La fragilità della farfalla: il tè del venerdì

tè del venerdì

Il tè del venerdì: Maura Maffei e La fragilità della farfalla

Anche questa settimana il salotto di Miss Darcy diventa per voi lettori una macchina del tempo. Dopo l’Italia del Rinascimento, la meta che ci aspetta è l’Irlanda del 1700, con La fragilità della farfalla, primo episodio di una saga ricca di avventura, amore e atmosfera, scritta a quattro mani da Maura Maffei e da Rónán Ú. Ó Lorcáin.

Con noi oggi abbiamo Maura Maffei, che ci condurrà attraverso le sue pagine e nella suggestiva ambientazione irlandese per farci conoscere i segreti di La fragilità della farfalla.

Buongiorno Maura, e grazie per essere qui con noi nel salotto di miss Darcy.

La prima domanda è sempre un po’ personale: quando e perché ha cominciato ad appassionarsi alla storia irlandese? Che cosa l’attira maggiormente di questo Paese?

la fragilità della farfallaEro ragazzina e tutte le sere, al telegiornale, udivo parlare del nordirlandese Bobby Sand, militante dell’I.R.A., che digiunava in carcere perché gli fosse riconosciuto lo status di prigioniero politico. Dall’altra parte, il nemico era la Gran Bretagna di Margaret Thatcher. Bobby Sand morì il 5 maggio 1981 dopo 76 giorni di sciopero della fame, durante i quali si nutrì soltanto dell’Eucarestia quotidiana. Ebbene, questo avvenimento scandalizzò il mio cuore assetato di grandi ideali e cominciai a leggere e a studiare tutto ciò che riguardava l’Irlanda, per capire come potessero ancora accadere queste barbarie nella nostra civilissima “Europa”. E man mano che la mia conoscenza aumentava, scoprendo i fatti antichi dall’evangelizzazione dell’Isola di Smeraldo, alla lotta contro i vichinghi e ai terribili 8 secoli di dominazione inglese, mi appassionavo sempre più a questa terra dagli scenari spettacolari e abitata da un popolo dal carattere fiero e indomabile. Le mia competenza in materia era senz’altro da autodidatta, anche se avevo già pubblicato un romanzo ambientato nel Donegal dell’XI secolo, “Il traditore” (Marna, 1993). Finché, all’inizio degli Anni ’90, conobbi per caso un giovane ingegnere di Dublino che lavorava in Piemonte. Divenne subito un carissimo amico per me e per mio marito Paolo. Si trattava di Rónán Ú. Ó Lorcáin, il quale mi trasmise l’amore per la lingua della sua terra, perché una Nazione senza lingua è come un corpo senz’anima. Fu Rónán a regalarmi il primo vocabolario d’irlandese e a spiegarmi le curiosità di quest’idioma così differente dall’inglese, poiché appartiene al gruppo delle lingue celtiche, mentre l’inglese a quello delle lingue germaniche. E dalla nostra amicizia nacque anche la pubblicazione che forse amo di più fra tutte, perché fu lui a tradurre in gaelico d’Irlanda il mio romanzo “Il traditore”, poi pubblicato dalla prestigiosa casa editrice irlandese Coiscéim con il titolo di “An Fealltóir” (1999). Quando Rónán tornò a vivere in Irlanda, una quindicina di anni fa, io feci tesoro di tutto quello che avevo imparato. D’altronde continuavamo collaborare tramite posta elettronica sia per i nuovi romanzi che stavo creando, sia per gli articoli del mensile “Keltika”, per cui ho scritto dal 2001 al 2007 (anno della chiusura della rivista), trattando soprattutto argomenti storici, letterari, culturali e linguistici. Grazie a Rónán, posso affermare oggi di aver conquistato un’immagine dell’Irlanda che esula dagli stereotipi un po’ folcloristici di folletti, di epiche bevute di Guinness e di abiti sfumati di verde nel giorno di san Patrizio (17 marzo). Perché la mia Irlanda è la patria dell’anima, l’Irlanda che ha lottato con coraggio contro un giogo straniero quasi millenario, ribellandosi sempre all’invasore che ha tentato di estirparle la lingua affascinante, la cultura feconda di musica e di poesia, la religione vissuta come identità profonda e preziosa. Senza mai riuscirvi.

