Il tè e le spezie in epoca Regency – dalle Colonie con furore!
Il tè e le spezie in epoca Regency sono spesso abbinati: rappresentano uno status sociale e in Inghilterra… fanno furore!
Le colonie inglesi: il palcoscenico del desiderio speziato
Durante l’epoca Regency, quell’intervallo mirabilmente incastonato fra il 1811 e il 1820, la Gran Bretagna viveva il suo apogeo colonialista e commerciale. Le colonie non erano semplici avamposti, ma veri e propri scrigni di prelibatezze: dall’India arrivavano il pepe, il cardamomo, la cannella; dai Caraibi il prezioso zucchero, e dalle misteriose “isole delle spezie”, noce moscata e chiodi di garofano, che rendevano ogni pudding degno di Gatsby… prima che Gatsby esistesse.
Gli inglesi, che già in epoca elisabettiana si erano avventurati ai quattro angoli del globo fra tempeste e nostalgia, nell’età Regency posero Londra al centro di una danza vorticosa di navi, carichi e aromatici mercati. Il commercio delle spezie era, per i sudditi di Sua Maestà, il modo più elegante per dimenticare il grigiore meteorologico nazionale: un pizzico di cannella nella colazione, una spolverata di noce moscata sui dolci mattutini, e ci si illudeva di essere sotto le palme delle Indie.
Il ruolo delle spezie in epoca Regency: status sociale e gusto
Le spezie in epoca Regency non ebbero soltanto il ruolo di squisitezza alimentare, ma divennero anche simbolo di status.
Giorgio IV, mai pago delle delizie e delle novità, soprattutto alimentari, le utilizzava “smoderatamente”, ricevendo la perenne disapprovazione del suo chef. Le tavole della nobiltà erano ricche di aromi e profumi, mentre i meno abbienti si accontentavano di una sciapa minestra: spesso era quella che sobbolliva in continuazione sulle ceneri del focolare, alla quale di volta in volta si aggiunge quello che si raffazzonava in giro, una verdura, un po’ di grasso, un pezzetto di carne. Insomma, un blob che doveva essere più nutriente che appetitoso, ma che spesso non era né uno né l’altro. E pure il tè dei più poveri nei casi peggiori era di seconda mano.
Il ceto elevato ostentava non solo tè e ananas – sì, persino l’ananas divenne emblema di opulenza colonialista! – ma anche curry, salse e piatti provenienti da lontano, talvolta con scarsissima comprensione del loro sapore.
L’alimentazione nelle città in epoca Regency (e anche prima!) costituiva una vera sfida di conservazione, soprattutto nei periodi invernali.
Le verdure, la frutta e gran parte del pesce arrivavano dalle campagne e da altre località – la carne veniva dai macelli siti in città – e i loro viaggi potevano essere anche piuttosto lunghi: ottenere materie prime fresche non era facile. Se è vero che la prima scelta andava sempre a chi poteva pagare, non era affatto sicuro che sulla tavola arrivasse cibo fresco.
Come fare per non sfigurare in banchetti, pranzi cene dell’alta società? La risposta veniva dalle spezie, che potevano mascherare aromi meno gradevoli coprendo il sapore e l’odore.
Leggi per approfondire: Storia di un ananas e di come diventò sovrano delle tavole inglesi
Le spezie in epoca Regency – conservanti
Le spezie avevano anche un’altro importante ruolo nella cucina inglese storica: funzionano come conservante alimentare, creando un clima sfavorevole ai batteri.
In un’epoca in cui la refrigerazione non funzionava benissimo, in cui non esisteva la catena del freddo e le contaminazioni alimentari erano all’ordine del giorno, i metodi di conservazione degli alimenti dovevano trovare strade praticabili e alternative rispetto a quelle di oggi. Modificare il pH, togliere acqua, aumentare la concentrazione di sostante disinfettanti erano i sistemi più utilizzati. Ma oltre a salature, salamoie, sott’aceti ed essicazioni, l’arrivo delle spezie fornisce una nuova possibilità.
Anche oggi nei salumi troviamo pepe o, in Italia, peperoncino: non si tratta solo di insaporitori, ma di aggiunte che forniscono veri e propri antibatterici naturali, aumentando la salubrità del prodotto.
Nelle Indie, l’utilizzo delle spezie era ed è abbondante, nella preparazione dei piatti, in quanto coadiuvano non soltanto il gusto, ma la conservazione dei cibi, a maggior rischio a causa di temperature, umidità e problemi di stoccaggio.
