Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen  era un affare serio, regolamentato da norme precise: sgarrare significava “compromettere” una signora.

Ma se comunicare con una ragazza nubile era così difficile, come si faceva?

Con l’aiuto di zia Jane e di qualche nota storica, ecco un nuovo viaggio nel tempo, per scoprire com’era il corteggiamento ai tempi di Jane Austen.

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: a che età?

Una giovane donna era considerata in età da marito un paio d’anni dopo il menarca, che all’epoca arrivava tardi, dai quattordici ai sedici anni.

In realtà una donna poteva contrarre matrimonio a partire dai dodici anni (La prima moglie di Poe aveva tredici anni). Il debutto perciò avveniva intorno ai sedici anni o successivamente.

Di solito le donne impiegavano al massimo due stagioni per trovare marito, dopo di che, sia per i costi sia per l’età, veniva considerata una battaglia persa.

Sostanzialmente, a ventisei anni i giochi matrimoniali venivano considerati finiti: Anne Elliot infatti è ormai considerata zitella sfiorita, anche se sua sorella maggiore, che è “meglio conservata” e più bella, ancora non ha perso le speranze. Ma è solo lei a crederlo, mi sa, perché non se la fila nessuno.

Per gli uomini le cose erano diverse: potevano sposarsi a partire dai quattordici anni, ma non avevano un vero limite di età per vecchiaia, anche se a trentacinque anni cominciavano a essere considerati vecchi. Vero, Marianne?

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: la buona educazione.

Per prima cosa, una giovane nubile e un giovanotto difficilmente si trovavano da soli. Le conversazioni avvenivano sempre in presenza di uno chaperon o accompagnatore, possibilmente una parente più anziana della signorina.

Mai in carrozza da soli: Marianne Dashwood e Willougby infatti danno scandalo. Ed ecco perché Catherine Morland è così restia ad andare in giro con il calesse di Thorpe.

Mai fermi per la strada da soli. Era ammesso, però, che le coppie parlassero camminando in pubblico: ricordate Anne Elliot, quando finalmente riesce a trovarsi da sola con Wenthworth?

La dichiarazione avviene camminando, mentre egli l’accompagna, e così pure il dialogo più lungo fra Darcy ed Elizabeth è quello che riescono a ottenere accompagnando i fidanzati Jane e Bigley, rallentando sapientemente il passo.

Le conversazioni che portavano alla formazione delle coppie erano spesso quelle che avvenivano in luoghi affollati, come i balli, considerate le migliori occasioni per trovare marito, ma anche le passeggiate e i momenti precedenti o successivi alle funzioni religiose (ricordiamo Mr. Crawford quando raggiunge Fanny presso la sua famiglia).

Il limite imposto dal decoro era però molto stretto: due danze insieme erano sufficienti per considerare la coppia formata. Un giovanotto avveduto, perciò chiedeva solo alla dama di suo interesse di danzare due volte nella stessa serata. Già quello era comunque considerato impegnativo. Ed ecco perché Jane che per due volte balla con Bingley desta le aspettative di tutti e così pure Marianne con Willoughby.

Un ballo da Almack’s

Ma facciamo un passo indietro: innamorati o combinati?

I fidanzamenti, nelle classi sociali più elevate, erano spesso combinanti. In epoca vittoriana, addirittura, non era considerata buona educazione manifestare affetto pubblicamente né a fidanzati né a coniugi: i rapporti dovevano essere formali.

Il matrimonio era, come abbiamo accennato in questo articolo, una questione sociale, per le donne principalmente era questione di sopravvivenza. Fino all’inizio dell’epoca georgiana (fine 1700) i fidanzati si incontravano, a volte, solo in occasione delle nozze: per conoscersi avevano a disposizione ottimi ritratti e miniature.

Come Jane Austen ci insegna, però, l’inizio dell’Ottocento porta un cambiamento: non c’è eroina austeniana che non si sposi per amore. Anche quando si tratta di un buon partito e, a maggior ragione quando il partito tanto buono non è.

Che conquistare l’uomo scelto non fosse facile lo vediamo in Orgoglio e Pregiudizio, nel dialogo fra Lizzie e Charlotte:

“Ricordati, Eliza, che lui non conosce Jane come la conosci tu.”

“Ma se una donna ha simpatia per un uomo e non si sforza di nasconderlo, lui dovrà pure accorgersene.”

