La Dama – Ghost Ladies vol.2
La Dama in Bianco, sequel indipendente de La Dama in Grigio, è il secondo volume delle Ghost Ladies.
Ritroviamo alcuni dei protagonisti del primo romanzo dedicato alle Dame Fantasma, in una storia autonoma.
Protagonista Lady Amelia, che abbiamo conosciuto fra gli ospiti di Trerice Manor, sorella di Lord Burnett e appassionata cacciatrice di fantasmi.
Anche in questo romanzo gli elementi tipici del romanzo Regency si fondono con quelli della Ghost Story classica, seguendo la scia delle più famose manifestazioni spettrali: dopo le dame grigie, i personaggi in questo romanzo si troveranno alle prese con le dame bianche, fantasmi familiari carichi di misteri.
La dama in Bianco- sinossi
Lady Amelia, reginetta dell’alta società, sogna più di ogni altra cosa di liberarsi del proprio fratello, l’indolente lord Burnett, di potersi dedicare a se stessa e finalmente coronare il proprio sogno d’amore. Ma nulla va secondo i suoi piani e ben presto si troverà a fare i conti con una serie di avvenimenti sempre più oscuri che la condurranno verso un imprevisto matrimonio e soprattutto ad affrontare gli spettri che infestano la sua nuova dimora. Per lei è arrivato il momento di fare i conti con il passato drammatico dell’uomo che ama, ma anche con i propri fantasmi, non solo interiori.
Antefatto
Mentre la carrozza sobbalzava per l’ennesima volta sulla stradina dissestata, Amelia, intirizzita e tremante, sognava una tazza di tè caldo, una poltrona morbida, accostata al camino, e Lord Burnett morto ai suoi piedi.
Immaginava se stessa scavalcare il cadavere con un piccolo balzo, con le scarpette di seta che producevano un lieve tonfo sul tappeto, e raggiungere la teiera fumante.
Poteva quasi sentire il suono delicato del liquido che cadeva nella bella tazza di porcellana decorata a fiori, aspirarne l’aroma un poco pungente. Con la coda dell’occhio, poteva vedere il cadavere a terra. Libera, finalmente.
Lord Burnett, che invece era vivo e vegeto, e sedeva nella carrozza di fronte a lei, emise un disgustoso grugnito. Dormiva della grossa da almeno un’ora, cullato dal dondolio del mezzo, e russava rumorosamente da quasi altrettanto tempo.
Ogni tanto i movimenti dell’abitacolo lo facevano cozzare contro l’altro uomo in viaggio con loro, a sua volta addormentato. I due borbottavano qualcosa e riprendevano sonno.

Amelia immaginò di estrarre le mani guantate dal manicotto di pelliccia e di stringerle intorno al collo del fratello, Lord Burnett appunto, e di strozzarlo, stropicciando il colletto inamidato e la cravatta immacolata.
Sì, lo avrebbe volentieri strozzato. E avrebbe strozzato anche Declan O’Donnell, immancabile compagno di viaggio, che per una volta avrebbe potuto restarsene dov’era, invece di partire con loro in quella precipitosa fuga dalla Cornovaglia, attaccato a William come una cozza allo scoglio.
Amelia distolse lo sguardo dai due, avvolti nella penombra della carrozza, per rivolgerlo verso il triste panorama che correva fuori dal finestrino.
Grigio su grigio, la campagna stava sprofondando nella precoce notte invernale. Una tetra teoria di alberi spogli, di campi a tratti innevati si perdeva nella bruma e nel gelo del tramonto.
Il freddo del vetro la costrinse a scostare il capo, che il cappellino da viaggio non proteggeva a dovere.
La loro meta non era lontana e Lord Burnett aveva decretato che non avrebbero fatto soste, desideroso di chiudere il più presto possibile con quella incresciosa vicenda da cui si stavano allontanando precipitosamente.
Anche quella decisione era per Amelia motivo di disappunto. Mancava davvero poco a Natale, quel Natale che secondo i suoi piani avrebbero dovuto trascorrere a Trerice Manor, il suggestivo maniero che ora stavano lasciando in fretta e furia. Se si fossero diretti a Londra, anche all’ultimo momento sarebbe riuscita a trovare un modo per trascorrere le feste in modo adeguato. Invece William aveva deciso per tutti, in un modo piuttosto autoritario che non gli si confaceva neppure, che si sarebbero fermati nella detestabile casa di caccia, nel Devonshire, fino a sua diversa disposizione.
Amelia sapeva che la decisione era del tutto logica, visto che la dimora era situata lungo la strada ed era molto meno distante di Londra. Quella sosta avrebbe risparmiato loro spiegazioni agli amici sul repentino allontanamento da Trerice, cosa che William non era ancora pronto a giustificare.
