erano romanzi educativi, scritti per le ragazze, proprio da quella noiosa signora che aveva sposato il francese, che per altro era molto ammirata dalla stessa Austen: Fanny Burney, antifemminista per eccellenza, nei suoi romanzi proponeva ideali femminili che dopo varie sventure dovute a una società crudele, se la cavavano grazie a un buon matrimonio e a un buon partito. Evelina, Cecilia, Camilla, The Wanderer furono i suoi quattro romanzi, e a quanto pare  ebbero meno presa sulle fanciulle di altri titoli più scabrosi e dei gotici, in cui magari il buon matrimonio arrivava lo stesso, ma prima si trovavano scheletri, nemici pronti a uccidere con pugnali avvelenati, segrete di castelli e qualche fantasma. Oppure Mr. Darcy.

Libri regency per tutti i gusti, ma non per tutte tasche: ci vorrà ancora un po’ perché i lettori comuni possano acquistare le loro letture e non solo prenderle a  prestito nelle biblioteche circolanti.

Librerie e Biblioteche Regency; dove trovare libri ai tempi di Jane Austen

 

Bath – la spa romana rimasta ai tempi di Jane Austen

Bath – la spa romana rimasta ai tempi di Jane Austen

Bath è una città che di per sé potrebbe definirsi un romanzo, o una poesia. È una città intrisa di Storia, e non solo perché Jane Austen l’ha resa celebre coi suoi romanzi, ma perché ogni via del centro, ogni albero dei parchi, ogni negozio, sembra volerci raccontare una storia, vecchia o nuova che sia. E ora, ve ne raccontiamo una.

Bath, una lunga storia

La zona in cui oggi sorge Bath è una delle più gradevoli d’Inghilterra. Il fiume Avon scorre qui in terreno pianeggiante e fertile, fra colline che già nell’età del Ferro furono abitate da varie popolazioni. Terreni fertili, clima abbastanza mite, la zona fu più o meno sempre abitata, ma a testimoniare gli insediamenti più antichi sorgono oggi i villaggi di Bathampton e Batheaston, sopra al quale sorge una collina piatta, Little Solsbury Hill, sito archeologico dell’età del ferro.

Questi sono luoghi un po’ magici: poco lontano da lì qualche secolo dopo i romani fecero passare la strada Fosse Way, passante per Batampton diretta verso Bath. il nome della collina, fra l’altro, già richiamava il nome che il popolo romano avrebbe dato alla città di Bath: Aquae Sulis, perché in questa zona della Britannia, dove i romani avevano imparato a convivere con le divinità locali, mescolandole alle proprie senza troppo farsi problemi, era venerata una dea di nome Sulis, sovrapponibile a Minerva.

Bath
immagine della piscina termale romana ricostruita

La fondazione di Bath è addirittura leggendaria. Bath fu fondata da Bladud, presunto figlio maggiore del re celtico Lud e padre del re Lear. Da giovane, Bladud presumibilmente contrasse la lebbra e diventò guardiano di porci lontano da casa. Pure i suoi maiali erano malati di scorbuto: insomma, una gran brutta compagnia. Un giorno, tuttavia, Bladud osservò uno (o più) dei suoi maiali sguazzare in una chiazza di fango nero e bollente. (Versioni più drammatiche della leggenda hanno Bladud che salta nel fango per salvare un maiale che rischiava di essere risucchiato dal puzzolente fango.) Bladud in  seguito osservò che il maiale (o i maiali) finito nel fango, guarì dallo scorbuto, così provò lui stesso a fare il bagno nel fango e la sua lebbra fu curata. Tornò a corte, alla fine divenne re lui stesso e fondò sia la città di Bath stessa che un tempio alla dea celtica Sulis nel sito della sorgente. L’unica pecca sta nel fatto che Bath fu fondata circa un migliaio di anni dopo la presunta storia di questo personaggio.

Gorgone baffone, oceano o sole sornione?

Bath e i romani

I romani non avrebbero mai rinunciato a costruire una città in quella posizione: in tutta la Britannia quello era l’unico luogo in cui avevano trovato acque termali calde e sulfuree, cosa che ritenevano fondamentale  per la  salute.

Le terme, certo, erano presente in ogni insediamento, piccolo o grande che fosse: erano i bagni in cui ci si lavava, ci si rilassava, si manteneva uno stato di salute grazie al potere delle acque calde, fredde e tiepide e alla pulizia (ci si lavava con oli profumati, tolti poi con conchiglie o  altri appositi oggetti), ma le acque termali erano qualcosa di più. Lo sappiamo, ancora adesso sono utilissime per la cura di vari disturbi, oltre al potere benefico sullo stato mentale e contro lo stress.

Ecco che le Acque di Sulis, una dea apportatrice di benefici, diventano meta nota e le terme vengono costruite con grande cura. Stranamente, di altri insediamenti romani non restano grandi tracce: si trovano notizie storiche di un tempio dedicato a Minerva, ma tutto resta sepolto nel  segreto di quei terreni, oggi coperti di edifici ben diversi, anche se lo  stile neoclassico inconfondibile ci rimanda ad altri tempi e ad altre storie.

Buffo pensare che fra i reperti archeologici ci siano arrivate, invece, delle maledizioni: era possibile lasciare nel  tempio di Sulis Minerva dei biglietti, o meglio delle incisioni, in cui si maledicevano persone che a loro volta avevano compiuto cattiverie. Ad esempio, quei porci che avevano rubato gli abiti alle terme…

Che il tempio fosse vicino alle  terme lo si evince dai pochi resti che sono emersi scavando per le fondamenta della Pum Room: oltre alle maledizioni, è stato  trovato anche un fregio rotondo, molto particolare, lontano dal classico stile romano, che è stato interpretato in vari modi e riprodotto come simbolo di Bath per molto tempo. Testa di Gorgone, dio Oceano, divinità celtica solare? fra le tante idee, nessuna sembra coniugarsi  con le dee a cui è dedicato il tempio, anche perché la figura, capelluta, barbuta e baffuta, è chiaramente maschile. Un mistero che non ha ancora soluzione.

