La religiosità in epoca vittoriana – La religiosità al femminile

La religiosità in epoca vittoriana – La religiosità al femminile

La religiosità in epoca vittoriana è parte integrante della vita quotidiana. Non solo nella vecchia Inghilterra, ma in generale l’Europa (e non da meno gli Stati Uniti) si scontrano con una nuova visuale del mondo, dell’Uomo, della realtà.

L’epoca georgiana è stata quella dei Lumi: l’Illuminismo ha fatto vacillare tutte le certezze radicate da secoli e ha cambiato molte prospettive. Ha generato una nuova visuale dell’uomo e della società, portando l’Europa là dove nessuno si era mai aspettato: di fronte alla Rivoluzione francese, che in nome dei nuovi ideali di libertà, uguaglianza e fraternità ha fatto barcollare istituzioni considerate intoccabili e immutabili.

la clique
Past and Present, No. 1 1858 Augustus Leopold Egg 1816-1863 Presented by Sir Alec and Lady Martin in memory of their daughter Nora 1918 http://www.tate.org.uk/art/work/N03278. Il quadro fa parte di un trittico che racconta le vicende drammatiche di una giovane moglie adultera.

La religiosità in epoca vittoriana: da dove nasce?

L’illuminismo ha portato una nuova moralità, ha messo in discussione i principi morali portati avanti nel cristianesimo, a vantaggio di una nuova visuale in cui a giudice dell’uomo non è più un Ente superiore, ma una Morale Universale.

In maniera molto semplicizzata, questo è il panorama che accoglie il secolo Diciannovesimo, nel quale collideranno altri elementi capaci di portare drastici cambiamenti: la rivoluzione industriale, la nuova tecnologia, la nuova Scienza, la nuova medicina.

Tutto poteva portare, e in effetti lo ha fatto, a una grave crisi della religiosità e della visuale dell’uomo.

Leggi anche: La donna nell’800; la società, la cultura e le aspettative

abito da sposa 1800

Il romanticismo e la religiosità in epoca vittoriana

Il romanticismo è l’espressione centrale di tale crisi, è il grido supremo dell’uomo che afferma l’importanza della propria interiorità.

In Inghilterra, in seguito al Movimento di Oxford, un movimento di riforma della chiesa anglicana che per un certo tempo dividerà in maniera drastica i pastori e gli ecclesiastici inglesi, si riscontra un forte rinnovamento e una spinta verso una nuova religiosità, più coinvolgente, più vera e profonda.

La salvezza diventa centro e cuore della vita.

Scriveva Newman, iniziatore del movimento di Oxford:

La religione consiste non nella conoscenza, ma nei sentimenti o nei sentimenti. La vecchia nozione cattolica, che persiste ancora nella Chiesa istituita , era che la fede fosse un atto intellettuale, la sua verità oggettiva e la sua conoscenza ottenibile. . .

È diventato di moda dire che la fede non è un’accettazione della dottrina rivelata, non  è un atto dell’intelletto, ma un sentimento , una nozione, un affetto, un’appetenza…

Le posizioni prese dal movimento di Oxford aprirono, in modo sensibile, la via alla ricerca di una fede più matura da parte di tutti, soprattutto di fronte a quelle che erano le tante incertezze del tempo: epidemie, guerre, industrializzazione.

La religiosità in epoca vittoriana è parte integrante della vita quotidiana. Non solo nella vecchia Inghilterra, ma in generale l’Europa (e non da meno gli Stati Uniti) si scontrano con una nuova visuale del mondo, dell’Uomo, della realtà.
Il risveglio della coscienza di W. H. Hunt

La donna vittoriana e la religiosità

Puntiamo il nostro obiettivo sulla donna vittoriana: la creatura angelica che viene galantemente relegata al ruolo di moglie, madre, padrona di casa, quando non è costretta per necessità a lavorare. Il modello, abbiamo visto altre volte, è quello saldissimo della Regina Vittoria, che come capo della chiesa, come sovrana e come donna si attiene con rigore a un modello di femminilità altamente tradizionalista: lei è moglie e madre, propone alle donne una femminilità altrettanto tradizionale e subordinata all’uomo, benché lei come regina – ma come istituzione – non debba essere del tutto sottomessa.

La religiosità in epoca vittoriana e la femminilità

Il modello proposto è quello di una donna angelo, non per avere funzione salvifica come novella Beatrice, ma per essere a sua volta modello di morigeratezza.

L’Inghilterra vittoriana viene talvolta definita bigotta, ossia legata a una religiosità che di forma e di fatto propone più regole che valori. Bigotto è chi osserva le pratiche del culto senza afferrarne l’intima essenza religiosa: nella morale vittoriana si ravvisa facilmente l’aderenza a questa religiosità di facciata, soprattutto quando si tratta di donne.

La religiosità in epoca vittoriana è parte integrante della vita quotidiana. Non solo nella vecchia Inghilterra, ma in generale l’Europa (e non da meno gli Stati Uniti) si scontrano con una nuova visuale del mondo, dell’Uomo, della realtà.