Per approfondire: Le preparazioni alimentari in epoca Regency
Il commercio delle spezie in epoca Regency come motore editoriale e sociale
Se è vero, come sosteneva Wilde, che “posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”, le spezie ne erano una incarnazione. La British East India Company agiva come fitta rete, portando spezie, sogni e illusioni a coloro che desideravano sfuggire alle nebbie britanniche. Il quartiere londinese di Mincing Lane divenne l’ombelico del mondo, il mercato delle spezie e, ahimè, anche dell’oppio. Benché le spezie non costituissero la quota principale delle importazioni (il cotone e lo zucchero dominavano il bilancio), il loro fascino era tale che persino i meno sensibili sognavano di possedere una dispensa profumata.

Un’epoca Regency… profumata di pioggia e ambizione
Quando si parla di Regency, non si può non evocare la malinconia delle piogge londinesi e la gioia delle spezie nelle tazze del pomeriggio -quanto sarebbe stato diverso “Orgoglio e pregiudizio” senza quella bevanda aromatica, e quanto la presenza delle spezie ha creato per gli appassionati di Storia inglese un vero e proprio immaginario, intriso di nostalgia e di immagini evocative?
Il commercio delle spezie legò indissolubilmente le abitudini inglesi al destino delle colonie, tessendo un racconto globale che ancora oggi profuma di avventura.
Ma la realtà è assai meno romantica di quanto immaginiamo: il viaggio di spezie e tè era strettamente legato a storie di battaglie per la supremazia navale e coloniale, a storie di soprusi, di rivolte spente in bagni di sangue, a diplomazia condita da inganni, intrighi e ingiustizie.
L’ambizione degli inglesi era pari a quella di altre potenze, come l’Olanda, la Spagna e il Portogallo, impegnati in strenue e continue lotte per la supremazia e la conquista di nuovi mercati.
Le spezie più amate e ricercate dagli inglesi, soprattutto nell’epoca Regency, formavano una parata di aromi degni di un ricevimento nella residenza di Pemberley. Un fasto di profumi, di sapori e di ambizioni coloniali che avrebbe fatto gioire anche il più severo dei maggiordomi.
Ma questi profumi, all’insaputa, o quasi, dei commensali, erano stati conquistati col sangue.
Leggi anche: La conservazione degli alimenti in epoca vittoriana
Le spezie predilette fra nobili e borghesi
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Pepe nero: il vero re della tavola inglese, utilizzato per insaporire carni, zuppe e salse, nonché protagonista della celebre “Cumberland sausage”.
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Noce moscata e macis: amate nei dolci, nei budini e persino nei piatti salati, segno di ricchezza e viaggio.
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Chiodi di garofano: indispensabili per le gelatine, le conserve di carne e le preparazioni festive.
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Zenzero: utilizzato nelle famose “gingerbread” e nei dolci natalizi, per dare forza allo spirito e calore alle giornate piovose.
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Cannella: regina nei dolci mattutini e nel tè pomeridiano, cara agli animi gentili e un po’ sognatori.
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Semi di cumino: particolarmente diffusi nei dolci e nei piatti esotici, portavano una nota di Oriente sulle tavole di campagna.
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Cayenna: quel tocco di piccantezza che si celava, con discrezione, nella cucina più ardita e moderna.
Persino i budini e i gelati, vezzeggiati dalle signore in abiti vaporosi, non sfuggivano all’incanto della noce moscata e della cannella, riscaldando i pomeriggi uggiosi come un commento pungente di Jane Austen.
Durante l’epoca Regency, c’erano spezie così preziose che venivano custodite con incredibile zelo. Non era solo questione di gusto, ma di vera e propria ostentazione sociale: possedere certi aromi significava sfoggiare il proprio status, a causa del costo elevato di questi prodotti.
La gerarchia delle spezie pregiate
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Pepe nero: soprannominato “oro nero”, il pepe era usato come valuta e regalo, il vero tesoro coloniale. Un chilo di pepe poteva costare quanto un cavallo.
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Cannella: tanto eterea quanto costosa, riservata ai banchetti dei più ricchi e alle ricette delle grandi occasioni.
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Chiodi di garofano: la loro fragranza era considerata il segno distintivo dell’aristocrazia, più rari del buon senso in un salotto mondano.
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Noce moscata: ambita per budini e zuppe, la variante delle Molucche era particolarmente esclusiva nella dispensa nobiliare.