“Forse, se la conosce a sufficienza. Ma anche se Bingley e Jane si incontrano abbastanza spesso, non succede mai che restino per molto insieme, e dato che si vedono sempre in mezzo a molti altri, è impossibile che siano in ogni momento impegnati a conversare insieme. Jane dovrebbe perciò sfruttare ogni mezzora in cui riesce ad attirare la sua attenzione. Una volta sicura di lui, ci sarà tempo per innamorarsi quanto vuole.”

“Il tuo piano sarebbe buono”, rispose Elizabeth, “se in questione non ci fosse altro che il desiderio di un buon matrimonio, e se decidessi di conquistare un marito ricco, o un marito qualsiasi, credo proprio che lo adotterei. Ma non sono questi i sentimenti di Jane; lei non agisce per calcolo. In questo momento potrebbe persino non essere certa lei stessa dei propri sentimenti, né della loro fondatezza. Lo conosce solo da un paio di settimane.

Ha ballato quattro volte con lui a Meryton, l’ha visto una mattina a casa sua e da allora ha partecipato a quattro pranzi in cui c’era anche lui. Non basta certo per farle capire il suo carattere.”

Era più facile, forse, che fossero gli uomini ad amare, o per lo meno a essere attratti: le donne si adeguavano. Farsi strada verso l’uomo scelto era parecchio complicato.

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: Le cose da non fare

Un gentiluomo preferibilmente non si doveva interessare a una sorella minore se la maggiore non era già impegnata o sposata: era considerato di cattivo gusto che una secondogenita si sposasse prima della maggiore. Ed eccoti qui, Lidia Bennet: un altro segno di come tu e mammà alle regole non vi attenete proprio!

Il contegno dei giovani aspiranti fidanzati doveva essere comunque ineccepibile: niente lettere (Marianne Dashwood e Willougby: cartellino giallo!): le lettere erano considerate già impegno. Ed ecco perché Mr. Darcy la sua lettera la consegna a mano, e non la spedisce: è un affare privato.

No anche ai nomi di battesimo, privilegio – e non in pubblico –  delle coppie sposate.

No a pegni d’amore, quali ciocche di capelli (tana per Marianne!) o fazzoletti e oggetti personali (e qui troviamo la caduta di Harriet Smith, che il pegno se lo prende… da sola!).

Anche la stretta di mano fa parte dei divieti se la coppia non è impegnata. Ahi, ancora una volta Marianne Dashwood e Mr. Willoughby….

Ed ecco perché, quando si incontrano al ballo londinese ed egli è fidanzato con l’altra signorina, rifiuta la mano alla ragazza e in seguito le restituisce lettere e capelli. Ma di questo mascalzone parleremo ancora.

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Una giovane accetta il corteggiamento di un gentiluomo: il testo elenca gli “indizi” (due o tre balli, due o tre biglietti…) Fonte: https://byuprideandprejudice.wordpress.com

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: ci siamo quasi!

La domanda che sorge spontanea è: ma come cavolo avviene l’abboccamento fra i due? Come fa Lui a capire se la ragazza è interessata?

Di segnali possono essercene tanti, per quanto piccoli: le donne avevano un vero e proprio linguaggio coi ventagli, che venivano usati anche per comunicare interesse ai corteggiatori.

Anche un parasole, aperto o chiuso, o portato in un certo modo, significava interesse o “cuore libero”: un po’ come certi bracciali è anelli che ogni tanto diventano di moda anche oggi. Questi giochetti saranno molto in voga in epoca vittoriana, le giovani Regency erano molto meno sveglie e usavano un gran battito di ciglia, a quanto pare.

Il linguaggio dei fiori era conosciuto, ma a un gentiluomo era vietato mandare fiori se l’impegno non era già preso…

Insomma, fra passeggiate, sguardi, mezze parole dette sottovoce in presenza di tante volenterose persone, l’idea dell’affetto (o per lo meno della disponibilità) un uomo se la faceva.

Guai, però, a manifestare troppo, mie care signorine, il vostro interesse: anche qui Miss Dashwood ci fa lezione, rimproverando Marianne di essere troppo esplicita con Willoughby.

Un caso eclatante è quello di Emma

In Emma si crea una gran confusione perché Mr. Elton deve arrivare a corteggiare quella giusta delle due amiche, che da buona creanza frequenta solo in compagnia. Lui intende Emma, Emma intende Harriet. Le regole impongono a Elton una certa prudenza e questa fa sì che i messaggi siano ambigui: la sciarada sul corteggiamento arriva a Emma esattamente come egli intende, mentre lei immagina di essere solo un’intermediaria. Chi avrà ragione, a offendersi, al momento della dichiarazione?