Statua di Bladud, nelle terme
Statua di Bladud nelle Terme

Bath nel Medioevo

Purtroppo, l’epoca medievale fu periodo di battaglie e di conquiste e Bath fu lasciata andare in rovina. Gran parte della struttura delle terme era in legno e quello che non fu danneggiato dal tempo fu usato per altri scopi.

Con l’avvento del cristianesimo anche il tempio di Sulis Minerva fu abbandonato e progressivamente andò distrutto, ma il nuovo borgo che stava sorgendo sulle macerie romane cominciò ad assumere una connotazione cristiana, dapprima con la nascita di un monastero, poi di una cattedrale.

Agli occhi moderni, sembra che la nostra Bath abbia avuto vita solo nel periodo romano e in quello Regency, eppure l’epoca medievale è stata vitale per questa cittadina. Come sempre, siamo abituati a pensare al Medioevo come oscuro, eppure, ancora oggi alcuni scorci particolarmente suggestivi ci giungono direttamente da quel periodo, per non parlare della magnifica cattedrale, la  Bath Abbey, nel cuore della città dove si affacciano anche le terme romane.

La casa più antica di Bath sorge poco lontano ed è forse altrettanto famosa: Sally Lunn’s Eating House afferma di essere la casa più antica di Bath, costruita nel 1482. In realtà, le sue origini sono ancora più antiche: il primo livello del pavimento risale al 1150 circa e nella cantina sono stati trovati resti romani. Qui i turisti e non fanno volentieri un po’ di attesa per prendere un tè e assaggiare gli speciali panini famosi in tutta l’Inghilterra, i Sally Lunn bun, avvolti in un’atmosfera veramente d’altri tempi. E mi pare incredibile esserci stata, acciderbolina!!!!!

Bath
Sally Lunn

In tutto il periodo medievale, se un edificio termale vero e proprio non esisteva più, l’acqua sulfurea non aveva certo smesso di sgorgare e alcune vie, strette e contorte, conducevano ai bagni termali, dove si recavano ricchi e poveri a curare i malanni. Il re aveva un accesso personale.

Bath era ancora una città murata: questo spiega perché le dimensioni del suo sviluppo sono comunque rimaste contenute.

L’abbazia di Bath (A…Bath-zia?)

Se amate il gotico, come Cathrine Morland, quest’abbazia non mancherà di affascinarvi. Qui intorno non c’è nessun cimitero, rimosso probabilmente per far spazio ad altre strutture (la chiesa è al centro di tre piazze, ciascuna utilizzata per ospitare e smistare i numerosi turisti che si muovono coi pullman), tuttavia all’interno, una volta terminato di meravigliarsi delle volte svettanti, sono certa che vi diletterete nella lettura delle lapidi lungo i muri della navata, in gran parte riferiti a defunti sepolti fra seicento e ottocento. In Inghilterra, infatti, la malsana abitudine di seppellire accanto alle chiese i communers e nelle chiese prelati, militari e nobili rimase in voga per molti secoli, ben oltre il periodo Regency, corrispondente a quello napoleonico che, per molti altri Paesi, coincise con il trasferimento di cimiteri e salme lontano dai centri abitati.

Bath abbey
La cattedrale

Qui, come in tante chiese, l’affollamento di defunti era notevole. Oggi probabilmente anche queste spoglie mortali sono state traslate altrove, ma rimangono a testimoniare la storia lontana e quasi perduta restano lapidi con frammenti di vita vissuta di madri, militari morti di febbri nelle colonie, di bambini perduti in tenera età, di anziane matrone, di compianti mariti e padri di numerosa prole.

Questa abbazia, che sorge nel sito dove un tempo si trovava il monastero benedettino,

Fondata nel VII secolo e riorganizzata nel X secolo, fu ricostruita nel XII e XVI secolo ed è uno dei maggiori esempi di gotico perpendicolare della West Country.

Bath
L’interno della cattedrale

La chiesa, con pianta a croce latina, può contenere circa 1200 persone e viene usata, oltre che per cerimonie religiose, per cerimonie civili, concerti e letture.

Nel 1400 la cattedrale era in uno stato di abbandono e si decise di ricostruirla, identica nella  struttura, ma in scala più piccola. Si fece in tempo a terminare il lavoro giusto in tempo per l’incoronazione di Enrico VIII, lo scisma anglicano e il suo riutilizzo come cattedrale anglicana. A Bath funziona tutto così. Se qualcosa cade, si rialza.

bath

Le terme di Bath ci riprovano

Fra periodi in cui non sa che succede, e Bath viene lasciata tranquilla al suo destino, e periodi in cui i re inglesi decidono di farne una città importante e tutto viene ricostruito a puntino, salvo poi lasciar andare tutto in malora, La nostra eroina (forse Jane Austen l’avrebbe amata di più, se avesse conosciuto bene le sue disavventure) arriva al periodo luminoso del neoclassicismo, in cui si riscoprono le cure termali e le proprietà delle sue acque, non solo per buttarci maiali, ma per guarire gentiluomini e nobildonne.

Bath
i veri reperti romani: il calidarium

Se ne prendono carico grandi architetti, che ne ridisegnano completamente le vie, le case, i parchi, riscoprono le terme romane e trovano tutti gli impianti abbandonati, ma ancora riutilizzabili, protetti come una crisalide sotto il livello del suolo, e ricostruiscono quelle che tanto  tempo prima erano state le vasche in cui sguazzavano gioiosi i milites (senza armature e senza caligae). All’epoca c’era un tetto sopra, ma chi lo sapeva? Ed ecco risorgere le terme romane, e accanto la Pump Room, dove  attingere deliziosi calici di acqua dal profumo di uovo marcio.

Ma ancora le terme non ripresero un aspetto definitivamente “romano”. Bisogna aspettare l’epoca vittoriana, per  arrivare alla costruzione attuale, con tanto di statue di imperatori e di mura.

La cosa incredibile è che fino al ripristino di primo Ottocento, la maggior parte delle acque termali passava attraverso le fogne e finiva con le acque reflue nell’Avon. E c’era chi si lamentava della puzza, perché nelle cantine c’erano infiltrazioni al profumo di cadavere.

Fu una visita della regina Anna nel 1802 che diede il via alla vera trasformazione di Bath in una località alla moda.