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Zenzero: meno costoso, ma sempre presente nell’empireo delle spezie raffinate.
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Zafferano: il vero principe, più caro dell’oro e riservato ai dignitari e ai cuochi d’alta scuola, capace di tingere di giallo anche la giornata più uggiosa.
La cannella e il pepe: privilegio regale
Solo i re e i grandi dignitari potevano permettersi, con disinvoltura, cannella e pepe bianco in abbondanza. Il povero borghese doveva accontentarsi di uno spolvero di cumino o, se fortunato, di una lacrima di zenzero.
Così, le spezie in epoca Regency si distinguevano non solo per il profumo, ma per il valore: in polvere o intere, vestivano di prestigio chiunque avesse l’audacia (o il patrimonio) per acquistarle. Come avrebbe detto Wilde, “C’è solo una cosa al mondo che è peggio del non possedere spezie preziose: possederle e non ostentarle”.
Tè e spezie in epoca Regency: un abbraccio esotico
Il tè giunse in Inghilterra nel Seicento, ma fu durante il periodo Regency che divenne simbolo di status e rito della conversazione sociale. Era spesso impreziosito da spezie come cannella, chiodi di garofano, zenzero, scorza di limone e persino una punta di pepe, per aumentarne l’aroma e il prestigio. Le miscele diventavano, così, piccole sinfonie coloniali, servite con grazia da mani bianche come la porcellana che le conteneva.
Il tea time come palcoscenico mondano
Non mancavano mai occasioni per degustare tè speziato: durante le serate, dopo cena, nei salotti delle dame alla ricerca di marito o in occasione dei balli migliori, il tè era sempre accompagnato da fragranti biscotti alle spezie e torte arricchite con noce moscata, zenzero e cannella. Era merce tanto preziosa che veniva custodita sotto chiave, spesso in teiere decorate che facevano sospirare non meno di una dichiarazione d’amore.
Per approfondire: Tea caddy – le scatole da tè nell’800
Dall’aroma al prestigio: un simbolo Regency
Ospitare un tea party con le migliori miscele di tè e spezie era segno di appartenenza all’élite, e nulla faceva più colpo su un’ospite di un infuso profumato, servito con ironia degna della Austen e la grazia della più raffinata padrona di casa. Il tè, insomma, era più di un semplice infuso: era la porta su un mondo di aromi e sogni coloniali, da sorseggiare mentre il vento batteva alle finestre e la conversazione scorreva brillante fra arguzie e commenti sul tempo.
Come scrisse Jane Austen: “Vi sono poche cose più deliziose di una tazza di tè ben speziata dopo una giornata di pioggia… o dopo una giornata qualunque nel Sussex.”
Il tè speziato in epoca Regency si preparava con un certo rigore, tra gesti aggraziati e spezie scelte con cura quasi predestinata, come se ogni chicco fosse selezionato dal destino stesso. La padrona di casa, sovrana indiscussa del salotto, custodiva la sua tea caddy sotto chiave, tra legni pregiati e occhiate sospettose rivolte alla servitù troppo curiosa.

Ingredienti e rituali regency
Per un tè davvero speziato secondo la moda Regency, si utilizzavano:
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Tè nero – preferibilmente sfuso, importato dall’India o dalla Cina.
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Cannella, zenzero, chiodi di garofano, scorza di limone e pepe – le spezie più ambite.
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Zucchero (spesso grezzo o semolato).
Le spezie venivano dosate discretamente, pestate e talvolta tostate per estrarre il profumo.
La preparazione delle spezie, come quella delle fave di cacao per la cioccolata, avveniva nelle cucine, mentre il tè dominava il salotto: solo la padrona di casa aveva accesso alle preziose foglie.
Procedura Regency
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Portare l’acqua a bollore e versarla nella teiera per scaldarla; eliminare poi l’acqua di risciacquo.
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Mettere nella teiera il tè nero e le spezie secondo il gusto: un pizzico di cannella, qualche fettina di zenzero e uno o due chiodi di garofano, magari una scorza di limone e un grano di pepe per chi osasse sfidare la tradizione.
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Versare acqua bollente sulle foglie e sulle spezie; lasciar in infusione cinque-otto minuti, per permettere alle spezie di aromatizzare la bevanda.
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Filtrare il tutto con un colino, servendo con zucchero a piacere e il fondamentale goccio di latte.
Tutte le tazze venivano preparate dalla padrona e consegnate da lei ai vari ospiti.
Alcune fonti: