L’abito da sposa nell’Ottocento

abito da sposa 1800

L’abito da sposa nell’Ottocento

L’abito da sposa, in qualunque epoca, è il capo più importante nella vita di una donna.

L’ottocento è tuttavia il secolo chiave per questo capo d’abbigliamento, così come per tante tradizioni legate al giorno delle nozze.

Fino al matrimonio della regina Vittoria, nel 1840, la scelta dell’abito era piuttosto semplice: si usava l’abito migliore del proprio guardaroba se non ci si poteva permettere un abito nuovo.

l'abito da sposa nell'ottocento
Una sposa non abbiente indossa il suo vestito migliore, adornato da pizzi. Se può, compra almeno il velo.
Foto Da www.lahacal.org

In verità, per le donne meno abbienti, la scelta restava obbligata: si indossava il proprio abito più bello e, se si poteva permetterselo, si aggiungevano pizzi e nastri. Il velo, se c’era la possibilità, si indossava, altrimenti, un cappellino (a cui veniva magari aggiunta una veletta) andava bene.

Ma se appena una donna ne aveva i mezzi, l’abito da sposa doveva essere nuovo.

Il vestito, fino all’epoca vittoriana, poteva essere dei colori più vari e diveniva l’abito di punta del guardaroba della signora, utilizzabile e utilizzato nelle occasioni importanti.

 

I colori dell’abito da sposa nell’ottocento.

L’abito bianco compare con una certa frequenza in epoca Regency, ma solo perché le tinte pastello erano molto apprezzate per i loro richiami al mondo classico (il bianco era associato ai marmi e a quelli che si presupponevano i colori di toghe e tuniche).

In realtà, tradizione vuole, tuttora, che le tinte abbiano un loro specifico significato, noto e tenuto in considerazione anche nell’Ottocento.

fidanzamento

Il bianco, da sempre considerato simbolo di purezza, era adatto anche in quei casi in cui la cerimonia avvenisse in periodo di lutto: in epoca Regency il lutto aveva regole più elastiche di quella vittoriana e una giovane, se il matrimonio era già programmato, poteva sposarsi anche in lutto, purché il vestito fosse, per l’appunto, bianco o di altro colore luttuoso, ad esclusione del nero che non era considerato adatto alle nozze.

dalla rete
dalla rete

Gli altri colori

Il rosa, molto usato per gli abiti quotidiani, non era considerato di buon auspicio: secondo la tradizione era foriero di povertà e ristrettezze economiche, forse proprio per il suo abbondante uso nella quotidianità.

l'abito da sposa nell'Ottocento
J. Faed The bride. La sposa indossa un abito rosa.
Da www.artexpertswebsite.com

Il blu è una delle tinte più gettonate: è simbolo della sincerità (non per nulla lo zaffiro blu è una delle pietre degli anelli di fidanzamento). Prima dell’era vittoriana il blu veniva scelto da parecchie spose, anche in vista degli utilizzi successivi come abito da sera. In epoche successive, il blu diventa parte degli accessori. Tradizione vuole che le spose abbiano sempre “qualcosa di blu”, che sia un nastro o un gioiello, fa parte degli immancabili accessori della sposa.

Il verde, che oggi associamo alla speranza, era il colore delle spose timide.

Il giallo, che nei primi dell’Ottocento era fra i colori più amati, nelle sfumature dal pastello allo zafferano, per gli abiti da sposa non era molto indicato, in quanto era un richiamo palese alla gelosia (le rose gialle, lo sanno tutti, hanno questa valenza). Per buona pace della coppia, la sposa è meglio che non lo usi, è una dichiarazione di guerra!

Il rosso, simbolo dell’Amore e della passione, era fra le tinte più amate. D’altra parte, in Oriente ancora oggi le spose vestono di rosso. Anche per questo, galateo vuole che le invitate non portino abiti bianchi, rossi, neri: i primi due colori sono appannaggio della sposa, il terzo è luttuoso e indossarlo è un po’ come dire alla sposa “mi dispiace per te!”.

l'abito da sposa nell'Ottocento
The wedding breakfast, 1862: qui la sposa indossa un abito viola.
Immagine dal web.

Il nero, colore del lutto, con molta parsimonia compare come tinta negli abiti nuziali. Ha un significato preciso: la sposa si pente delle nozze. Viene però utilizzato senza troppe remore dalle spose non giovani.

L’abito da sposa nell’Ottocento e la regina Vittoria

Col matrimonio della regina Vittoria, però, tutti questi colori tramontano.

La giovane sovrana, infatti, modello per tutte, scelse per il suo matrimonio un abito bianco che fece sognare ogni donna inglese… e non solo.

La regina, innamoratissima del marito, rappresentava in tutto la donna che corona ogni sogno, con tutti i migliori auspici di felicità e fedeltà: vestire come lei era partire col piede giusto.

l'abito da sposa nell'ottocento
10th February 1840: Queen Victoria (1819 – 1901) and Prince Albert (1819 – 1861) on their return from the marriage service at St James’s Palace, London. Original Artwork: Engraved by S Reynolds after F Lock. (Photo by Rischgitz/Getty Images)

Dal 1840 in poi, dunque, le tinte vivaci furono abbandonate, fino ad arrivare a identificare il vestito da sposa col bianco, che ancora oggi è il più gettonato dalle spose.

D’altra parte, anche le linee dei vestiti da sposa richiamano spesso quelli vittoriani…

L’abito da sposa nell’Ottocento: le mode e i luoghi

I modelli degli abiti da sposa seguono la moda. Oggi le spose indossano abiti che non potrebbero (quasi) mai riutilizzare in altre occasioni: all’epoca gli abiti seguivano i dettami del momento.