Royal Crescent

L’architetto artefice dell’aspetto che conosciamo oggi è Richard “Beau” Nash, che ideò la costruzione delle sale riunioni di Bath (che ora ospitano il Museo dei costumi) e stabilì anche una serie di regole per governare il comportamento educato perché, manco a dirlo, fu pure maestro di cerimonie nella medesima sala. come dire, io l’ho fatta, io decido.

Bath iniziò a competere con Londra come luogo in cui trascorrere “la stagione”. Gran parte dell’architettura che circonda oggi i bagni risale a questo periodo di rinascita georgiana. All’inizio del XVIII secolo, Bath acquisì il suo primo teatro appositamente costruito, l’Old Orchard Street Theatre. Fu ricostruito come Theatre Royal, insieme alla Grand Pump Room accanto alle terme. Il più era fatto, ora servivano case eleganti per ospitare gente elegante, ed ecco nascere tutta una rete di vie incredibilmente belle, ispirate alle strade londinesi più moderne, con la differenza che qui gli edifici sorgono nella particolare pietra locale, un’arenaria color miele che dona a Bath un’aspetto unico.

Le larghe vie che si diramano dal  centro lasciano spazio a giardini riquadrati e tondeggianti, ma la più caratteristica fra tutte, e la più ambita fra le location in cui abitare, è certamente una sola.

visuale del Royal Crescent dal parco

Lansdown Crescent e The Circus

Lansdown Crescent è il più famoso esempio di architettura georgiana a Bath. Progettato da John Palmer e costruito da una varietà di costruttori tra il 1789 e il 1793, ha una forma a mezzaluna, in cui gli edifici si affacciano su un vasto parco, con un un ampio panorama sul centro di Bath, essendo situati su Lansdown Hill. Prima di arrivare alla sommità della collina, si incontra un’altra serie stupefacente di piazze ed abitazioni: il Royal Crescent, St James’s Square, e The Circus. quest’ultimo, apoteosi delle facciate ricurve, è costituito interamente da case che di affacciano sulla piazza formando un circolo.

Pultney Bridge

Jane Austen & Bath

… continua…

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Splendori dimenticati. Le terme di Buxton

Exploring Medieval Bath

 

 

 

 

 

La prostituzione nell’Inghilterra del 1800

La prostituzione nell’Inghilterra del 1800

La prostituzione nell’Inghilterra del 1800 era considerata una piaga, una realtà innominabile, una necessità difficilmente regolabile.

Certo, l’ascesa al trono della regina Vittoria portò anche nuove lotte a questa professione non troppo invisibile, che proprio nel periodo del suo regno assunse dimensioni preoccupanti e si potrebbe dire incontrollabili. Ma vediamo con ordine qualche dato.

La prostituzione nell’Inghilterra del 1800 – il periodo Regency

Figli dell’illuminismo, gli inglesi che attraversavano il secolo erano più tolleranti riguardo alla prostituzione rispetto alla generazione successiva, che potremmo definire “bacchettona”: a rimpolpare le file della prostituzione in epoca vittoriana c’erano sovente anche le famose donne cadute, di cui abbiamo parlato, mentre in periodo Regency c’erano anche donne che nella prostituzione vedevano un modo per affrancarsi dalla povertà. a darci un’idea di questo diverso modo di guardare alla “professione”, c’è una famosa stampa di Richard Newton, The Progress of a Woman of Pleasure, che racconta visivamente l’arco della vita di una donna di piacere, che riesce a raggiungere gli obiettivi prefissi, ma a causa del suo pessimo carattere e della dedizione alla bottiglia finisce piuttosto male. Insomma, ancora una volta, la battaglia è contro l’alcol e non contro la prostituzione.

La prostituzione nell'Inghilterra dell'800

Quante erano le prostitute a Londra?

All’inizio dell’800 un quinto delle donne che la città di Londra ospitava era dedito al mestiere, ed esercitavano un po’ ovunque: in bordelli, presso le loro dimore, per le strade, senza troppe distinzioni, ma via via che la polizia si faceva più severa nei controlli, le donne si spostavano verso le periferie, a Est e a Ovest, e al Porto.

All’inizio dell’800, la maggiore libertà portava le donne, specie quelle più giovani e con maggiori speranze, alle feste, soprattutto a quelle mascherate,  a teatro, nei luoghi di divertimento maschile, dove i gentiluomini giocavano a soldi e le signore non si addentravano mai in quanto – per l’appunto – non erano luoghi per gentildonne. D’altra parte, anche le attrici e le ballerine, arrotondavano frequentando questi stessi ambienti e trovandosi amanti tra i gentiluomini che incontravano.

In ogni epoca, e in epoca Regency non era diverso, le prostitute si trovavano suddivise in diversi livelli, anche perché diversi erano i luoghi e le persone che frequentavano: più alto era il ceto in cui si proponevano, maggiori erano le  speranze di trovare qualcuno che le mantenesse o che le sposasse (certo non un nobile, ma un borghese, un piccolo possidente, un musicista…)

https://googlemapsmania.blogspot.com/2015/07/mapping-londons-18th-century-prostitutes.html

Allegria ma non troppo

In effetti, la legge fino al 1820 pare non fosse molto chiara sull’argomento e le case chiuse erano del tutto legittime. Fino al giro di vite delle leggi vittoriane, non era raro che ragazze di ceti inferiori, magari deflorate da un innamorato perduto, decidessero di “sfruttare” l’ormai perduta verginità per guadagnare qualcosa, e così accettavano per soldi rapporti occasionali.

Gettonate le sveltine contro i muri.

Spesso  le ragazze esercitavano qualche anno, poi con i risparmi aprivano una loro attività, sartoria, birreria, locanda… oppure finivano con lo sposarsi. Sempre che non finissero male, con figli illegittimi, o peggio, malate o morte per tentativi d’aborto mal riusciti.

