Il dandy – icona e maledizione di uno stile che ha attraversato la Storia

Il dandy – icona e maledizione di uno stile che ha attraversato la Storia

Il dandy è nato in epoca Regency, e dall’inizio del 1800 a oggi non è affatto cambiato nella sostanza, ma solo nella forma, adeguandosi alle mode, anzi creandole, plasmandole su di sé come una mano rende vivo un guanto.

Ma chi, o cosa è un dandy?

Il dandismo è un fenomeno culturale che, appunto, prende origine in epoca regency, grazie a una figura di spicco dell’alta società inglese: Lord Brummell, che proprio grazie al suo maniacale interesse per abbigliamento, accessori, stile e per la personalizzazione ossessiva degli stessi ottenne l’appellativo di Beau, che in francese significa “bello”. Questa parola, in senso ironico, prese il significato di “uomo curato, bel ragazzo, bocconcino appetibile” per le ragazze.

Il dandy -  icona e maledizione di uno stile che ha attraversato la Storia

Jane Austen ci da un assaggio dell’uso di questo termine in Ragione e Sentimento, nelle parole della vanesia e sciocca Miss Steele, sorella maggiore della furba Lucy.

Sono certa che ci siano moltissimi beaux eleganti a Exeter; ma sai, come farei a dire quanti beaux eleganti possano esserci a Norland; e temevo solo che le signorine Dashwood potessero annoiarsi a Barton, se non ne avessero quanti erano abituate ad averne. Ma forse voi giovani non vi curate dei beaux, e state bene con o senza di loro. Da parte mia, credo che siano estremamente piacevoli, se vestiti con eleganza e con modi educati. Ma non posso sopportare quelli trasandati e scortesi. A Exeter c’è un certo Mr. Rose, un giovanotto enormemente elegante, proprio un beau, un impiegato di Mr. Simpson, sapete, eppure se vi capitasse di incontrarlo di mattina, non lo degnereste di un’occhiata. Immagino, Miss Dashwood, che vostro fratello fosse proprio un beau, prima di sposarsi, visto che era così ricco. (Volume primo, capitolo 21,  trad. Giuseppe Ierolli)

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Beau Brummell e il vero dandy

Beau Brummell non fu solo un’icona di stile, per gli inglesi, ma un politico che seppe sfruttare il proprio aspetto per ottenere visibilità e potere.

Il suo potere era tale da influenzare non solo la corte e l’alta società, ma il reggente stesso, che a sua imitazione  impostò a sua volta tutto il guardaroba e il modo di vivere. Fu proprio la sua vicinanza al reggente a determinare la sua fortuna e anche la sua sventura, in quanto, dal 1816 fu costretto a lasciare per sempre l’Inghilterra, perdendo tutti i suoi beni e vivendo in esilio. Purtroppo, fra le abitudini del vero dandy, c’era anche quella del dispregio del denaro, che veniva utilizzato per futilità e come se fosse inesauribile.

Brummell si rovinò, come tanti altri uomini in quel periodo, a causa del gioco d’azzardo e delle corse. Il colpo di grazia arrivò a causa di un suo commento inappropriato proprio nei confronti di Prinny, il quale non prese affatto con filosofia l’ironia superficiale tipica del Dandy… se rivolta verso la sua persona.

Brummell continuò a essere arbitro della moda anche in esilio, ma il suo stile di vita risultò, ancora una volta, non vincente, perché le eccessive frequentazioni di Venere lo portarono a morire di sifilide, ormai in povertà, presso un istituto di carità.

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Il dandy che fa?

Ma il dandy che fa? la vera rottura che il dandy provoca col suo stile è un passaggio d’epoca: dopo il Settecento, con le sue mode rigide e impiccate, il dandy sceglie di indossare abiti del tutto diversi, in primis dedicando attenzione ad abbinamenti, stoffe e impeccabilità dell’abbigliamento.

Brummell lancia la moda della camicia col colletto alto, sorretto da una cravatta molto inamidata e annodata in modo complesso, finto trasandato. Il dandy,  sostiene Thomas Carlyle nella sua opera Sartor Resartus (1833-1834) è “un uomo il cui settore, ufficio e esistenza consiste nell’indossare Abiti”.

Il modo di vestirsi diventa il mezzo per creare un personaggio: ognuno poi trova il modo di personalizzare con qualche eccentricità il proprio stile. In questo periodo tutti gli accessori maschili diventano parte di un gioco, il cui premio è la perfezione. Orologi da taschino, anelli, tabacchiere, ma anche i singoli bottoni dei panciotti diventano particolari importanti per chi vuole seguire il dandismo.