Temo Mr. Elton, visto che Emma, anche a detta del cognato, si mostra sempre troppo espansiva, pensando di favorire l’amica. Insomma, ambigui sì, ma con chiarezza!!!

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: la proposta

La proposta avveniva alla prima occasione in cui i due si trovavano da soli, per caso o aiutati dalle famiglie: pensiamo a Jane e Bingley lasciati soli, o a Elizabeth e Mr. Collins; oppure all’occasione più “rubata” da Darcy a casa dei Collins.

Alcuni giovanotti preferivano chiedere al padre di lei anche il permesso di corteggiare: più spesso il padre era l’ultimo a cui si chiedeva, una vota che i giovani si erano accordati.

In Jane Austen? Il signor Bennet, e ancor di più il povero Mr. Woodehouse vengono interpellati dopo. Mr. Crawford, invece, prima mette le mani avanti con lo zio, forse perché Sir Thomas è un baronetto, e poi chiede a Fanny Price.

Una ragazza, in questa occasione, aveva la sua migliore possibilità di scegliere, era il momento del sì o del no.

Come ci fa notare Mr. Collins, però, il sì è quasi certo, rari erano i rifiuti, gli uomini andavano abbastanza a colpo sicuro. Ed ecco che ci appare, in tutta la sua eccezionalità, la signorina Bennet, che di proposte ne rifiuta addirittura due. E si offende anche.

Già, perché quando la proposta arrivava senza segnali adeguati e la dama non si era resa conto delle attenzioni, poteva indignarsi. Elizabeth, per due volte, non ci va leggera nel motivare il suo rifiuto. E non ritroviamo una scena molto simile, cinquant’anni più tardi, a casa di Mr. Hale Nord e Sud?

Erano, tuttavia, casi rari: due proposte potevano arrivare a un’ereditiera, ma a una giovane senza mezzi era difficile che capitasse. E così, capiamo meglio Charlotte Lucas.

Sappiamo dai romanzi della Austen che la richiesta alla giovane avveniva in modo molto romantico, con paroloni altisonanti di vibrante affetto spesso pronunciate, visto che di affetto ancora in molti casi ve n’era ben poco, in modo piuttosto freddo. Era uso inginocchiarsi e finalmente prendere la mano dell’amata. Non credo che fossero di moda grandi baci.

Con consenso della fidanzata, poi, il giovanotto si presentava dal padre.

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: cambiare idea?

Sì può. Si fa. Anche in Jane Austen ne vediamo, di coppie che si disfano, ma attenzione: se a lei è consentito cambiare idea senza essere compromessa più di tanto, per quanto la faccenda sia sgradevole (pensiamo a Sir Thomas che suggerisce a Maria di non proseguire i preparativi per il matrimonio con lo sciocco Mr. Rushworth), se la rottura arriva da parte di lui il guaio è grosso.

Un gentiluomo, infatti, non ritira mai la parola data e un fidanzamento è considerato in tutto e per tutto come un contratto.

Esaminiamo Edward Ferrars, che rinuncia all’eredità pur di non venir meno agli impegni verso Lucy Steele, per quanto presi in gioventù e sventatamente: con la sua rettitudine attira le simpatie del colonnello Brandon.

Prendiamo ora Willoughby: lettere, strette di mano, balli e balli, calessino da soli, abboccamento in privato con Marianne, ciocca di capelli… vi dice qualcosa? Può forse dire a Marianne, per lettera “avete capito male”???

No.

E ora avete il quadro della sua condotta e del biasimo che ne trae.

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La giovane Anne di Persuasione, invece, rompe il fidanzamento con Wenthworth e fa arrabbiare solo lui. Ritenta e sarai più fortunato… ma lo stesso Capitano si salva per il rotto della cuffia dal doversi sposare con la Musgrove solo perché è stato un po’ troppo allegro in sua compagnia: se Louisa non si fosse fidanzata con un altro, la frittata era fatta.

E adesso? Che cosa succede?

Lo scopriremo nel prossimo viaggio nel tempo!

http://www.isabellegoddard.com/regency-courtship-marriage.html

https://janeaustensworld.wordpress.com/2013/02/14/courtship-in-a-modern-world-vs-courtship-in-regency-times/

https://reginajeffers.wordpress.com/2013/01/10/courtship-during-the-regency-period/

https://byuprideandprejudice.wordpress.com/2014/01/28/courtship-and-marriage-in-the-regency-period/

http://georgianagarden.blogspot.it/2009/12/corteggiamento-e-regali-damore.html

http://www.jausten.it/orgoglioepregiudizio.pdf

http://www.jausten.it/emma.pdf

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