La prostituzione nell'Inghilterra dell'800

La prostituzione nell’Inghilterra del 800 – i balli e non solo

Alto bordo o meno, si trattava di un mestiere pericoloso, che esponeva le donne non solo all’improvvisa esplosione della violenza maschile, o ai maltrattamenti della polizia,  o a gravidanze indesiderate, ma anche a malattie veneree più o meno curabili. Fu la sifilide a causare i peggiori maltrattamenti – si può dire violenze fisiche e psicologiche – alle donne, in epoca vittoriana, quando, a causa della diffusione della malattia, furono incolpate loro di ogni contagio. In realtà, la diffusione partiva dai marinai e dai soldati della marina inglese e dai soldati in generale, che contagiavano le prostitute a cui ricorrevano con molta frequenza avendo il divieto di sposarsi. Le  cortigiane, poi, ammalate, continuavano a lavorare anche con altri clienti, mariti dal comportamento ineccepibile sotto ogni altro aspetto.

A sollevare poi il problema era quasi sempre la moglie, che si trovava contagiata senza comprendere quale fosse la causa dei  sintomi che manifestava. Il problema portò a una legislazione a discapito delle donne ritenute mercenarie, come vi ho raccontato qui.

Le malattie veneree nella Londra vittoriana

Non c’erano, per le poverette, solo balli, profumi, belletti. Se il secolo iniziava con una possibilità di vita quasi normale, si chiudeva nel modo più cupo possibile, soprattutto nella Londra vittoriana, nel lerciume degli Slums, col terrore degli assassini come Jack the Ripper (che non fu il solo a prendere queste donne sole come bersaglio).

La prostituzione nell'Inghilterra dell'800
Famosa fotografia: prostituta bambina di epoca vittoriana. Incita di almeno 4 o 5 mesi.

E l’epoca vittoriana?

L’epoca vittoriana

Se nel primo 800 la prostituzione è un problema che viene affrontato dalle autorità sociali e religiose, in epoca vittoriana si parla di una vera e propria piaga che dilaga in tutta l’Inghilterra, più che in altri Paesi: la prostituzione nel 800 inglese è figlia illegittima della rivoluzione industriale, dell’inurbamento senza criterio, della mancanza  di regole e leggi che proteggano il lavoro  femminile e minorile. E diciamocelo, anche di una moralità fasulla che mette facilmente al bando le donne e non sostiene le madri in difficoltà.

Troppo spesso, per ragazze giovani e inesperte, la strada verso la prostituzione era in discesa rapida, soprattutto se la famiglia le ripudiava per mantenere alto il proprio buon nome nella speranza di non “rovinare” la reputazione di altre figlie.

Questi drammatici giochetti avvenivano nella borghesia medio-bassa,  dove bastava poco per perdere tutto: un investimento sbagliato, se il padre osava troppo, una vedovanza, un matrimonio contratto in modo imprudente, e la famiglia scivolava verso il basso. È il caso della famiglia Sedley ne La fiera delle Vanità di William Makepeace Tackeray, che passa da un’agiatezza spensierata a una povertà dignitosa, ma umiliante.

Il numero degli abitanti di Londra in epoca vittoriana cresce vertiginosamente, ma a  crescere sono le zone malfamate, dove palazzi borghesi sono stati convertiti a casermoni sovraffollati e dove sono nate baraccopoli, lungo il  Tamigi ridotto a una fogna a cielo aperto.

L’ultimo turno della cortigiana, di James Gillray, 1779.

In questo panorama poco  edificante, in cui i poveri si aggirano nella fitta nebbia di carbone, anche le prostitute sono aumentate. Sebbene i rapporti della polizia di Londra abbiano registrato che ci fossero circa 8.600 prostitute a loro note, è stato suggerito che il numero reale di donne che si prostituivano durante questo periodo fosse più vicino a 80.000 (Rogers). Di conseguenza, sono state sollevate preoccupazioni e l’importanza della prostituzione ha portato a diversi atti governativi. Questi atti hanno tentato di sradicare i problemi associati alla presenza della prostituzione nella società londinese e sono stati seguiti da movimenti di riforma reazionari guidati in particolare da donne single che hanno lavorato per abrogarli. (https://sites.udel.edu/britlitwiki/victorian-prostitution/) Di certezze non ce ne sono: Spesso e volentieri,  bastava che una donna girasse da sola per la strada e già poteva essere considerata una cortigiana (le gentildonne erano accompagnate da una cameriera).

Con la nascita dell’esercito della Salvezza di Booth, anche altre associazioni religiose iniziarono a cambiare atteggiamento verso le donne cadute: dalle workhouse punitive che abbiamo visto qui

Workhouse in epoca vittoriana – prigioni o istituzioni benefiche?

Si passa alla nascita di istituti che cercano di aiutare le donne nella difficoltà oggettiva. DI uno di questi istituti, sarà fautore lo stesso Dickens, sempre in prima linea nella battaglia contro la povertà e nella sensibilizzazione verso gli aspetti veri della povertà, che gli strati più alti della popolazione tendevano a idealizzare con falsi motteggi e filosofeggiando, nella convinzione che a ognuno toccasse il suo destino, e che salvarsi  dalla miseria toccasse al povero, senza altri aiuti.

Di certo, le donne del ceto operaio non erano aiutate a mantenere decoro e rispettabilità, così come le  fanciulle che vivevano nella promiscuità degli slums: tutti luoghi in cui lo stupro era all’ordine del giorno, la difesa dell’innocenza era inesistente, e spesso, per quanto sia orribile a dirsi, i figli, maschi o femmine, facevano parte delle risorse a disposizione. Venduti a ore o definitivamente, non era solo per introdurli al furto e al borseggio che venivano messi sulle strade.

Il Covent Garden, mercato al coperto dei fiori, così come le zone periferiche di Whitechapel  e l’East London, erano le zone più note per la prostituzione, ma ancora il porto rimaneva un luogo privilegiato per gli incontri notturni.

 

prossima diretta!

fuitina regency

Avete fretta di sposarvi ma il vostro lui non è un Lord e non ottiene la licenza speciale? NOn vi resta che la fuitina. Miss Darcy ci accompagna nel mondo delle donne che fuggono per sposarsi, in epoca Regency, naturalmente. A domani con la nuova diretta! alle 20 e 45, sulla pagina facebook, seguirà articolo!!!

