Ophelia di John Everett Millais – I fiori dei preraffaelliti
I fiori dei preraffaelliti – Ophelia di John Everett Millais
Il significato dei fiori nella pittura dei preraffaelliti – l’Ophelia di John Everett Millais e il simbolismo floreale vittoriano.
La pittura dei preraffaelliti è particolarmente ricca di particolari e studiato fin nei minimi dettagli per unire al realismo pittorico un simbolismo che rimanda in continuazione a un secondo livello di lettura delle opere.
Sappiamo che in epoca vittoriana, non solo la pittura, ma all’interno della cultura stessa, i simboli e il linguaggio “occulto” erano molto utilizzati, conosciuti e diffusi: le signore sapevano comunicare attraverso l’utilizzo di fazzoletto, ombrellino, guanti… Ma soprattutto uomini e donne conoscevano e utilizzavano il linguaggio dei fiori, che permetteva loro di comprendersi anche quando un dialogo privato non era possibile.
Anche se il galateo regolava in modo rigido anche gli omaggi floreali, che, almeno in teoria, erano riservati soltanto a persone che avevano già stretto legami socialmente noti, un piccolo dono poteva dire più di 1000 parole.
Nella pittura preraffaellita la natura ha un grandissimo peso nell’economia delle tele, spesso le modelle o i soggetti vengono raffigurati immersi in una flora lussureggiante, idilliaca, nella quale ogni fiore parla allo spettatore completando i suoi occhi la narrazione visiva.
Il quadro più famoso e forse più ricco di particolari è certamente la raffigurazione di Ophelia di John Everett Millais, quadro celebre sia per a sua storia sia per l’impatto fortissimo che ebbe su pubblico e critica quando fu esposto.
Ophelia di John Everett Millais – la storia
Il dipinto di Ofelia fu realizzato da Millais nel biennio 1851-1852 e oggi lo troviamo esposto presso la Tate Gallery di Londra.
Viene considerato il più evocativo e rappresentativo dei dipinti preraffaelliti e ha ispirato moltissime opere successive: è citato anche in film come Melancholia, dove assume un forte senso simbolico.
Everett Millais fece posare per questo dipinto la bellissima Elizabeth Siddal, musa e compagna di Dante Gabriel Rossetti, all’epoca diciannovenne. Le lunghe sedute di posa erano estenuanti per la modella, già debole di salute, che doveva restare per ore immobile in una vasca piena d’acqua. Per quanto avessero pensato a riscaldare l’acqua con lampade a olio poste sotto al vascone di bronzo, più volte la giovane donna si trovò a mollo nell’acqua gelata perché le lampade si spegnevano e nessuno si preoccupava di riaccenderle. Era inverno, e le stanze non erano molto riscaldate: Lizzie si ammalò gravemente e non guarì mai del tutto dai problemi polmonari che derivarono dall’infreddatura.
Anche dipingere tutti i fiori che circondano la fanciulla morente non fu facile: Prima ancora di cominciare a lavorare sulla figura umana, Millais si dedicò a lunghissime sedute en plein air vicino al fiume Hogsmill, nel Surrey. Vi rimaneva fino a undici ore al giorno, per cinque mesi.
Giunto il maltempo autunnale, Everett Millais dovette costruirsi un riparo, per evitare che le intemperie rovinassero le tele… Hunt fu così entusiasta della sua costruzione che ne fece una per sé, copiandola alla grande.
Nel panorama bucolico che avrebbe circondato la povera Ofelia, originariamente compariva anche un animaletto, un’avicola d’acqua. Si tratta di un roditore che vive lungo il fiume e che il pittore aveva voluto inserire, ma quando propose in visione la tela agli zii di William Hunt, questi si misero a discutere se si trattava di un coniglio o di una lepre. E Millais decise di toglierlo. Ne è tuttavia rimasta una traccia, visibile ma in parte coperta dalla cornice. Non si sa perché volesse far nuotare l’avicola con Ofelia, ma a quanto pare era deciso a inserirla, tanto da costringere un suo assistente a catturarne una per ritrarla. Penso che non sia venuta bene…
Tuttavia, è visibile anche un altro animaletto, nascosto nel verde: è un pettirosso, altro animale che in epoca vittoriana è molto amato e che ha molti significati simbolici, essendo legato a una leggenda sulla nascita di Gesù e a una famosa poesia, Chi ha ucciso il Pettirosso, di cui vi parlerò presto, e che ha ispirato altri pittori preraffaelliti. Il pettirosso, spesso raffigurato nelle cartoline di auguri natalizie, è un ambivalente simbolo di vita e di morte.
I fiori di Ophelia
La scelta dei fiori che circondano Ofelia di Everett Millais è molto accurata.
La morte di Ofelia, nella tragedia Amleto, avviene fuori scena, e viene riportata dalla Regina.
C’è un salice che cresce storto sul ruscello
e specchia le sue foglie canute nella corrente di vetro;
Lì ella fece fantastiche ghirlande, di ranuncoli,
ortiche, margherite, e di quei lunghi fiori purpurei
a cui gli osceni pastori danno un nome più volgare,
ma le nostre caste fanciulle chiamano dita di morto.