 

Scrivere storico: quali sono i motivi che l’hanno portata a questo genere letterario?ireland-976891_960_720

Il primo motivo è senz’altro la fantasia: non riesco a leggere una qualsiasi pagina di storia senza immaginare di vivere in quella data epoca, senza immedesimarmi nei fatti riflettendo su quali ferite avrebbero squarciato nella mia carne, se io fossi stata loro contemporanea. E per me diventa spontaneo inventare situazioni e personaggi che prendono vita e si muovono attraverso gli eventi. Con quale finalità? Ecco che con l’andar degli anni si è precisato dentro di me il motivo forse più importante, che riguarda la metafora che il passato rappresenta per il nostro presente. E non è forse vero che l’aspra intolleranza che gli irlandesi hanno subìto per tanti secoli, schiacciati dall’oppressore come esseri senza dignità, può essere un monito per il nostro secolo di nuove schiavitù, fanatismi, ideologie individualistiche e persecuzioni?

 

La fragilità della farfalla: dove è nata l’idea di questo libro? È stato fin dall’inizio pensato come parte di una saga o la vicenda è cresciuta in fase di scrittura?

Dopo aver scritto tanto sul Medioevo irlandese, ossia un altro romanzo edito (“Le lenticchie di Esaù”, Marna, 2003) e diverse storie che ancora giacciono nel cassetto in attesa di pubblicazione, mi sono lasciata attrarre dal XVIII secolo, anche perché da sempre l’Epoca Moderna è quella che mi incuriosisce di più. Desideravo raccontare una vicenda ambientata al tempo delle cosiddette “Leggi Penali” (1691 – 1778, circa), che fu il periodo più cupo e drammatico della dominazione inglese sull’Irlanda. Era vietato celebrare la Messa cattolica e i sacerdoti, se sorpresi in flagrante, potevano essere marchiati a fuoco sul volto o impiccati, era vietato il matrimonio tra anglicani e cattolici, chi si manteneva fedele al cristianesimo di Roma non poteva possedere nulla che valesse più di 5 sterline e molti lavori comuni erano preclusi ai cattolici.

images (1)Anche un’attività di poco prestigio come allevare pecore per venderne la lana non era permessa! La mia immaginazione si mise in moto e cominciò a visualizzare la complessa vicenda di due famiglie nobili, Uí Chléirigh e Uí Bhrolcháin, già decadute al tempo di Cromwell e costrette a emigrare all’Ovest, in Connemara, e a dedicarsi alla pastorizia per sopravvivere. Scelsi come anno di riferimento il 1746, anche se impostai un prologo che narrasse episodi delle due famiglie a partire dal 1656, anno di nascita dei due capostipiti. Non era una data a caso, perché le Leggi Penali toccarono proprio in quel periodo il limite di massima vessazione e perché c’era un trattato di alleanza tra Inghilterra e Austria che mi lasciava campo libero sul rientro in patria degli ufficiali irlandesi che prestavano servizio nell’esercito di Maria Teresa d’Absburgo. A quel punto mi servivano due protagonisti che colpissero l’attenzione dei lettori e li individuai in Labhaoise (Louisa, in inglese), la bellissima figlia di Colla Ó Cléirigh, il “cattivo” del romanzo che applica a suo favore una delle più funeste Leggi Penali, ossia quella che permetteva a chi abiurava la fede cattolica per farsi anglicano di incamerare tutti i beni posseduti dai genitori e dai fratelli, e l’affascinante e audace colonnello Bran Ó Brolcháin, dragone della cavalleria austriaca. Mi premeva anche far comprendere che la questione irlandese non è mai stata una vera e propria lotta di religione, ma un problema di tipo politico ed economico e che la religione è stata piuttosto strumentalizzata per coprire interessi e cupidigie di ben altra natura. Per questo è nato il personaggio del reverendo Hugony Newman, il pastore anglicano inglese, anch’esso innamorato di Labhaoise, anche se più maturo di lei, e il cui carattere ambiguo e astuto poteva generare situazioni interessanti. E mi permetteva di inserire la tematica dell’ecumenismo. Avevo tutta la storia in mente, sino al potente colpo di scena finale. Ma era un progetto troppo ambizioso perché io riuscissi a realizzarlo nel miglior modo possibile qui in Italia. Conoscevo bene il Connemara, perché è la parte d’Irlanda che preferisco, ma ciò non bastava a restituire al lettore il Connemara del Settecento. Ci volevano ricerche minuziose perché ne scaturisse un affresco fedele e autentico. Così telefonai a Rónán, a Dublino, e dopo aver accennato l’idea del romanzo, gli proposi quasi a bruciapelo: «Che ne dici di scriverlo insieme con me?» Lui, che è sempre molto prudente, ci pensò qualche giorno e mi richiamò, accettando. Così cominciammo a lavorare insieme, per 5 lunghi anni, al nostro romanzo che intitolammo “Dietro la tenda”, in riferimento a ciò che avveniva davvero nell’Irlanda settecentesca, quando i sacerdoti in incognito celebravano Messa dietro una tenda, in campagna, perché tutte le chiese cattoliche erano state chiuse, per non essere identificati dai fedeli.