La magia nell’Ottocento – articolo di Fabrizio Valenza

La magia nell’Ottocento

Articolo di Fabrizio Valenza

Un aspetto che ha sempre incontrato il mio interesse è come la magia abbia trovato spazio di crescita, negli ultimi secoli dell’epoca moderna in Europa e in America, soprattutto in quel bisogno di sacro non considerato, oppure disprezzato, da buona parte dell’Illuminismo. La razionalità eccessiva e pervasiva dell’Età dei Lumi nella seconda metà del Settecento trova il suo contraltare in un movimento mistico – per così dire – generalizzato, che cerca la soluzione ai problemi nel miracolo e nella magia. L’aspetto più particolare, però, è che spesso illuminismo e misticismo non vanno separati, come due stranieri che percorrono la medesima strada, ma sono uniti in un unico personaggio che racchiude in sé due personalità differenti, in stile stevensoniano: c’è il dottor Jekyll razionale e illuminista, e c’è anche mister Hyde, mistico, magico, oscuro.la magia nell'800

Premessa storica.

Un simile paradosso trova le sue radici, però, nel Rinascimento, dove fin dai Ficino e Keplero, dai Cartesio e Newton, per dire i più famosi, i due aspetti vanno a braccetto, fino ad arrivare a Garibaldi e a Conan Doyle. Non è un caso che le capitali industrializzate siano, in Europa, anche i grandi contenitori sociali delle manifestazioni magiche: Torino, Parigi e Londra eccellono nel presentare questo tipo di convivenza, dove la magia si interseca con la divinazione e perfino con il satanismo, sebbene si tratti di ambiti che vanno tenuti ben separati e distinti. Razionalismo scettico e occultismo sono come gemelli siamesi e punteggiano tutta la modernità. Le ragioni sono piuttosto chiare:
  • il bisogno incessante di sacro, domanda insopprimibile dell’animo umano, il quale, sottrattagli la religione, va in cerca d’altro;
  • la percezione di una spiritualità che, però, non viene più colta attraverso una religione strutturata, ma piuttosto tramite le caratteristiche proprie di ogni soggettività (basti l’esempio dello spiritismo su tutti, che ben si coniuga con l’ideale del potenziamento della volontà personale, così tipico dell’epoca industrializzata e post-industrializzata).
la magia nell'800 Proprio la volontà di potenza è la caratteristica principale della magia, laddove il mago o chi pratica a qualunque titolo la magia, lo fa sostanzialmente per accrescere o affermare il potere proprio, aspetto che perciò la differenzia dalla religione, che invece riconosce e affida l’essere umano al potere divino. I movimenti magici, antichi e moderni, rivelano le esigenze reali e concrete, le tendenze profonde del cuore degli uomini, ma anziché opporsi al quadro impoverito di una cultura tracciata dal razionalismo imperante, non fanno altro che confermarlo, completandolo senza costituire una valida alternativa: da una parte c’è la volontà di potenza razionale e razionalizzante, con lo scopo di produrre e modificare il mondo; dall’altra c’è la volontà di potenza magica e misticizzante, con lo scopo di cambiare il proprio mondo. Non si tratta di razionale e irrazionale, ma di due razionalismi di segno opposto. Dirò solo qualche parola relativa a questi tre ambiti: spiritismo, nuova religiosità e magia.
Madame Blavanscky, fondatrice della teosofia, fu un personaggio sfuggente e carismatico.

La magia nell’Ottocento – Spiritismo

Lo spiritismo propriamente detto, come corrente di cui fu famoso frequentatore Arthur Conan Doyle (per fare un solo esempio), è fenomeno occidentale. Esso nasce nell’Ottocento e viene ufficializzato dalla pubblica epifania a Hydesville, a nord dello Stato di New York, nel 1848, per il tramite delle sorelle Fox. Trasferitesi da poco nella nuova casa, in quell’anno si iniziarono a udire colpi inspiegabili, per comprendere il significato dei quali, le due sorelle elaborarono un codice per comunicare con la fonte di tali colpi: esso si rivelò lo spirito di un defunto che aveva abitato in quella casa ed era morto di morte violenta. La notizia di tale manifestazione attirò un tale interesse, da allargarsi fino al Canada e a tutti gli Stati Uniti, anche per tramite di altre personalità, quali E. W. Capron di Rochester, che nel 1849 fondò un gruppo per studiare e diffondere i messaggi delle sorelle Fox, e Horace Greeley, il direttore del New York Tribune, influentissimo giornale, che nel 1850 incontrò le sorelle, facendone conoscere l’attività su tutta la stampa americana. Da lì, lo spiritismo divenne una moda, nella quale le sorelle Fox furono presto oscurate da medium ben più capaci di loro.

La magia nell’Ottocento – Nuovi vangeli – 

Fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento, in ambito spiritista vi fu la diffusione di nuovi vangeli, rivelati durante sessioni spiritiche da medium che si limitavano ad ascoltare e trascrivere, spesso tramite fenomeni di scrittura automatica, quanto gli spiriti dicevano loro. Chi dettava i nuovi vangeli, per completare la tradizione religiosa pregressa, era spesso Gesù Cristo in persona, Dio, oppure gli spiriti angelici. Il più antico di questi nuovi vangeli è OAHSPE, un volume di 900 pagine, che narra l’origine dell’uomo su Pan, continente del Pacifico ormai sommerso, e lo sviluppo della religione attraverso undici profeti che vanno da Zarathustra a Gesù, e che sfocia in una profezia di un nuovo popolo, che trasformerà la terra in un paradiso di gioia e di bellezza. Questo libro fu scritto tramite scrittura automatica su una macchina da scrivere da John Ballou Newbrough (1828-1891) nell’arco di cinquanta settimane, e diffuso poi nel 1882 a New York. In una sua lettera al giornale spiritista “Banner of Light”, Newbrough spiegò: “stavo cercando piangendo la luce del Cielo. Non desideravo affatto comunicazioni da amici o parenti o informazioni sulle cose del mondo; volevo conoscere qualcosa sul mondo spirituale: che cosa hanno fatto gli angeli, come si muovono, e il piano generale dell’universo”.