Lì, sui rami spioventi arrampicandosi ad appendere
le sue coroncine, un maligno ramoscello si spezzò,
e giù caddero i suoi fioriti trofei e lei stessa
nel piangente ruscello. Le sue vesti si allargarono
e come una sirena per un poco la tennero su,
e in quel mentre cantava passi di vecchie canzoni
come una inconsapevole della sua ora disperata,
o come una creatura nata e cresciuta
in quell’elemento. Ma non poteva durare a lungo,
e infine i suoi vestiti, pesanti di quanto avevano bevuto
trassero la povera infelice dal suo melodioso canto
alla fangosa morte.
William Shakespeare, Amleto, atto IV, scena 7, traduzione di Alessandro Serpieri
Ognuno di questi fiori ha un significato:
Il salice è l’albero della morte e del lutto, ha anche un significato legato al dolore e al pianto. È una pianta tipica dei corsi d’acqua.
I ranuncoli sono fiori legati alla settimana santa e alla Passione, simboleggiano un amore malinconico e doloroso. Millais nell’acqua dipinge anche la fritillaria, altro fiore legato alla Passione e dal colore violaceo.
Le ortiche non sono certo un’erba adatta a un mazzetto di fiori: la scelta di Ofelia rappresenta la sua pazzia, ma anche il dolore di un amore tradito, della delusione, della perdita.
Le margherite sono il fiore della purezza, dell’innocenza, della fanciullezza.
Più complesso interpretare le dita di morto: un fiore con una forma fallica (e i pastori gli danno un nome indecente), ma che le fanciulle pudiche chiamano con un nome così funereo. Secondo Serpieri, il Poeta potrebbe far riferimento all’orchidea purpurea, che simboleggia la passione e l’amore, ma anche la stessa definizione ambivalente (un fiore che ha richiami sessuali ma che è anche segno di morte) richiama le cause della sofferenza che ha portato la fanciulla alla pazzia. Si tratta non di un’orchidea, ma della Orchis mascula, una pianta spontanea che vediamo nel dipinto.
Millais non si limita a circondare Ophelia di questi fiori, ma ne aggiunge altri, completando la narrazione pittorica con altri simboli.
Fra i fiori persi da Ophelia, ci sono le rose rosa: Laerte definisce la sorella “rosa di maggio”, ma la rosa rosa è un simbolo di purezza e innocenza.
Ofelia ha una ghirlanda di violette attorno al collo: forse le stesse che voleva offrire a Laerte durante il delirio della pazzia, e che “appassiron tutte/ quando morì mio padre.” (Atto IV scena V). Le viole (ne vediamo anche nell’acqua attorno a lei, rappresentano l’amore puro, l’amicizia, ma il colore viola è anche quello del lutto. La violetta rappresenta anche la morte prematura. Appassirono tutte perché Ofelia identifica nella morte paterna la fine della sua giovinezza? Il primo duro colpo alla sua povera mente?
Nel prato troviamo l’olmaria, o regina dei prati, una pianta molto diffusa e i nontiscordardime, dal significato struggente.
Nell’acqua, sparsi attorno alla giovane donna, vediamo un adonide rosso, che è un fiore velenosissimo e che simboleggia l’amore mai dimenticato.
Il papavero, altro fiore molto caro alla cultura vittoriana, rappresenta il sonno della morte.
Papaveri (simbolismo che richiama il papavero da oppio) sono rappresentati anche allegorie della notte, presenti su molti cammei vittoriani.
Ophelia di John Everett Millais – l’accoglienza
Oggi acclamato, il dipinto della morte di Ophelia di Millais non fu universalmente apprezzato al momento dell’esposizione: la natura rappresentata attorno a Ofelia era troppo “locale”… non piaceva l’idea che la figura tragica e immortale venisse rappresentata nello stagno dietro casa.
Oggi, invece, è proprio questa sua vicinanza a rendere ancora più coinvolgente il dipinto.
Quasi fatato, il mondo naturale accoglie la giovane respinta dal suo innamorato, sostituendo il suo freddo abbraccio a quello di Amleto. È una natura partecipe e distaccata, nello stesso tempo, è una cornice e una protagonista insieme.
Infine, e qui perdonatemi ma è solo un’idea mia, che non posso togliermi dalla testa, Millais sembra voler quasi strappare la vita di Ofelia davanti agli occhi dello spettatore. Verrebbe voglia di allungare una mano e strapparla da quelle acque, che in effetti non sono profonde, e che non hanno un aspetto mortifero… vorresti salvarla, la guardi e ti dici che se solo potessi entrare nel quadro non ci vorrebbe nulla, solo darle una mano.
Non sai se sta per affondare, se sia appena riaffiorata, se quelle labbra ancora rosee stiano per pronunciare qualche parola, eppure il dipinto mette chi lo guarda di fronte all’ineluttabilità di quel fato ingiusto, di quella morte orchestrata da Dei crudeli che si prendono gioco della fragilità umana. Lei, poco più di una bambina, tanto presa dal proprio amore, impazzisce di fronte alla falsa pazzia dell’amato. E la morte, che vediamo celata nel paesaggio verdeggiante, stende inesorabile il suo velo là dove l’amore ha ceduto il posto alla vendetta.
https://www.telegraph.co.uk/culture/art/11018800/Ten-things-you-never-knew-about-Ophelia.html
https://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/nuovifiles/amleto_h/testo_04.htm
http://www.compagnosegreto.it/NUMERO%2012/libro50.htm