La giovane dama rabbrividì nel mantello di pelliccia, sentiva il freddo salire dal sedile, nonostante la carrozza fosse ben foderata; le lunghe ore di viaggio cominciavano a pesare gravemente sul suo umore e sulla sua temperatura.

Le pareva che quel viaggio non finisse mai.
La luna era sorta, rischiarando coi suoi pallidi raggi un sottile strato di neve che ricopriva la campagna. Fu quella l’illuminazione che li accolse nel cortile di Hillford, quando finalmente la carrozza si arrestò davanti alla dimora dove erano diretti.
Amelia si mosse a fatica, certa che non vi fosse alcun muscolo che in quel momento non le facesse male.
William si svegliò. Tutto il cattivo umore che aveva accompagnato le precedenti, infinite ore di viaggio era passato: sembrava che, lontano dalla causa di tanto malumore, Lord Burnett fosse tornato il pacioso gentiluomo di sempre.

Il lacchè preparò loro la discesa dal veicolo, mentre nella casa si accendevano alcuni lumi.
L’aria era gelida e, quando la giovane dama posò lo stivaletto sulla ghiaia del cortile, avvertì il suono tipico del suolo ghiacciato. Alzò gli occhi verso il piccolo maniero, che sotto la luna assumeva un’aria spettrale.
Se almeno la casa fosse stata infestata sarebbe già stato qualcosa, pensò desolata. Invece, era solo vecchia e scomoda.
La villa, in pietra e mattoni, presentava sulla facciata ampie vetrate che davano sul cortile. Gli altri lati si affacciavano su un labirinto di giardini e orti recintati, in cui lei non aveva mai amato particolarmente passeggiare. Troppo stretti, soffocanti, per i suoi gusti: avrebbe volentieri abbattuto tutti quei muretti in sasso, ricoperti di rampicanti, per farne un unico grande giardino all’italiana. Ma William, sempre restio ai cambiamenti, si era opposto. In fondo, in quella casa lei andava così di rado. E anche Lord Burnett, per la verità, perché difficilmente abbandonava le sue routine e da queste aveva tolto da tempo le battute di caccia nel Devon, privilegiando località più vicine a Londra e l’ospitalità di amici.
Hillford, quindi, aveva tutto l’aspetto di una dimora abbandonata, anche se la servitù aveva l’ordine di mantenerla in condizioni accettabili. Era la tipica casa senza anima, con quell’aria un po’ triste dei luoghi non amati dai loro padroni.
Amelia ebbe un attimo di sconforto, al pensiero che con ogni probabilità avrebbero trascorso fra quelle tetre mura il Natale, lei che era abituata ad abeti alti fino al soffitto, tavole imbandite di ogni leccornia, alla musica, ai giochi, alle risate delle feste londinesi. Avrebbe trascorso il Natale con la sola compagnia di suo fratello, che in quel momento considerava il suo peggior nemico, e quel pedante irlandese che si trovava sempre fra i piedi.
Evitò di voltarsi a guardarli, temendo che questa volta l’oscurità non fosse sufficiente a mascherare il suo stato d’animo. Li sentiva commentare, bontà loro, che il viaggio era stato gradevole, più rapido del previsto, perché la neve non li aveva costretti a trascorrere nemmeno una notte in una locanda. Un solo giorno ed erano già arrivati.
Amelia, quasi zoppicando e raddrizzando con uno sforzo la schiena anchilosata, mosse qualche passo verso la scalinata, da cui, proprio in quel mentre, stava scendendo una signora avvolta in uno scialle immenso, da cui spuntava solo la mano che reggeva un lume.
Il vento tagliente le portò in una raffica le parole che la donna borbottava nel raggiungerli. Qualcosa che poteva suonare come “Ossignoreiddio è proprio il padrone”.
Amelia sospirò, immaginandosi già che quella notte avrebbero dovuto dormire su materassi umidi e freddi, in stanze simili a ghiacciaie.
Niente sarebbe andato bene.
Niente stava andando bene.
Come accidenti si chiamava la governante? Non se lo ricordava mai.
«Mrs. Wilson!» esclamò, così felice di esserselo rammentato da sembrare contenta di vedere la donna.
Mrs. Wilson, che ormai l’aveva raggiunta, si inchinò meravigliata. «Lady Amelia… Lord Burnett… noi davvero non avevamo idea…»
«Certo che non potevate averla!» esclamò contrariato Lord Burnett. Amelia sapeva che quel tono era dovuto al motivo che li aveva condotti lì e non era certo rivolto alla povera signora, perciò sorrise conciliante.
«Ci adatteremo, non preoccupatevi. Però vi prego, fateci portare un tè e qualcosa da mangiare, anche in cucina, se è la sola stanza riscaldata!»
Il tono supplichevole, e forse le labbra livide di Amelia furono convincenti, perché senza ulteriori indugi i tre viaggiatori furono accompagnati in casa, ma non vi fu bisogno di condurli in cucina, visto che le stanze venivano riscaldate a rotazione e in quel momento uno dei salotti al piano terra era ancora intiepidito dalle braci.