La magia nell’Ottocento – Magia, maghi e letterati –

Un posto a parte, in questa brevissima disanima del magismo ottocentesco, merita la lunga tradizione di letterati che ebbero a che fare con la magia, o perché la testimoniarono o perché la diffusero attraverso i loro romanzi. Molte sono le sfumature di tale argomento: si va dai maghi iniziatici e cerimoniali che sono anche poeti, come Aleister Crowley, ai letterati che si occupano anche di magia, come Honoré de Balzac, passando per alcuni nomi importanti che sono in contemporanea dirigenti di movimenti magici: tra questi Péladan e Yeats, e ancora E. G. Bulwer Lytton, Paul Adam, Joris-Karl Huysmans, Gérard de Nerval, Mathias Villiers de l’Isle-Adam, tutti nomi che hanno iniziato una tradizione poi continuata per tutti il Novecento. Spiritismo, nuove religioni tramite nuovi vangeli e magia canalizzata da letterati costituiscono un intreccio che ha caratterizzato il XIX secolo, soprattutto a partire dalla sua parte centrale, e che meriterebbe uno spazio ben più ampio di quello disponibile in un singolo articolo. La magia nell’Ottocento

Il clero in epoca Regency – la chiesa anglicana nel primo 800

Il clero in epoca Regency – la chiesa anglicana nel primo 800

Il clero in epoca Regency – la chiesa anglicana nel primo 800 sci vengono raccontati con molti particolari da Jane Austen nei suoi romanzi, ma non solo: la sua stessa biografia ci offre molti spunti di informazione. Così, oltre a vari articoli e brani tratti da libri, saranno proprio gli autori contemporanei a raccontarci  la  storia del clero anglicano ottocentesco.

Il clero in epoca regency – Premessa

L’anglicanesimo è una delle varie forme di protestantesimo nate all’epoca dello scisma luterano, ma al contrario di quelle che hanno preso forma nel continente, si può dire che la religione inglese abbia preso una via più pacata, più vicina come forma al cattolicesimo (per questo più accettabile dai primi inglesi a dover fare i conti col cambiamento), meno impegnativa dal punto di vista “morale” del luteranesimo o del calvinismo. Non entro nei particolari della Storia della Chiesa anglicana, ma come è noto il passaggio è stato vantaggioso per il  sovrano Enrico VIII che ha potuto espropriare i beni della Chiesa cattolica (vedere Dowton Abbey, Northangher Abbbey…) mettendo a  disposizione edifici e terreni per i suoi scopi. Divenendo a sua volta capo  della Chiesa, poneva di  fatto un taglio netto con il potere temporale del Papa in un tempo in cui una scomunica era causa di guerre e autorizzava altri regnanti alla conquista di territori. Le alterne vicende del ritorno del cattolicesimo (con la figlia Maria d’Aragona, figlia di primo letto), e con  i conflitti fra Elisabetta I e Mary Stuart (regina di Scozia, convertita al  cattolicesimo per il breve matrimonio con il  Re di Francia), porteranno gli inglesi a fare una scelta definitiva verso l’anglicanesimo: ben presto i cattolici diventeranno comunemente “i papisti”, ed entro il regno di Giacomo I, nei primi anni del 600, saranno gli anglicani a cercare di assicurarsi privilegi da parte del re, sentendosi “veri inglesi”.

Anglicanesimo, una chiesa strutturata

Al contrario delle altre chiese protestanti, proprio per permettere al re di mantenere un controllo, per quanto blando e non certo legato alla religiosità del popolo, sul clero, l’anglicanesimo ha mantenuto una struttura che potremmo definire piramidale, molto simile a quella cattolica. La figura più importante, sia dal punto di vista morale  che politico, è l’Arcivescovo di Canterbury, la chiesa che ha il primato dell’anglicanesimo,  ma  è l’Arcivescovo di  Westminster a Londra colui (oggi, anche colei) che ha l’onere e l’onore di incoronare i re.

Per chi segue il gossip inglese, sa che i membri più importanti della famiglia reale hanno uno strano, quasi inquietante destino: battesimo, matrimonio, incoronazione, funerale: Westminster li accoglie, abbracciandoli nella sua navata, nei momenti più importanti della vita.

La Chiesa Anglicana, non è solo cattedrali, ma  in queste vediamo muoversi molte figure, importanti e meno:

  • Arcivescovi
  • vescovi
  • decani
  • Arcidiaconi
  • Diaconi
  • Sacerdoti che a loro volta potranno poi andare nelle parrocchie come rettori o come vicari.
  • Curati

ma di questo parleremo dopo…

clero in epoca regency

Jane Austen e la chiesa anglicana

Jane Austen nei suoi romanzi inserisce spesso personaggi appartenenti al clero o candidati a diventarne parte. E sembra conoscere molto bene sia quali sono le incombenze di un sacerdote sia delle persone che fanno parte della sua famiglia. Pensate a Mrs Norris… No, meglio di no o vi viene acidità di stomaco.

Da dove vengono le sue conoscenze? In primis, dal fatto di essere figlia di un pastore anglicano,  George Austen, rettore della parrocchia di Steventon e padre di otto figli. La famiglia non navigava proprio nell’oro (e anche di questo parleremo fra poco) ma era amata e ben vista da tutto il circondario.

Il padre, per arrotondare, aprì anche una scuola per ragazzi, segno che portare avanti la numerosa famiglia non era facile, anche se i figli maschi, appena raggiunta l’età, si incanalarono tutti in buone professioni e buoni matrimoni. La famiglia,  trasferitasi a Bath nel 1800, ebbe però la sfortuna di perdere il padre solo cinque anni dopo, vivendo un momento di vere ristrettezze economiche. Anche uno dei fratelli di Jane divenne pastore, ma dopo una vita da banchiere.

Le parrocchie permettevano regimi di vita molto diversi, a seconda del pregio del luogo in cui erano situate. Di solito facevano parte di una tenuta e venivano “stipendiati” da un patrono o da una patronessa, che si occupava di dare loro una dimora adeguata, e magari di integrare il guadagno della parrocchia. I pastori percepivano infatti dai parrocchiani le decime dunque più ricca era la parrocchia più elevato era il guadagno del parroco.

A lui spettava anche,  però distribuire ai meno abbienti il necessario per  vivere, sia in denaro che in forma di altri beni.

