Bedlam – Storia del Bethlem Royal Hospital
Bedlam o meglio il Bethlem Royal Hospital, è il più famoso manicomio d’Inghilterra. Deve la sua fama a parecchi primati: è stato il primoistituto di questo genere costruito in Europa, e dunque il più antico, anche se la sua struttura non fu dedicata alla cura delle malattie psichiatriche fin dalla costruzione.
Bedlam – dalla costruzione
La città di Londra ha avuto, nel corso dei secoli, molti mutamenti nella struttura: attorno al serpeggiante Tamigi strade, edifici, persino altri fiumi sono apparsi e scomparsi alla vista, palazzi costruiti e demoliti, parchi, campi, aree paludose, cimiteri e conventi hanno cambiato destinazione.
I cambiamenti del tessuto cittadino rispondevano alle costanti modifiche della vita all’interno della città stessa, delle esigenze che mutavano col tempo, ma anche dei diversi popoli che si sono avvicendati nel dominio dell’Isola e del centro abitato.
Come tutte le città in posizioni di passaggio, destinate a crescere, Londra fu scelta dai Romani come insediamento principale quando si apprestarono a conquistare l’Inghilterra, e da lì in poi la storia delle sue vie di terra e fluviali, delle sue case, si intrecciò con quella della sua poolazione, della salute e delle malattie, delle carestie e degli anni di abbondanza, delle epidemie e, per quanto non ci pensiamo spesso, anche con quella della pazzia.
Già i romani, in effetti, avevano a che fare con le malattie mentali quanto coon quelle fisiche, e a quanto pare l’approccio per loro non era molto diverso: il Tamigi, nel tempo, ha restituito diversi crani di epoca romana trapanati. A quanto risulta dalla calcificazione, i pazienti erano anche sopravvissuti, ma probabilmente la cura non era stata risolutiva e con buona probabilità aveva arrecato altri danni, però se non altro è interessante osservare come l’approccio alla pazzia fosse già in epoche remote affrontato con una certa attenzione alla cura.
In antichi documenti si trovano pozioni, tentativi erboristici o approcci magici legati a varie religioni pagane ancora sopravvissute in quelle zone, ma prima di trovare una struttura dedicata ai malati di mente, ai “lunatici” bisogna aspettare il 1200, quando negli ospedali aprono le porte anche ai malati di mente.
Bridget Cleary – pensavo fosse una fata: l’agghiacciante uxoricidio che sconvolse l’Irlanda.
A Londra è Simon FitzMary, un politico in rapida ascesa con una devozione particolare per la stella di Betlemme a fondare a Bishopgate un ospedale in cui anche i folli trovano rifugio: qui, su un terreno pressoché paludoso, in mano a un ordine religioso che egli stesso avrebbe voluto riformare in base alla propria devozione, egli fece accogliere e curare, almeno con panni, cibo e acqua, anche questi ultimi, tuttavia, caduto a sua volta in disgrazia politicamente, non poté portare a buon fine le riforme che aveva in proposito.
L’ospedale di Bethlem, tuttavia, era nato.
Bethlem, non una buona stella
Il luogo in cui si trovava l’ospedale non era fra i migliori: le bonifiche desiderate non arrivarono, ma a metà del 300, in quello che ormai era diventato un covo di disperati e diseredati, arrivarono i pazzi.
Negli anni precedenti, i matti erano stati stipati in una piccola struttura a Charing Cross, ma il luogo era troppo vicino al luogo in cui il sovrano, Riccardo II, teneva i falchi da caccia, i quali venivano disturbati dalle urla dei malati, che perciò vennero cacciati via. Bethlem, isolato, lontano dalla brava gente londinese,era assai più adasaranno i direttori di Bedlam a tto.
Laggiù, nell’ormai fatiscente edificio, divenne Bedlam, una parola che significaba “baccano”, probabilmente dalla stessa radice di bailame.
La fairy painting – arte dedicata alle fate. Le origini.
Bedlam nel 1600
Maggiori informazioni arrivano nel 1600, quando la pazzia diventa di moda e incuriosisce, attira e repelle nello stesso tempo il popolo inglese. Si parla di follia d’amore, ma non solo, il teatro, dopo il periodo tetro della riforma di Cromwell, risplende dei fasti di Elisabetta e della penna impareggiabile di Shakespeare, il quale con la pazzia duetta quanto con amor e morte e trae da essa meravigliose sfumature per i suoi personaggi più amati, quali Amleto e Ofelia, in cui la pazzia simulata genera il dramma della vera e più drammatica follia; la pazzia di re Lear, quella di Macbeth, ma che è costantemente presente nelle sue opere, spesso nei monologhi in cui si analizza la realtà.
