Storia del pupazzo di neve
La storia del pupazzo di neve è più lunga e antica di quanto mi fossi aspettata. Mi sono incuriosita leggendo un articolo di Publicdemain che ha raccolto alcune curiosità della completissima ricerca di Bob Eckstein, autore e storico che ha dedicato molti anni nella ricerca delle origini di questa tradizione invernale pressoché ubiquitaria.
E in effetti, il pupazzo di neve è vecchio quanto l’uomo.
Il problema principale per sapere quando sono nati i primi pupazzi di neve è ovviamente, la documentazione: non se ne sono conservati, ecosì ci siamo pure persi un’opera di Michelangelo. Si tratta di un Ercole alto ben due metri, passato alla storia nella Firenze medicea. Pietro il Fatuo, dopo la morte del Magnifico, non aveva dato committenze allo scultore e pittore, che cominciava a essere in difficoltà. dopo una gran nevicata, ci fu una gara di pupazzi di neve e l’Ercole fece, come si può immaginare, grande scalpore, attirando l’attenzione della corte. Il giovane autore fece così colpo e ottenne commissione, mentre il povero pupazzo di neve Ercole non resse alla fatica e al caldo.
i primi documenti sul pupazzo di neve
Tanto per cambiare, i primi documenti che fanno riferimento alla creazione del pupazzo di neve la troviamo in Asia, in alcuni scritti cinesi (loro avevano la carta, mi pare un vantaggio non indifferente), nel 610–640 d.C..
Effettivamente è lecito pensare che chiunque abbia a disposizione grosse quantità di neve, anche senza troppe spiegazioni o senza un immaginario pregresso, decida di farci qualcosa per gioco. La prima cosa che sorge spontanea credo sia lanciarlacontro qualcuno per scherzo – Non a caso la prima generazione di umani son Caino e Abele – la seconda tirarla su per costruire qualcosa, tipo un muretto, un cumulo, e poi verrebbe spontaneo al cumulo dare una faccia, tanto per renderlo simpatico. Ecco fatto un pupazzo di neve.
Lasciando stare le mie deduzioni per giungere a citazioni serie già citate da gente seria, Eckstein riporta:
TH Barrett, professore di Storia dell’Asia orientale presso l’Università di Londra e una delle massime autorità in materia di Buddhismo del V secolo, spiega: “Sia I Ching che lo scrittore taoista del Fengdao kejie vogliono farci sapere che è giusto costruire immagini sacre con la neve. Forse non tutti si sono precipitati a farlo, ma immagino che almeno alcune persone lo abbiano fatto. Pertanto, concluderei che i taoisti hanno davvero creato immagini (sculture) con la neve nel VII secolo e che dopo il ritorno di I Ching in Cina anche i buddhisti probabilmente lo hanno fatto per una questione di competizione”.
Insomma, gare di pupazzi di neve sacri. Gente matura che fa cose mature. Sono gli stessi che ti tagliavano la testa se rubavi le piantine di tè per portarle fuori dalla Cina.
Il pupazzo di neve in tempi di saggezza
Arriviamo alla nostra Europa, che come sappiamo in epoca più moderna, diciamo dal Medioevo in poi (purtroppo sull’epoca romana non ho trovato nulla, nemmeno Cesare ha lasciato una versione in cui i Galli lanciavano ai romani palle di neve) abbiamo documentazione di homini di neve: il primo è stato trovato disegnato su un Libro delle Ore nel Paesi Bassi (indovina chi l’ha trovato? Eckstein!) del 1380. QUalcuno si è distratto mentre pregava durante una nevicata?
Sempre nella zona, di lunga tradizione sono gare dedicate ai pulazzi di neve, solo che spesso le figure rappresentate non solo le nostre tradizionali pacioccose: spesso il pupazzo di neve è un po’ più lascivo, magari meno preciso per quanto riguarda il cappello ma più dotato in altri particolari. Tali festival hanno avuto luogo per molto tempo, con grande fama e ancor più larga affluenza. E no, non li favano i bambini.