Se un parroco rettore di una parrocchia guadagnava abbastanza da permetterselo, poteva stipendiare un vicario, ossia un sostituto.  al rettore sarebbero spettate le decime, al vicario uno stipendio.  Se tale stipendio fosse stato sufficiente, avrebbe a sua volta assunto un curato, un giovane ordinato da poco come aiuto in parrocchia. Quest’ultimo non avrebbe vissuto in parrocchia, ma nei pressi, e non avrebbe avuto fondi a sufficienza per sposarsi. Insomma, avrebbe dovuto aspettare il suo turno, come vedremo quando parleremo della Chiesa  nei romanzi di Jane Austen.

Una considerazione

Come sono i pastori nelle opere di Jane Austen?

Di solito, non ne escono molto bene.

 

…continua

https://www.churchofengland.org/prayer-and-worship/worship-texts-and-resources/book-common-prayer

 

True Crime 1800 – Dottor Cream l’avvelenatore

Neill Cream

True crime, i crimini realmente accaduti, oggi vanno di gran moda:  la storia del Dottor Cream è una delle più misteriose e ha lasciato una traccia attraverso ben due continenti; le sue vittime accertate sono 9, ma si suppone che siano molte di più, e in punto di morte alcuni testimoni lo hanno sentito pronunciare alcune parole che lo collegherebbero  anche a un altro celebre caso d’omicidio.

dottor cream serial killer vittoriano

Chi era il dottor Cream

Thomas Neill Cream nacque nel 1850 a Glasgow, in Scozia ma la sua famiglia si trasferì nel 1854 in Quebec, in Canada. Fu uno studente eccellente a scuola e, successivamente, al college. Frequentò la McGill e si laureò a Montreal nel 1876  con una tesi sul cloroformio. Si trattava, in quegli  anni, di un argomento molto in voga fra i medici, in quanto l’anestesia era da poco utilizzata in sala operatoria, e se ne stavano ancora valutando effetti e risultati.

SI può pensare che Cream volesse diventare un medico per vocazione, ma la realtà che si delineò nel tempo era molto diversa. Poco tempo dopo, infatti, mise incinta una ragazza, le praticò un aborto, e quando i familiari di lei compresero la situazione lo costrinsero a sposarla. dovettero condurlo all’altare sotto minaccia di una pistola.

La luna di miele era appena finita quando Cream partì di notte per l’Inghilterra, lasciando un biglietto per sua moglie. stranamente, rimase lontano abbastanza a lungo affinché gli giungesse la notizia della morte della moglie per tubercolosi: in seguito fu accusato della sua morte.

Vedovo, si trasferì a Edimburgo per esercitare la professione medica, ma quando una donna con la quale avrebbe avuto una relazione fu trovata morta, incinta e avvelenata dal cloroformio in un vicolo, nell’agosto del 1879, Cream fuggì negli Stati Uniti.

Neill Cream serial killer

Thomas Neill Cream e gli aborti a Chicago

il dottor Cream fuggì a Chicago, dove aprì in tutta tranquillità uno studio medico nei pressi della zona a luci rosse, dove offriva i suoi servizi alle prostitute: lì gli aborti illegali erano  il suo pane quotidiano.

Nel 1880 e nel 1881 tre sue pazienti morirono in conseguenza dei suoi interventi:  Mary Anne Faulkner, Miss Stack, Alice Montgomery: quest’ultima morì per avvelenamento da stricnina in una pensione dopo un intervento di Thomas Cream.

La modalità  degli omicidi di Cream era sempre la stessa, ma non c’erano mai prove sufficienti, in quel periodo, per poter imputare al medico gli omicidi.

Neill Cream

Il primo arresto

Il 14 luglio 1881, un paziente di Thomas Cream, Daniel Stott morì per avvelenamento da stricnina nella Contea di Boone, in Illinois, dopo che Cream gli aveva fornito un presunto rimedio per l’epilessia. La morte fu attribuita a cause naturali, ma lo stesso Cream scrisse una lettera al coroner chiedendo di fare un’autopsia, nella “convinzione” che il farmaco richiesto da lui fosse stato alterato e attaccando il farmacista per la morte. Il medico legale fece le prove richieste, trovando una dose di stricnina sufficiente a uccidere sei uomini. ma ad essere arrestato, finalmente, fu Cream, insieme alla signora Julia A. (Abbey) Stott, che era diventata l’amante di Cream: gli investigatori avevano le prove che il medico le aveva procurato il veleno per uccidere il marito. La donna, messa alle strette,  aveva testimoniato per evitare la reclusione, incolpando Cream, lasciandolo da solo ad affrontare le accuse di omicidio. Fu condannato all’ergastolo alla Joliet Prison. Una notte degli sconosciuti eressero una lapide sulla tomba di Scott che recitava:

«Daniel Stott morto il 12 giugno 1881 a 61 anni, avvelenato da sua moglie e dal Dr. Cream.»

Se pensate che la storia del dottor Stricnina finisca qui, vi sbagliate, perché c’è  ancora un po’ di fortuna dalla sua parte.

Neill Cream

Il Dottor Cream torna a Londra

Incredibilmente, nemmeno questa volta le sbarre riescono a trattenere il nostro buon dottore. Nel 1887, alla morte del padre, i fratelli Cream ereditano un’ingente fortuna e fra appelli e  qualche mazzetta, il fratello di Thomas riesce a far commutare la pena.

Cream fu scarcerato nel luglio 1891. Per la sfortuna dei londinesi, Cream sentì, ragionevolmente, la necessità di togliersi dai piedi dalle Americhe, e di andare in Inghilterra.

Probabilmente per scontare i propri peccati, si mise al servizio dei più umili e dei reietti.

Più probabilmente, trovò negli slums, dove prese alloggio provvisorio al 103 di Lambeth Palace Road, un ottimo bacino dove trovare vittime bisognose dell’aiuto  di un medico assassino pronto a praticare aborti e di decidere sulla  tavola operatoria se far vivere o morire quel corpo inerte.