Ma il teatro non è un ospedale, e bel lontani sono i pazzi veri da quelli che vengono simulati sulle scene, spesso più lucidi dei “sani”.

Il drammaturgo portava in scena al Globe vicende drammatiche di re folli – non molte generazioni dopo, saranno i direttori di Bedlam a curare in gran segreto la follia di re Giorgio, invano – e mentre i sofferenti restavano chiusi nei loro inferni personali, le città celebravano la pazzia come l’avvento di una imminente liberazione da qualcosa che ancora non comprendevano, ma che sentivano incalzare.
Forse l’illuminismo? Forse il desiderio di uscire dagli ormai troppo stretti dettami di una chiesa che non lasciava spazio alla corporeità?
I drammaturghi furono i primi a far visita a Bedlam come spettatori, per prendere ispirazione. Nel secolo successico, a partire dall’età della Reggenza in poi, quando Bedlam sarà trasferito, diventerà un vero e proprio luogo di divertimento, contanto di biglietto d’ingresso, come un museo.
Bedlam fra 1600 e 1700
Gli anni di transizione verso il 1700 portarono il manicomio e tutta la città di Londra ad affrontare un periodo poco felice. Epidemie si susseguirono fra le strade della città, ribaltamenti politici ebbero a mettere a dura prova quello che fu l’inizio della lunga era Georgiana.
Era l’inizio della prima rivoluzione industriale, quella che cambiava radicalmente il volto dell’agricoltura e che modificava in tempi rapidi la piramide sociale.
Questo periodo fu, al pari da quello di solito trattato da questo blog, un crogiolo di eventi rapidi e in stretta concatenazione, per cui non stupirà il lettore se parlando di rivoluzione industriale, economica, agricola, non ci venga spontaneo aggiungere anche medica e scientifica. Spontaneo, certo, ma non esponenziale come quello che troveremo in seguito alla seconda rivoluzione industriale.

Ancora saldamente ancorati alla visione filosofica della medicina, alla tradizione greca dei fluidi, per un vero salto verso la modernità ci sarà ancora da aspettare, e se qualche tentativo di curare le malattie mentali verrà fatto attraverso le erbe o strane pozioni, questo seguirà più le teorie della fuoriuscita dei fluidi cattivi dalla testa (piùo meno come l’idea dei romani della trapanazione), che di medicinali atti a sedare in caso d’agitazione o curare sintomi d’altro genere. le cure più diffuse e purtroppo più a lungo considerate valide resteranno quelle simili a torture, di cui parleremo prossimamente.
Bedlam e i suoi folli rimasero saldi al loro posto durante le varie epidemie e durante il grande incendio di Londra del settembre 1666, forse perché abbastanza isolati dal resto della città, ma in seguito si manifestò la necessità di dare al manicomio un luogo più sano e più ampio dove poter curare i suoi ospiti. E qui cominciò la seconda vita di Bedlam.
Il nuovo Bedlam
Nel 1676 aprì “New Bedlam” a Moorfields, con i pazienti trasferiti in un “palazzo meraviglioso” progettato dal geniale e poliedrico Robert Hooke.
Moorfiedls, come dice il nome stesso, eraun grandissimo campo che era stato espropriato a un ordine religioso, altra vasta zona paludosa (siamo in una zona alla foce di un fiume, sabbioso melmoso ancora senza asfalto, con un sacco di altri fiumetti che arrivano a sfociare nel suo grande letto: immaginiamoci un bel po’ di fanghiglia dappertutto) in cui, con eccellente buona volontà, il re ha ordinato bontà sua di ricavare dei bei giardini. Perché, vi chiederete. Una possibilità, sarebbe perché la spettacolare struttura dell’ospedale, un enorme mirabolante edificio neoclassico, doveva intonarsi al resto dell’ambiente e affacciarsi su un’area curata e neoclassica, spettacolare come doveva diventare tutta Londra, affinché un giorno Bridgerton venisse apprezzata almeno per le ambientazioni. Un’altra, escludendo Bridgerton, era più o meno la stessa idea di una ricostruzione post-incendio secondo gli stili di moda in quel periodo, non solo per gli edifici, ma anche nei giardini, considerando l’abbondanza degli stessi come un valore fondamentale per le città.