Ancora oggi il 18 gennaio si festeggia la giornata internazionale del pupazzo di neve: è stata scelta perchè è abbastanza lontano da altre festività e i numeri assomigliano al pupazzo 8 con accanto una scopa 1
Twas the Night Before Christmas – la notte prima di Natale
Il pupazzo di neve nell’epoca vittoriana
E ora parliamo della nostra epoca preferita, quella che come sempre ha cambiato la vita, se per caso ne avesse una, anche al pupazzo di neve. In questo periodo, infatti, il pupazzo di neve ha avuto un grande successo come modello sia nelle illustrazioni invernali, apparendo in moltissime cartoline natalizie e pubblicità, sia nelleprime fotografie.
Nelle prime cadde tristemente vittima dell’umanizzazione e dell’umorismo nero del periodo e gliene fecero di ogni, trasformandolo nel bersaglio di tante malefatte, protagonista negativo di brutte avventure, vittima inconsapevole del gusto dell’epoca per i biglietti d’auguri “divertenti”.
Lo troviamo bersaglio di simpatici giochi natalizi dei bambini, come bersaglio di pallate fino a distruzione avvenuta, solo che il poveretto tenta di difendersi: in una foto, sono donne agguerritissime a compiere la lapidazione, anzi, la innevazione.
Indifeso, viene preso di mira da Babbo Natale che ridendo mira con la slitta per investirlo, mentre il pupazzo può solo attendere terrorizzato il proprio destino (ho ho ho che divertente), oppure lo troviamo intento a rubare con aria da furfante in altre cartoline.
Ci sono immagini in cui deliziose signorine si accompagnano a pupazzi di neve spaventosi, più mostri che altro, che richiamano quel mondo oscuro, l’altra faccia del Natalevittoriano.
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Le foto del pupazzo di neve
La prima fotografia conosciuta di un pupazzo di neve è stata scattata da Mary Dillwyn, intorno al 1853, la prima fotografa donna del Galles. Non si vede quasi niente, bianco su bianco, c’è da fidarsi sulla parola, ma da lì in poi, sono stati tanti gli scatti fra 800 e primo 900 di pupazzi di neve, perché tutti, dopo essersi resi conto che il loro capolavoro sarebbe sparito di lì a poco (Michelangelo docet), volevano essere immortalati con la loro grande scultura. Anch’io ho le foto del pupazzo di neve che hanno fatto i miei figli da piccoli. Un grande reperto, perché da quell’anno non è più nevicato abbastanza. Un po’ coome avere una foto del Tamigi ghiacciato.
Dall’era vittoriana in poi il pupazzo di neve è anche stato utilizzato nelle immagini come capro espiatorio, o meglio come testimonial sensibilizzatore contro i vizi degli umani: pupazzi con alcol, bottiglie, bicchieri, aspetto da ubriachi; in seguito con sigarette; a volte con sguardi ammiccanti verso signorine svestite. D’altra parte, se ci fate caso, le “pupazze” di neve sono più rare delle versioni maschili, è normale che ci sia un certo bisogno di compagnia.
Poi facendo un po’ di confusione col corrispondente estivo “brucia la vecchia” per rappresentare la fine dell’estate, o con la pagana befana di gennaio, da qualche parte, dove forse le bottiglie devono essere state svuotate prima di metterle in mano al pupazzo di neve, si concludono i festival dei pupazzi di neve con “brucia il pupazzo”.
Non lo so, questo mi lascia perplessa, se non avessi visto la foto non ci crederei, ma il pupazzo in cima alla pira era una replica in polistirolo e vi dirò, non mi è parsa una grande idea…
Letteratura e pupazzi di neve
Non manca una letteratura sui pupazzi di neve, soprattutto per l’infanzia, a partire dal racconto di Andersen in cui un pupazzo di neve si innamora di una stufa (grazie Hans per le tue storie sempre liete). Il pupazzo di neve di Raymond Briggs, del 1978, è un libro senza parole, formato da sole illustrazioni a pastello: ancora oggi riscuote grandissimo successo per la particolarità e la dolcezza.
Mlti libri per bambini narrano avventure di pupazzi di neve, e non mancano, per i più grandi, anche versioni horror. Senza dimenticare, le comparse, come nel romanzo Shining di King.
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