Fu sufficiente rintuzzare le fiamme e in poco tempo un gradevole tepore invase il locale, abbastanza da permettere ad Amelia di togliersi finalmente dalle spalle quella pelliccia che ormai quasi odiava.
Lord Burnett si era trincerato dietro l’ennesimo silenzio, mentre Declan girovagava per la stanza apprezzando o commentando tutto quello che vi si trovava.
Non che fosse arredata con chissà che gusto, nessuno si era preso la briga di rinnovare i mobili da tempo immemorabile e, se non fosse stato per la grande vetrata che ne occupava un’intera parete, coperta ora da un pesante tendaggio di broccato, l’aspetto sarebbe stato piuttosto squallido.
Quanto tempo le sarebbe toccato restare lì? E con quella trista compagnia, poi…
Quando Mrs. Wilson ebbe timorosamente portato un grande vassoio con tè, carne fredda e formaggi, Amelia occupò le mani nel servire la tanto desiderata bevanda.
Doveva riprendere il controllo di sé, della situazione, ma cercare un dialogo con William le era ancora impossibile, per il momento.
Perciò, al contrario del suo solito, gli porse la tazza senza una parola, né si sforzò di più con Declan. Aveva chiesto alla governante di far preparare le camere, di scaldarle in qualche modo, e aveva fatto capire alla donna che per il momento non erano in grado di dirle quanto sarebbe durata la loro permanenza.
Quello era il massimo che poteva fare, ormai i nervi stavano cedendo e aveva bisogno di riposo per far fronte al futuro.
Lei, Lady Amelia Lewis, nota nell’alta società per essere imperturbabile! Non aveva mai permesso a nessuno, in tutta la sua vita, di vederla perdere le staffe, né letteralmente né in senso figurato, e ora rischiava di crollare come una ragazzetta isterica.
Prese posto sul freddo divano, da cui aspirò una disgustosa zaffata di umidità, e finalmente accostò le labbra alla tazza. Il sottile bordo di porcellana era piacevole al tatto e le regalò la prima sensazione positiva della giornata. La seconda, le arrivò dal benefico calore del tè, appena schiarito da una goccia di latte.
Fece appello a tutto il suo autocontrollo, determinata a non lasciarsi vincere dalle emozioni negative e dalla stanchezza.
«Ebbene, William, che progetti hai per noi?» domandò col tono più leggero che le riuscì. «Credo sia il momento di pensarci».
Nessuno poteva immaginare quanto le costasse mantenersi così tranquilla, e quanto le costasse ancora non reagire male di fronte all’atteggiamento del fratello, che ora si stiracchiava pigramente davanti alle fiamme, come un enorme gatto felice.
«Ci ho riflettuto parecchio» disse, lui col tono di un oracolo infallibile. E infallibile lo era, perché sapeva benissimo che gli altri avrebbero agito secondo le sue decisioni.
Aveva fatto di lui un bambino capriccioso, considerò amaramente Amelia.
«Vorrei trascorrere qui le feste e tornare con calma in città per la Stagione».
La giovane donna si sentì mancare il terreno sotto ai piedi. Restare bloccata in quella casa odiosa per mesi era più di quanto potesse sopportare. Fino a quel giorno, in un modo o nell’altro era sempre riuscita a convincere Lord Burnett ad assecondare i suoi desideri. Era stata, per lui, il deus ex machina, l’artefice della sua fortuna politica e sociale, ma gli ultimi fatti avevano ribaltato tutto, il suo ascendente su di lui in prima battuta.
Le sarebbe occorso tempo per tornare nelle sue grazie, perciò sarebbe stato impossibile opporsi a quei disastrosi progetti di permanenza.
«Come vuoi» sospirò, abbassando gli occhi sul tè che ondeggiava nella tazza, unico segno visibile del lieve tremore che l’aveva scossa per un attimo.
«Sarà un bellissimo Natale» commentò Declan che, dopo aver posato la tazza vuota, aveva preso a battere le mani e a strofinarle, ancora intirizzito. Amelia gli rivolse un’occhiata scettica, mitigata dalla forte determinazione a non far trapelare i propri pensieri.
«Sarà una bella sfida per le mie capacità. Ma le sfide mi entusiasmano» mentì. No, non del tutto, ammise: le sfide erano davvero il suo pane quotidiano. Sarebbe riuscita a superare quel momento e ne avrebbe ricavato qualcosa di buono.
Lo promise a se stessa. Aveva fallito nell’intento di trovare una moglie per William, ma era stato solo il primo tentativo.
La giovane donna fu pervasa dalla famigliare sensazione di poter riprendere il controllo.
Sì. Nessuno sforzo sarebbe stato risparmiato: si sarebbe liberata di lui.