In più, si pensava che la bella vista facesse bene ai matti. Almeno, a quelli che non marcivano legati al letto immersi nelle loro feci per giorni e giorni.
Fino a questo punto, Bedlam continuava comunque a ospitare anche malati e senza tetto. La nuova struttura, più centrale, più elegante almeno in apparenza, favoriva le “visite” a pagamento, che non di rado portavano a finanziamenti della struttura.
Una svolta, e questa volta siamo giunti nel nostro tempo, arrivò con la pazzia di Giorgio III, mantenuta segreta il più a lungo possibile, ma che finì col divenire di dominio pubblico: l’amatissimo sovrano d’Inghilterra, colui che stava combattendo contro i Francesi, il baluardo contro Napoleone, era colpito da malattia di testa.
Bedlam, il re e le leggi.
La fine del 1700 e l’inizio dell’800 furono segnate dal regno della follia.
Fino al 700 il confine fra pazzia, malattia, maleficio non aveva ancora assunto contorni netti. Nelle città non era raro chei pazzi venissero abbandonati dalle famiglie perché, appunto colpiti da malefici (scambiati dalle fate, colpiti da “colpo di luna), lasciati a gridare fra le tremende visioni nei loro tormenti.
Con il Madhouses Act del 1774 fu reso obbligo alle famiglie di tenersi i malati di mente in casa o di affidarli alle strutture apposite: questo spiega perché venissero tenuti come prigionieri – spesso nascosti – o mandati nei manicomi. La malattia mentale era una tara con cui nessuno voleva imparentarsi, per cui un pazzo in famiglia significava la rovina di tutto il parentado. Questo aiuta a comprendere perché al povero Rochestester la moglie Bertha fu affibbiata senza fargliela conoscere, presentandola solo nei momenti in cui era più lucida e pareva essere soo una vivace fanciulla, magari un po’ troppo sensuale. E perché la scelta di tenerla a casa non era quella di un uomo cattivo ma pietooso: nei manicomi poteva capitare di tutto, soprattutto alle donne belle e con patologie che comportavano alla perdita delle inibizioni.

I racconti dei casi sono tanti, drammatici per la maggior parte, ma restando fermi alla storia di Bedlam tutto segue, purtroppo, lo sviluppo delle idee intorno alle malattie e al loro trattamento.
Pare che nemmeno a Re Giorgio furono risparmiati i bagni gelati e la privazione sensoriale, le purghe e i salassi.
I Monro
Si può dire che Bedlam fu per una lunga parte della sua esistenza nelle mani di una vera e propria famiglia regnante: furono ben quattro
i direttori del manicomio appartenenti alla famiglia Monro.
Giacomo Monro (1680-1752)
Giovanni Monro (1715-1791)
Tommaso Monro (1759-1833)
Edoardo Thomas Monro (1790-1856)
Ebbero approcci diversi e non sempre positivi verso i pazienti, e furono loro a portare il manicomio dal triste tempo delle torture prive di senso alla ricerca di veri trattamenti per la cura dei pazienti, anche se sappiamoquanta faticosa strada dovranno fare i manicomi per diventare vere strutture di cura e non perfette ambientazioni dei film horror.
Un altro trasferimento per Bedlam
Il manicomio nell’800 subì un nuovo trasferimento, data la natura insalubre di Moorfield (ricordate i bei giardinetti? Non ci hanno messo molto a tornare a palude senza cure).
Con un po’ di fondi, si arrivò a St. George’s Fields a Southwark, a sud del Tamigi. Qui il terreno era meno insalubre, e nel 1810 un bell’edificio meno stile Versailles e più rigoroso divenne la nuova sede dell’ospedale.
La facciata era una bella maschera neoclassica per il viso immutato di sempre: i primi “ospiti” sperimentarono un discreto benessere, nelle celle nuove, ma il sovraffollamento non tardò a portare disagi, così come iguasti all’impianto di riscaldamento a vapore che condusse alla genialeidea di togliere i vetri alle finestre per evitare almeno che l’ospedale puzzasse di manicomio.
All’interno, uomini e donne erano separati in due ali diverse e per la prima volta Bedlam ospitava anche una apposita sezione per i pazzi criminali, in seguito al tentato regicidio perpetrato da James Hadfield contro Giorgio III. Questo ammodernamento non era l’unico, altri comfort erano costituiti da una camera per i bagni freddi a ogni piano, che poteva anche giovare della presenza di un lavandino e di una toelette.