downloadNon temevano per loro stessi ma per la gente che, riconoscendoli, sarebbe stata torturata dai soldati inglesi affinché rivelasse il nome dei preti. Quando lo concludemmo, era un’opera di 32 vasti capitoli e di quasi un milione di caratteri! Lo presentammo a Parallelo45 Edizioni, perché è una casa editrice che valorizza davvero i romanzi storici, e nel luglio del 2015 ricevemmo la risposta affermativa per la pubblicazione. L’unico problema era la mole del romanzo, troppo impegnativo per essere condensato in un unico volume. Insieme con Fabrizio Filios, che ne è il curatore, pensammo quindi di trasformarlo in una trilogia, visto che era già suddiviso in tre parti ben delineate, con un loro finale caratteristico e addirittura con la focalizzazione relativa a tre personaggi diversi. In questo modo “Dietro la tenda” divenne il titolo dell’intero progetto e “La fragilità della farfalla”, che era la prima parte, diventò un romanzo a sé.

 

Scrivere a quattro mani: come avete impostato la stesura di La fragilità della farfalla? Quali sono state le difficoltà?

Non è stato molto difficile, perché ognuno di noi si era assunto la responsabilità di uno specifico campo: io quello narrativo, Rónán quello relativo all’ambientazione storico-geografica e alla definizione gaelica del discorso diretto. Ciò non vuol dire che non ci siano stati… “sconfinamenti”! Per quanto mi riguarda, io mettevo il becco nelle frasi in irlandese che Rónán inseriva qui e là nei dialoghi, perché a volte erano un po’ troppo “dublinesi” e io insistevo che prevalesse il dialetto che si parla nella regione di Galway, in cui si svolge il romanzo, e lui… ebbene, a parte i punti esclamativi, che da bravo irlandese metterebbe ovunque (mi scriveva via mail: «Ma lì non ci starebbe bene un punto esclamativo?»), lui è il vero artefice del personaggio del pastore anglicano Hugony Newman. Stano, no? Un irlandese cattolico che si prende a cuore un pastore protestante inglese! Mi ripeteva: «Bisogna mettere in evidenza che le guerre in Irlanda non sono mai state causate dalla religione, che non è una questione di cattolici o di anglicani. Ciò che è importante in Irlanda è la cultura autoctona!» Così, quando gli mandavo via mail un capitolo concluso, Rónán me ireland-829067_960_720lo faceva spesso rivoluzionare perché temeva il “dagli all’anglicano”… E Hugony, che doveva essere un personaggio interessante ma tutto sommato marginale, ha assunto via via lo stesso peso degli altri due protagonisti, ossia di Labhaoise e di Bran. Adesso che il romanzo è concluso mi chiedo io stessa chi sia il vero protagonista della trilogia e mi sembra che il maturo Hugony abbia “soffiato” all’aitante Bran (di cui, per contrappeso, mi sono occupata di più io) il ruolo di attore principale, perché è lui il “motore” che innesca la risoluzione degli eventi. Sarà il lettore, a questo punto, a stabilire chi fra i due personaggi maschili, così differenti per carattere e aspetto fisico, gli piaccia di più.


Come proseguirà il progetto Dietro la tenda“? Gli altri romanzi sono già stati scritti o la saga è ancora in divenire?

2551025_4c2eac36Come si può desumere da quanto ho appena rivelato, la trilogia è già tutta scritta ed è stata consegnata completa e definitiva all’editore nel novembre 2015. Abbiamo pensato di non far intercorrere troppo tempo tra un’uscita e l’altra, per permettere al lettore di rammentare bene la storia che, come speriamo, lo ha appassionato nei volumi precedenti. Dopo “La fragilità della farfalla” che è focalizzato sul personaggio femminile di Labhaoise (ossia è lei che vive in prima persona le varie situazioni e si rapporta con gli altri personaggi), a settembre 2016 uscirà il secondo volume, dal titolo “L’ala del corvo”, focalizzato sul personaggio di Bran, nome proprio di persona che in irlandese significa appunto “corvo”. E a inizio 2017 arriverà finalmente in libreria anche “L’astuzia della volpe”, che ha per protagonista il reverendo Hugony e che forse è il romanzo più spettacolare e in un certo senso “pirotecnico” di tutta la trilogia. Per quanto ci riguarda, noi autori non vediamo l’ora di vederli tutti e tre stampati, come se fossero dei figli prediletti.

 

E l’ultima domanda… come lo prende il tè?

Oh, non ho dubbi: scelgo un tè nero aromatizzato al gelsomino e schiarito da qualche goccia di limone!

La fragilità della farfalla

di Maura Maffei eRónán Ú. Ó Lorcáin

Romanzo Storico

Pubblico: generico

Edizioni Parallelo45

Collana: Secondo millennio pagine: 234

Prezzo: € 12,00

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La fragilità della farfalla – la trama

La fragilità della farfalla è il primo episodio della trilogia “Dietro la tenda“.

Irlanda, 1746. Sullo sfondo maestoso del Connemara, due famiglie d’antica nobiltà, che in novant’anni di storia hanno intessuto tra loro relazioni d’amicizia, d’odio e d’amore, si trovano coinvolte in un avvenimento inaspettato: il ritorno in patria di un gruppo di uomini che per anni hanno vissuto in Austria.

Chi sono? Carpentieri? Lavorano infatti in una sospetta falegnameria che sorge solitaria in mezzo alla campagna. Ma un’altra è la loro identità. Nell’epoca drammatica delle Leggi Penali, quando i cattolici erano privati d’ogni diritto, erano costretti al contrabbando per sfamare i loro figli, la messa era vietata e i sacerdoti erano considerati fuorilegge, ebbene, proprio in quest’epoca oscura un vescovo e cinque preti, protetti da alcuni dragoni che hanno scelto come capo Bran, un colonnello dell’imperatrice Maria Teresa d’Absburgo, sfidano gli inglesi e, sotto mentite spoglie, si mantengono fedeli alla loro vocazione e si dedicano a una missione di pace. Se venissero scoperti o traditi, sarebbero tutti condannati alla forca.

Il vescovo Caoimhín è lo zio della bella Labhaoise, di cui s’innamorano sia un giovane cattolico dal carattere impetuoso, che come gli altri veste i panni dimessi del falegname, sia l’astuto pastore anglicano del villaggio. La scelta di lei li rende rivali. Eppure si tratta per entrambi di un sentimento tanto profondo quanto impossibile, perché un atroce delitto commesso in passato dal padre della ragazza è rimasto impunito e adesso, mentre tutto si complica, pretende vendetta.

La fragilità della farfalla – gli autori

20151204-082416-HJMGR-CSLMaura Maffei, ligure di nascita e piemontese d’adozione, è erborista, soprano lirico, insegnante di Metodo dell’Ovulazione Billings per la regolazione naturale della fertilità di coppia e presidente diocesano di Azione Cattolica Italiana. Profonda conoscitrice della storia e della cultura irlandese, ha firmato tra il 2001 e il 2007 oltre 200 articoli monografici per il mensile Keltika. È autrice di numerosi libri: “Iltraditore” (Marna, 1993), “Le lenticchie di Esaù” (Marna, 2003), “La lunga strada per Genova” (Marna, 2007), “Feuilleton” (Edizioni della Goccia, 2015). Nel 1999 ha pubblicato per i tipi della prestigiosa casa editrice Coiscéim di Dublino un romanzo in gaelico d’Irlanda, intitolato “An Fealltóir”.

Ha inoltre pubblicato anche due ebook: il romanzo “Astralabius” (vincitore del torneo letterario “IoScrittore” 2012) e la tragedia “An Nuachar – Lo sposo” (Marcelli, 2014).

Tra i numerosi premi letterari vinti, si ricorda il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale “San Domenichino – Città di Massa” 2015 con il romanzo inedito “La sinfonia del vento”.

Rónán Ú. Ó Lorcáin è nato in Irlanda, dove attualmente vive, anche se ha abitato e lavorato per tanti anni qui in Italia, con cui mantiene forti legami affettivi e professionali.

Tecnologo, progettista di talento, assai apprezzato nel suo settore per l’originalità dei tanti progetti da lui firmati, è anche musicista e traduttore. È soprattutto un appassionato linguista che crede nell’importanza dell’irlandese per il bene e il progresso della sua nazione.

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