Non solo abiti, ma tutto un’esistenza viene spesa per creare l’immagine: il tipo di carrozza, ad esempio, o i circoli frequentati. Nasce un gergo, nasce un nuovo modo di porsi anche alle signore.

Il dandy arriva a indossare il corsetto, forse fin più stretto delle signore dello stesso periodo, per ben figurare nelle attillate giacche che vanno di moda. D’altra parte, l’uomo ha messo da parte le parrucche e il disagio da esse provocato, un o’ di fatica per essere belli bisogna pur farla!

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Il dandy e le donne

Già, perché come comprendiamo dalla letteratura dell’epoca e dai romanzi ambientati in epoca Regency (uno per tutti, il dandy della reggenza di Georgette Heyer) il vero dandy non è propenso a legami stabili e a valutare una donna per i suoi meriti, quanto è alla ricerca del puro edonismo, quindi di compagnie femminili facili o comunque senza impegno.

Il dandy è, in epoca Regency, lo scapolo difficile da accalappiare, ma è anche un partito che le madri non valutano troppo positivo per le figlie, in quanto la predisposizione all’azzardo rende il suo patrimonio assai precario.

Nonostante tutto, però il dandy affascina le donne: è una sorta di sfida conquistarlo, perché si sa che i suoi gusti sono difficili, soprattutto quando si tratta di rendere stabile una relazione.

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Baudelaire

La cultura dandy

Essere dandy, per quanto la letteratura e la stampa contemporanea fossero assai scettiche sulla valenza antropologica dello stile, era qualcosa di più di un solo modo di porsi al pubblico: era una vera e propria cultura, che solo pochi anni dopo confluirà nell’estetismo.

L’apparente superficialità del dandy è la risposta alla perdita di certezze morali dovute all’illuminismo e al nuovo approccio verso la realtà, ma anche la reazione a un mondo fatto di regole (l’alta società inglese era una delle più “codificate” nel modo di vivere) e di falso perbenismo. Il dandy è figlio del libertinismo settecentesco, è perennemente in contrasto con se stesso, in bilico in una rigidissima autodisciplina volta a… ad abbattere le regole.

Il contrasto è la chiave per comprendere la seconda fase del dandismo, quella vittoriana,  di cui Oscar Wilde diventa il massimo esponente.

Il dandy vittoriano

Sempre ossessionato dallo stile, il dandy in epoca vittoriana si evolve verso una maggiore autocoscienza, diventando non più reattivo ma propositivo.

Nel 1863 Baudelaire scrive:

«Il dandismo appare in periodi di transizione in cui la democrazia non è ancora del tutto potente e l’aristocrazia ha appena iniziato a vacillare e cadere. Nei disordini di momenti come questi alcuni uomini socialmente, politicamente e finanziariamente a disagio, ma assolutamente ricchi di un’energia innata, possono concepire l’idea di stabilire un nuovo tipo di aristocrazia, ancora più difficile da abbattere perché basata sulle più preziose e durevoli facoltà e su doni divini che il lavoro e il denaro sono incapaci di donare.»
(Il pittore della vita moderna)

Il dandy vittoriano propone se stesso come punto di cambiamento, diventa in sè una sorta di denuncia sociale.

In questo periodo il dandismo si diffonde anche in Francia e in Italia, dove trova terreno fertile in una società letteraria e culturale che si sta lasciando alle spalle il passato, ma non trova certezze e stimoli nel presente e nel futuro.

Dall’estetismo al decantismo, al simbolismo, ai poeti maledetti e ai nostri scapigliati, lo stile dei dandy serpeggia e sussurra fomentando il mal di vivere.

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Épater la bourgeoisie diventa il nuovo motto, coniato sempre da Baudelaire, e diventa l’obiettivo dell’artista e del dandy: scandalizzare la borghesia, scuotere gli animi e le coscienze dei ben pensanti. Dalla scelta di una cravatta a una scelta di vita il passo è stato progressivo, ma continuo: dall’azzardo adrenalinico dell’epoca regency all’hashish dei poeti maledetti, si arriva per colmare un vuoto interiore che non trova risposte.

http://www.letteraturaitalia.it/4-autori-e-opere-ottocento/decadentismo-simbolismo-estetismo/

 

 

 

 

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