Il bucato in epoca Regency e vittoriana
Il bucato in epoca Regency e vittoriana si evolve come tutte quelle faticose attività che nella seconda età dell’800 trovano supporto nella tecnologia. Fino all’arrivo di prodotti industriali per il lavaggio, ma soprattutto delle prime lavatrici, lavare i panni era un dannato affare di famiglia. Vediamo insieme che cosa accade.
Arriva la primavera, facciamo il bucato!
In epoca Regency e prima, si tendeva ad accumulare la biancheria sporca per diverse settimane, soprattutto nelle stagioni fredde, quando lavare richiedeva ulteriore fatica per i tempi d’asciugatura: non era facile stendere all’aperto nelle città quando già le fabbriche producevano fumi neri in ogni stagione, ma d’inverno, a quelli si aggiungevano pure quelli dei camini e le basse temperature: immaginate un lenzuolo, rigido come uno stoccafisso, nero come la pece. Ecco il risultato di un giorno di lavaggio e uno di asciugatura. Meglio aspettare, se possibile.
Ecco quindi arrivato il momento, atteso con tremore, dalla servitù e dalla famiglia, tutta coinvolta nel lavoro. Ah, scusate, ovviamente parliamo di donne e bambine. Gli uomini devono lavorare, non lavorare. Da sacchi accumulati nelle stanze dei manieri, delle case più ricche, ecco uscire la biancheria più robusta, quel bel cotone bianco e solida gioia dei corredi che avrete certo visto o, con un po’ di fortuna, ricevuto anche voi.
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Il primo passo era controllare se fosse necessario qualche lavoro di cucito per riparare i capi. I trattamenti successivi, piuttosto vigorosi, avrebbero prodotto il famoso “strrap” di una famosa pubblicità, per cui, invece di marca cambiare di detersivo, prima si rammendava, poi si lavava.
Queste stoffe di cotone, spesso le stesse con cui venivano cucite anche sottovesti e altra biancheria, venivano bollite in appositi pentoloni, dopo un ammollo di una notte con sapone di lisciva o con altro sapone tipo Marsiglia, con cenere o con urina. La cenere era uno degli sbiancanti più usati, anche perchè meno “odorosi”, ma l’urina aveva il vantaggio di non rovinare il colore dei capi colorati.
I prodotti per il bucato in epoca Regency e vittoriana.
In periodo Regency non esistevano ancora prodotti industriali, ma il principio con cui ottenere la saponificazione era già noto, ei candelai, che producevano il sego, facevano anche il sapone. Il repertorio più antico relativo all’uso di sapone è stato ritrovato in Mesopotamia (attuale Iraq) e risale circa al 2800 aC e consiste in alcune anfore di terracotta contenenti una sostanza simile al sapone… che poi nel 1700 si usasse poco per lavarsi è un’altra domanda.
Il problema dell’uso di sapone riguardava il costo: Carlo I, nel 1634, diede il monopolio ai saponieri di Londra, imponendo tasse molto alte a tutti gli altri che producevano sapone in Inghilterra. Il costo ricadde sugli acquirenti-lavanti, che continuarono a lavare se stessi con acqua ei panni con ciò che la natura offriva.
Poiché di cenere i camini ne fornivano in quantità, di urina… loro stessi ne potevano conservare altrettanta, sulla soda caustica di tasse strane non ce n’erano, le donne si tappavano il naso, sopportavano il bruciore e il dolore a mani e braccia e lavavano. L’urea, d’altronde, se per caso state storcendo il naso, la trovate in moltissime creme di bellezza. Non è da molto che i laboratori la producevano sintetica, fino a qualche decennio fa ottenevano dalla purificazione di urina, così come urina veniva usato dai tintori come fissativo per i colori naturali sulle stoffe. In alcune zone gli artigiani la usano ancora (per consolarvi, posso dirvi che la pipì di una persona sana, appena prodotta, dovrebbe essere totalmente sterile).
Il bucato è cotto!
Dopo che il bucato ha subito il trattamento di bollitura, viene raffreddato con una bella quantità di secchiate d’acqua. Qui, essendo ancora un po’ lontani dal tempo felice di tubature, vasche con acqua corrente, lavanderie attrezzate, ci dobbiamo accontentare di una servitù paziente e votata al sacrificio, che con i secchi faccia avanti e indietro dal pozzo, oppure dal torrente. Se il torrente c’è, la fase successiva si svolgerà là.
Non sempre si faceva bollire tutto: se il bucato era più frequente, si usava acqua molto calda. Cin epoca Regency si andava comunque a secchiate: questo rendeva preziosa l’acqua calda e saponata; veniva utilizzata prima per lavare gli indumenti meno sporchi, poi per lavare i panni progressivamente più sporchi.
I panni raffreddati vengono strizzati per bene, per togliere ogni residuo di sostanza corrosiva e poi battuti con vigore sulle famose assi da bucato, con l’obiettivo ri ripulire per bene le macchie insieme al detersivo. Questo si poteva fare meglio con l’acqua corrente del torrente, mentre in mancanza di quella, era necessario cambiare più volte l’acqua dei mastelli, perché il risciacquo doveva (e deve ancora) avvenire in acqua pulita. batti e sbatti, strizza e sbatti, i capi più grandi alla fine erano privati il più possibile dell’acqua residua e stesi all’aperto.