La donna vittoriana vive e muore in base alla propria reputazione.

La reputazione si può definire come la capacità di attenersi alle regole sociali senza sgarrare: si tratta di creare un’immagine pubblica priva di macchia e irreprensibile.

Che piaccia o no, la relativa libertà del primo Ottocento, in periodo vittoriano viene spazzata via da regole sempre più rigide, da una nuova forma quasi ritualistica che domina la vita sociale e famigliare. Le donne si trovano ingabbiate – anche fisicamente, grazie alla moda – in ruoli subalterni, subordinati, statici.

In questo periodo, in cui la ricerca spirituale si fa talvolta frenetica, nascono nuovi movimenti religiosi, in particolare negli Stati Uniti, ma non solo: l’uomo e la donna nell’800 sono creature in ascesa, morale e spirituale, quando non sono troppo impegnate a fare di nascosto ciò che è loro vietato.

5 curiosità sulla sessualità vittoriana

La religiosità in epoca vittoriana – realtà e apparenza

Questo è il dualismo tipico dei vittoriani, incarnato dalla stessa regina, la quale in privato non è certo esente da passioni e da desideri.

Le donne sono, per molti versi, vittime di questa doppia faccia: devono essere caste spose, ma accettare che i mariti indulgano ai piaceri della carne con altre, anche “professioniste”; vengono spesso tenute nell’ignoranza facendo credere loro che si tratti di una forma di rispetto.

L’uomo fedifrago è semplicemente “un uomo”; la donna che tradisce è una donna caduta: ha contro non solo la morale comune, ma pesino la legge, che la priva di tanti, troppi diritti all’interno del matrimonio.

In una situazione simile, non c’è da stupirsi che siano nati i movimenti femministi, che hanno cercato di rendere alle donne il valore loro sottratto.

La religiosità femminile vittoriana: non solo vittime

Ma il quadro della religiosità vittoriana è molto più ampio, come si può leggere in Women, Gender and Religious Cultures in Britain, 1800-1940, di Jacqueline deVries, Sue Morgan: le donne sono vere e proprie protagoniste dei movimenti di rinnovamento spirituale che attraversano il mondo anglosassone e ne sono primarie interpreti.

La Chiesa inglese è strettamente connessa al tessuto sociale: pensiamo a Dickens e a quanti istituti da lui citati hanno legami con la chiesa.

Nelle campagne, i pastori e le loro famiglie mantenevano dall’epoca della Riforma il duplice ruolo di guida spirituale e di ammortizzatore sociale grazie all’azione caritativa; nelle città, in particolare in quelle industriali, questi due ruoli acquistano una nuova importanza e si legano ancora più strettamente. La salvezza delle anime si connette a quella dei corpi; e questo in più di un senso.

catherine booth

Le protagoniste del rinnovamento religioso

Catherine Booth

Catherine Booth, conosciuta come la Madre dell’Esercito della Salvezza, fu una delle donne più straordinarie dell’era vittoriana. Aveva ferme convinzioni su una vasta gamma di questioni, come il lavoro sociale tra i poveri e gli indigenti, l’astinenza dall’alcol, l’età legale del consenso per le ragazze, il vegetarismo e il trattamento umano degli animali. Ha anche affermato che le donne devono avere la piena uguaglianza con gli uomini nel ministero cristiano. Forse meno nota di suo marito, il fondatore dell’Esercito della Salvezza William Booth, fu al suo fianco sempre, fu una predicatrice, convinta suffragista, attiva nelle opere di misericordia. Il lavoro di questa coppia, attiva dapprima nei sobborghi londinesi e poi in azioni sempre più ampie, ha portato alla creazione di un movimento religioso, culturale e benefico secondo solo, oggi, alla chiesa cattolica.

Lydia Sellon

Lydia Sellon

Lydia Sellon fu la fondatrice di un ordine femminile anglicano. La Chiesa d’Inghilterra ha istituito festeggiamenti il 20 novembre per celebrare la sua opera.

Nel 1848, il vescovo di Exeter Henry Phillpotts lanciò un appello sul settimanale anglicano “The Guardian”, chiedendo aiuto per i poveri di Devonport. La popolazione era cresciuta rapidamente e nella città mancavano chiese e istituzioni per gestire e aiutare la popolazione in difficoltà. Lydia Sellon contattò Edward Bouverie Pusey, che proprio in quel periodo stava lavorando alla fondazione di nuovi ordini religiosi e in particolare femminili: all’attivo c’era la Park Village Sisterhood, una piccola congregazione situata a Londra. Lydia fu subito molto attiva e iniziò a lavorare per la chiesa locale, creando rapidamente altre nuove istituzioni, fra cui una scuola industriale per ragazze, un orfanotrofio per i bambini dei marinai, una scuola per gli affamati e una scuola serale per ragazzi.

Angela Burdett-Coutts

Angela Burdett-Coutts

Angela Burdett-Coutts fu una grande filantropa attiva a Londra. Amica e ammiratrice di Charles Dickens, iniseme a lui diede vita a un’opera molto importante per il sostegno delle ragazze madri, reiette e abbandonate dalla società e dalle strutture tradizionali.