Non resistette molto tempo prima di rimettersi al lavoro, giusto il tempo di trovare casa: il primo ottobre la sua nave era attraccata a Liverpool, il 13 ottobre invitò una prostituta diciannovenne, Ellen “Nellie” Donworth a bere un drink con lui. Il giorno dopo stava molto male e morì il 16 ottobre per avvelenamento da stricnina. Durante le indagini Cream scrisse al coroner offrendo il nome dell’assassino in cambio di 300.000 sterline. Scrisse inoltre a W. F. D. Smith, proprietario della libreria W H Smith, accusandolo dell’omicidio e chiedendo soldi per il suo silenzio.

Certo non gli mancava la faccia tosta, né la capacità di osare. Ormai doveva essere in preda a una sorta di delirio di onnipotenza: solo una settimana dopo, il 20 ottobre, si dedicò alla vittima successiva, una prostituta di 27 anni di nome Matilda Clover. la poveretta si ammalò e morì la mattina dopo; la sua morte fu inizialmente attribuita all’alcolismo.

Neill Cream

La Stricnina

Ma perché la stricnina?

La stricnina  era uno dei veleni conosciuti come tali anche nell’800, prodotti nelle farmacie e venduti come veleno per topi. si estraeva da una pianta, conosciuta come nux vomica, oggi presente nella medicina omeopatica. Si tratta di un veleno che aggredisce il sistema nervoso e provoca una morte dolorosa ma rapida, probabilmente scelta da Cream perché “inesorabile”,  non lasciava scampo alle vittime.

Il 2 aprile 1892, dopo una vacanza in Canada (stancante la vita del serial killer), Cream ritornò a Londra dove tentò di avvelenare Lou Harvey, la quale, però, si insospettì per l’insistenza del medico per farle inghiottire le pillole che le aveva dato. Appena si trovò da sola, le gettò nel Tamigi. Se solo avesse pensato di portarle a un farmacista per farle analizzare, avrebbe salvato altre vite…

L’11 aprile, Cream incontrò due prostitute, Alice Marsh, 21 anni, e Emma Shrivell, 18, e si fece portare nel loro appartamento dove offrì loro delle bottiglie di Guinness, che riuscì ad alterare con le sue mortifere pillole. prima che la serata con le ragazze cominciasse, se ne andò, lasciando loro le bottiglie. le due giovani morirono, dopo una lunga agonia.

medicina 1800
calomelano

Thomas Cream comincia a commettere errori

Bene o male, tutti i serial killer prima o  poi commettono errori: non sempre la  polizia è pronta a cogliere l’indizio o ne ha i mezzi.

Gli errori compiuti da Cream sono legati al suo delirio di onnipotenza e alla sua avidità: in particolare, a tutte le lettere che manda accusando altre persone dei delitti, o insistendo coi medici legali riguardo la riesumazione dei corpi, facendo sì che alcuni particolari scritti in queste lettere facessero arrivare a lui. Il classico “parlare troppo” che diventa un’autoaccusa in pieno stile giallo.

Il suo giochetto di accusare altri degli omicidi gli fece puntare il dito troppo in alto.  In particolare, una delle sue lettere di accusa fu rivolta a un medico, che poi divenne pure sir: Mr. William Broadbent. La lettera accusava Broadbent di aver avvelenato Matilda Clover, che tuttavia era ritenuta da tutti deceduta a causa dell’alcolismo. Broadbent inviò la lettera a Scotland Yard.

Per Cream il gioco era finito, perché ormai era possibile mettere insieme tutti i pezzi, la lunga scia di lettere, di morti per avvelenamento che seguivano il suo passaggio. Ma ancora Il medico assassino rimase libero, nella speranza che potesse fornire di persona una prova definitiva: con la sua sicumera, avrebbe magari anche confessato.

malinconia in epoca vittoriana

‘L’avvelenatore di Lambeth’

Quello che finora era stato soprannominato ‘l’avvelenatore di Lambeth’, ora aveva un volto, ma i delitti, avvenuti in Paesi diversi, costituivano ancora un ostacolo all’arresto  e all’attribuzione dei reati.

Non molto tempo dopo la faccenda delle lettere, Cream incontrò un poliziotto di New York che stava visitando Londra. Ancora una volta Cream si lasciò trasportare e diede una descrizione di tempi, vittime e luoghi meglio di una guida turistica creepy, tanto che il poliziotto ritenne di dover riferire ai colleghi inglesi.

La polizia di Scotland Yard mise il dottor Cream sotto sorveglianza, scoprendo subito la sua abitudine di frequentare prostitute. Contattarono la polizia negli Stati Uniti e appresero di una condanna del sospettato per omicidio con avvelenamento nel 1881.

La seconda condanna del dottor Cream

Il 13 luglio 1892, Cream finalmente fu accusato dell’omicidio di Matilda Clover. Dall’inizio insistette che lui era solo il Dottor Thomas Neill, non Thomas Neill Cream, e i giornali nel raccontare la vicenda si riferirono a lui come Dr. Neill la maggior parte delle volte. Il processo durò dal 17 al 21 ottobre 1892. Fu arrestato e condannato a morte.

Meno di un mese dopo la sua condanna, il 15 novembre, Cream fu impiccato alla prigione di Newgate da James Billington. Come era abitudine per tutti i condannati a morte, il suo corpo fu seppellito lo stesso giorno in una tomba senza nome all’interno delle mura della prigione.

Il mistero di Jack

Se non fosse abbastanza quello che sappiamo del nostro medico avvelenatore, un ulteriore mistero circonda la sua morte, avvenuta fra le mura di New Gate. Alcuni dei presenti hanno raccontato che, nel momento in cui la pedana si è aperta sotto i suoi piedi, Thomas Cream abbia iniziato una frase, una rivelazione che avrebbe potuto risolvere un’altra serie di omicidi tutt’ora senza soluzione.

“I’m Jack…”

Possibile che oltre ai delitti commessi con la stricnina Cream abbia sperimentato, nei quartieri limitrofi, altre emozioni agendo di persona sui corpi femminili, con le mutilazioni passate alla storia come i delitti di Jack lo squartatore? Possibile che Cream si sdoppiasse in due diversi modi operandi, uno pulito, a distanza, quasi asettico, l’altro viscerale e coinvolgente?

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Immagini da Pinterest

 

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