Se tutto andava bene, e non pioveva, non arrivava il fumo della fabbrica di cotone, di sapone, del macello… in breve si poteva ritirare i vestiti, ripiegarli e prepararli per la stiratura.
Anche camicie, camiciole e altro seguiva la stessa via.
I panni delicati nel bucato Regency e vittoriano
I tessuti delicati seguivano altre vie, e spesso venivano lavati a parte. Gli abiti Regency talvolta erano cosi sottili che risultava impossibile lavarli in acqua. Su alcuni abiti da sera sono ancora visibili macchie e riparazioni. A occuparsi della manutenzione delle macchie e dei rattoppi pensavano di solito le cameriere personali.
Esistevano manuali per aiutare in questo complicato lavoro, che rischiava di rovinare per sempre una seta, una mussola, un velluto… gli alleati contro le macchie erano aceto, gin, ammoniaca, soluzioni di acqua e limone, e quando proprio non c’ era niente da fare, si poteva sempre ricamare nuovi decori.
Il bucato vittoriano.
In epoca vittoriano ci si può rilassare, ma non troppo. Nascono le prime lavanderie industriali, dove a fare tutto il lavoro sono le macchin… sono le donne sottopagate, senza nessuna protezione in caso di infortunio, prive di sindacati che si occupano dei loro interessi e da cui venivano licenziate anche solo se si considerava impropria la loro morale. Dicevamo, appunto, che l’avvento dell’industria e della macchina a vapore migliora notevolmente la condizione di vita delle persone.
In molti casi abbienti il bucato “grosso” viene demandato alle lavanderie, o se viene fatto fra le mura domestiche, ci si avvale di prodotti industriali più efficaci sulle macchie ma meno aggressivi sulla pelle, che non richiedono sforzi pari a quelli dei decenni precedenti.
Le prime lavatrici
Il primo brevetto inglese nella categoria delle lavatrici fu rilasciato nel 1691. Un disegno di una delle prime lavatrici apparso nel numero di gennaio 1752 di The Gentleman’s Magazine, ma probabilmente, essendo una rivista per gentiluomini, pensarono che fosse un oggettino di scarsa utilità, avendo già in casa un analogo facente funzione (scherzo!).
Il progetto della lavatrice di Jacob Christian Schäffer fu pubblicato nel 1767 in Germania. Nel 1782, Henry Sidgier rilasciò un brevetto britannico per una rondella a tamburo rotante, e nel 1790, Edward Beetham vendette numerosi “lavatoi brevettati” in Inghilterra. Una delle prime innovazioni nella tecnologia delle lavatrici è stata l’uso di contenitori o bacini chiusi con scanalature, dita o pale per aiutare a strofinare e sfregare i vestiti. Si trattava poco più che di botti con pareti ruvide, chi lavava i panni doveva usare un bastoncino per premere e ruotare i vestiti lungo i lati ruvidi della bacinella o del contenitore, agitando i vestiti per rimuovere sporco e fango. Questa rozza tecnologia dell’agitatore era alimentata a mano, ma risultava più efficace e meno faticosa del lavaggio a mano dei vestiti.
E finalmente il bucato vittoriano col tamburo rotante
La vera innovazione arrivò con il tamburo rotante, anche se ancora azionato a mano.
Quando i tamburi di metallo hanno iniziato a sostituire i tradizionali tamburi di legno, questi potevano girare sopra un fuoco aperto o una camera di fuoco chiusa, aumentando la temperatura dell’acqua per lavaggi più efficaci.
Finalmente la forza del vapore poteva essere utilizzata nei progetti di lavatrici.
Nel 1862, una “lavatrice rotativa composta con rulli per strizzare” brevettata da Richard Lansdale di Pendleton, Manchester, fu mostrata alla London Exhibition.
Stiratura – il bucato in epoca regency e vittoriana
Stirare. Prima che ci fosse Netflix, o almeno la tv. Quando i panni che devo stirare in una settimana erano quelli di un mese.
Quando il ferro si chiamava ferro e c’era un perché, ed era portatile, Wireless, e quando finivi di usarlo poteva anche fare da fermaporte.
bei tempi, eh.
Il ferro era un oggetto di ghisa, con la forma di una supposta schiacciata contro al pavimento, il cui riscaldamento si faceva sulla stufa o su un apposita base da tenere accanto al focolare. Se era troppo caldo, ti bruciava i tessuti se era freddino, lo dovevi premere più forte, fino a doverlo rimettere a scaldare.
Il secondo modello, quello pensato dal genio della lampada, aveva un cuore caliente, si apriva e la brace la mettevi dentro, così eri sicura di bruciare almeno i primi cinque vestiti che stiravi. La genia della lampada, allora, inventò i panni di sicurezza, ossia delle stoffe vecchie da interporre fra il ferro e lo stirando. così, il ferro bruciava quelle e stirava quello sotto.
Il bucato in epoca regency e vittoriana. Continua con… Come si tenevano freschi in epoca Regency