Il sistema, una volta tolti i vetri, prevedeva comunque che le celle potessero essere oscurate in caso di necessità.
Nessuno (non) sano di mente poteva chiedere di meglio, no?
Gli anni peggiori di Bedlam furono i primi dell”800, quando sotto la dinastia Monro fra le mura vibranti di urla accadeva ogni orrore. Fu nel ’18 che le ispezioni dei quaccheri, preoccupati delle condizioni inumane in cui venivano tenuti i reclusi, furono rese note: ne fu tratto persino un celebre film horror… uno dei pazienti, peraltro apparentemente sano di mente, era rimasto legato al letto con una catena al collo per mesi, in una posizione che gli impediva di sdraiarsi.
I casi erano decine, la quantità di pazienti stipata nella struttura oltre il limite della capienza. Spesso privati di abiti, in condizioni igieniche disumane, i malati venivano per lo più abbandonati ai loro deliri se non torturati per mantenerli in uno stato di calma e terrore.
Lo scandalo che travolse il Betlem ebbe come conseguenza le dimissioni di Thomas Monro per crudeltà verso i pazienti, l’arrivo di un nuovo sovrintendente, che rimase dal 1852 al 1862. William Charles Hood modificò drasticamente – in meglio – la condizione dei pazienti. Il dottor TB Hyslop arrivò all’ospedale nel 1888 e ne divenne il medico responsabile, traghettando Bedlam nel XX secolo e ritirandosi nel 1911. Non che questo ci faccia tirare grandi sospiri di sollievo, perché alcune pratiche rimasero comunque in uso e se ne aggiunsero anche di peggiori: la lobotomia e l’elettroshock. Purtroppo la strada verso la cura delle malattie mentali non è una fiaba che termina con un lieto fine all’inizio del 1900, anche se quella del Bedlam a Southwark si potrebbe dire di sì: il manicomio infatti fu di nuovo e definitivamente trasferito in una nuova sede, questa volta più lontano dal centro di Londra, dove si trova tuttora ed è in attività, ma pratica cure moderne e non più torture medievali.

La legislazione vittoriana
Negli anni del regno vittoriano, la medicina e il sorgere della psichiatria iniziarono a indurre una maggior attenzione alle malattie mentali, da cui presero il passo varie leggi riguardanti i manicomi. I pazzi non erano più fenomeni da baraccone, ma la chiusura al pubblico delle strutture forse non portò miglioramenti alla vita dei pazienti, spesso vittime di abusi indifese da parte del personale e di medici più sadici che altro. Nei manicomi, inoltre, continuavano a essere internati personaggi giugicati scomodi politicamente ed eticamente, con le scuse più varie: il comportamento dalle rigide regole del periodo dava fin troppo facilmente buone scuse a famiglie e società per internare soggetti scomodi facendo interdire chi non si allineava al pensiero comune.
A farne le spese erano spesso le mogli, perché era meno costoso farle internare, o farle interdire, che pagare per una causa di divorzio. E soprattutto, una moglie in manicomio era meno scandaloso di una pratica di divorzio, come ben sapeva Dickens, che impegnò diversi anni nel tentativo di far interdire la moglie Constance per evitare le vie legali di rottura del vincolo matrimoniale.
Bedlam dunque ospitava anche mogli non gradite, figlie che rifiutavano nozze combinate e si impuntavano per studiare, in generale, le prime femministe venivano distribuite fra prigioni e manicomi, ma negli ultimi venivano curate per isteria.
Nel corso della sua storia, d’altra parte, innumerevoli sono stati i nemici politici che con la scusa della pazzia sono stati allontanati dallo scacchiere.
Il vecchio ospedale con la sua grande (e inutile!) cupola, insieme al suo terreno furono acquistati da Lord Rothermere quando Bedlam cercò di diventare davvero un luogo di cura, furono proposti e accettati al London County Council per essere utilizzati come parco; la parte centrale dell’edificio fu mantenuta e nel 1936 divenne sede del Museo Imperiale della Guerra.

Fonti
‘I am very glad and cheered when I hear the flute’: The Treatment of Criminal Lunatics in Late Victorian Broadmoor
Jade Shepherd 1,*
https://janeausten.co.uk/it/blogs/uncategorized/bethlem-royal-hospital-in-jane-austens-day-bedlams-beginnings
Bedlam: London and Its Mad di Catharine Arnold