Fu la fondatrice del Columbia Road Flower Market, e contribuì alla costruzione di numerose case popolari, scuole, chiese, mense per i poveri, ospedali. Finanziò progetti scientifici, borse di studio e premi per gli studenti più meritevoli. Mandò, durante le grandi carestie in Irlanda, importanti aiuti economici alla popolazione, e lo stesso fece per sostenere missioni a favore delle popolazioni africane. Fu una pioniera in ambiti quali l’ecologia, l’animalismo, l’antirazzismo e i diritti delle donne, e con una intensa opera di lobbying fece approvare una legge per la protezione dell’infanzia (nota come “Children’s Charter”) e una legge contro la crudeltà verso gli animali.

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Elizabeth Gurney Fry

La nuova morale

Elizabeth Gurney Fry

Fondata in Inghilterra nel diciassettesimo secolo da George Fox (1624-1691), la Society of Friends è una setta protestante radicale (pacifista) con radici nel periodo della rivoluzione inglese: il gruppo è più noto col nome di quaccheri.

Il risveglio evangelico che influenza le nuove attività filantropiche degli anglicani si riflette anche sui Quaccheri, a partire da Elizabeth Gurney Fry. Probabiilmente la più famosa quacchera nel periodo vittoriano, in realtà svolse la sua opera filantropica fino all’anno in cui salì al trono Vittoria, il 1831, ma il suo esempio creò molti emulatori. Tra il 1813, quando visitò per la prima volta le donne prigioniere a Newgate e la sua morte nel 1845, Elizabeth Fry guadagnò una celebrità internazionale. Per i vittoriani divenne un’icona della riforma filantropica, soprattutto per le sue attività a favore delle donne prigioniere nelle carceri e sulle navi da trasporto, presso i manicomi, per i senzatettoe per i minori in difficoltà.

La letteratura al femminile, non da meno, contribuisce alla nuova morale e alla denuncia sociale.

Hannah Moore by Henry William Pickersgill, oil on canvas, 1821

Hannah Moore

Hannah More fu stata una scrittrice e filantropa inglese. Nella sua lunga vita riuscì a eccellere come poetessa e drammaturga nella cerchia di Johnson, Reynolds e Garrick, come scrittrice su argomenti morali e religiosi e come filantropa.

Insegnò in una scuola fondata da suo padre, prima di iniziare la carriera di commediografa. Frequentò l’élite letteraria di Londra divenendo uno dei principali membri del Circolo delle Blue Stockings. Le sue opere teatrali e poesie divennero più evangeliche ed entrò a far parte di un gruppo di attivisti contro la schiavitù. Negli anni 1790 scrisse diversi Cheap Repository Tracts su temi morali, religiosi e politici, destinati alla vendita o alla distribuzione presso i poveri alfabetizzati. Ciò coincise con la sua crescente opera filantropica nella zona di Mendip, incoraggiata da William Wilberforce, che prevedeva l’istituzione di scuole locali.

Charlotte Elizabeth Tonna

Charlotte Elizabeth Tonna

Charlotte Elizabeth Tonna fu una scrittrice inglese vittoriana che scrisse sotto lo pseudonimo di Charlotte Elizabeth.

Il suo lavoro era incentrato sulla promozione dei diritti delle donne e sul protestantesimo evangelico.

“Le nostre più grandi benedizioni ci vengono dalla preghiera e dallo studio della parola di Dio”. Scriverà di lei Isabella A. Owen nel 1901: “Era soprattutto una antiromanista, una protestante molto protestante”. Harriet Beecher Stowe scrisse del suo memoriale Ricordi personali (1841): “Non conosciamo alcun pezzo di autobiografia in lingua inglese che possa essere paragonato a questo in ricchezza di sentimento e descrizione e potere di interessante interesse”.

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Elizabeth Gaskell

Elizabeth Gaskell

Nel 1832, dopo il matrimonio con William Gaskell, uomo attivo ed impegnato socialmente oltre che pastore unitariano della cappella di Cross Street, intraprese molte attività culturali, affiancandolo nella cerchia di amicizie assai attiva. Il cambiamento dalla tranquilla Knutsford, paesino di campagna, a Manchester, in fortissima crescita per l’industrializzazione, ebbe un forte impatto sulla salute e sulla visione della vita di Elizabeth Gaskell. Nei primi anni di matrimonio affiancò il marito nel suo lavoro di insegnante alle lezioni serali e domenicali per i bambini degli operai, spesso operai essi stessi. Entrò quindi in contatto sia con il mondo operaio che con l’intellettualità progressista, in particolare col socialismo utopistico. Nelle sue opere troviamo denuncia sociale, attente analisi della società e del suo cambiamento.

Religiosità in epoca vittoriana: fonti:

http://www.victorianweb.org/gender/banerjee.html

https://reviews.history.ac.uk/review/1017

 

 

 

 

 

 

 

 

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