In particolare negli Stati Uniti, la sposa era tenuta a indossare per un anno l’abito nuziale nelle occasioni mondane, e lo stesso vestito veniva utilizzato sia per il matrimonio religiosi sia per la cerimonia civile, in due momenti diversi, con due corpetti diversi.

l'abito da sposa nell'ottocento
Non tutte le spose erano al settimo cielo…
Per i matrimoni del ton un po’ di strascico era d’obbligo: anche il velo doveva di conseguenza essere lungo.

Mentre in epoca Regency fra cappellino e velo non si fa molta differenza, l’epoca vittoriana vede l’affermazione dei eli nei matrimoni importanti. Spesso preziosi, lunghi con pizzi raffinati, i veli a volte costano quanto il vestito. Nelle ex colonie, specie fra i pionieri, le questioni modaiole passano in secondo piano, e a fare la preziosità della sposa è lo scialle, che sarà utile in moltissime occasioni dopo il matrimonio.

I modelli

Le stoffe predilette per gli abiti da sposa nell’ottocento sono la seta, il cotone, pizzo, organza, lana, cachemire.

Nel West prevale la praticità di lana e cotone.

l'abito da sposa nell'ottocento
Un abito da sposa degli anni ’30

Sempre seguendo l’evoluzione della moda vittoriana, anche gli abiti di sposa incontrano negli anni ’50-60 le crinoline, che sostituiscono le numerose sottogonne della moda precedente.

Dalle crinoline, poi, col passare del tempo, il volume si sposta sul retro dell’abito, passando negli anni ’70 a sostituire le gabbie a campana con le crinolette e poi coi bustle, fino ad arrivare a fine secolo col volume di abbondanti volumi di stoffa sempre meno strutturata.

Le spose di Worth

La sposa nell’ottocento desidera con tutta se stessa un abito di Worth.

Di questo sarto, stilista, geniale creativo e imprenditore coraggioso abbiamo già parlato in questo articolo: oggi ricordiamo il suo ruolo primario negli abiti da sposa.

Worth ha vestito donne e spose di tutto il mondo: regine, nobili, ricche ereditiere, mogli degli uomini più importanti del periodo.

Il fidanzamento vittoriano
Abito da sposa di Worth, 1878, esposto al museo dei suoi abiti a Parigi.
Da pinterest.

Laddove non era possibile ottenere un capo firmato da lui, arrivavano i cartamodelli delle sue creazioni, i quali hanno, ancor di più, girato il mondo, imponendo in via definitiva le sue idee e le sue linee nello stile delle donne dell’alta società di innumerevoli nazioni.

La sposa nell’Ottocento: il bouquet e gli accessori

Il bouquet si afferma in epoca vittoriana: prima era frequente trovarlo in mano alle spose come segno di purezza, sull’onda di antiche tradizioni, ma non è obbligatorio.

La regina Vittoria lo aveva e questo particolare attirò l’attenzione, soprattutto per via di una leggenda, che voleva di buon auspicio i rametti di mirto voluti dalla sposa insieme ai fiori.

Se lei aveva avuto un bouquet, tutte le donne volevano un bouquet.

Rigorosamente bianco, era l’ultimo dono dello sposo alla fidanzata prima delle nozze.

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Mary di Teck con un grande bouquet.

Immancabili anche i guanti. Il modello sa sposa aveva una fessura per poter indossare la fede senza dover togliere il guanto (pensate a lunghi e aderenti guanti al gomito, a file di bottoncini da slacciare… meglio pensarci prima!).

La sposa, come ancora oggi vuole la tradizione, porta con sé qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato, qualcosa di regalato, qualcosa di blu: anche questa tradizione arriva, indovinate un po’… dall’epoca vittoriana.

La gioielleria, in questo caso risolve parecchi di queste richieste. Fra i gioielli della sposa, spesso diamanti, possibilmente mai perle, c’è tutto l’agio di inserire un gioiello di famiglia e qualcosa di nuovo, magari regalato dallo sposo.

Nell’acconciatura oltre al velo c’era spazio per fiori freschi, gioielli, nastri.

Oggi abbiamo parecchie testimonianze fotografiche delle spose dell’epoca, sia da sole, sia immortalate accanto ai compassati mariti. Tutto si può dire, tranne che il loro punto di forza fosse la semplicità!

Ma lo sposo? E le damigelle?

Di loro ci occuperemo al prossimo viaggio nel matrimonio vittoriano… oggi la nostra attenzione è tutta per lei, la vera protagonista delle nozze. La bellissima, indimenticabile sposa.

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The village wedding, sir Samuel Luke Fildes,1883

Fonti

A proposito di..

Il fidanzamento vittoriano

Flirtare in epoca vittoriana

Il matrimonio regency 1

Il matrimonio regency 2

 

http://www.lahacal.org/wed.html

http://www.lahacal.org/wedding/wedding.html

http://www.literary-liaisons.com/researchrom.html

http://recollections.biz/blog/wedding-traditions-victorian-era/

http://susannaives.com/wordpress/2015/11/victorian-wedding-etiquette-in-1852/

http://classroom.synonym.com/victorian-era-wedding-traditions-7133.html

http://www.literary-liaisons.com/article003.html

http://www.literary-liaisons.com/article004.html

https://raccontidalpassato.wordpress.com/2015/11/06/dillo-con-un-fiore-in-epoca-vittoriana/

http://fiveminutehistory.com/10-facts-about-the-victorian-tradition-of-white-weddings/

L’abbigliamento maschile Regency

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L’abbigliamento maschile in epoca Regency

Seconda parte

L’abbigliamento maschile in epoca Regency

Continuiamo il nostro viaggio nel tempo per vedere nei particolari l’abbigliamento maschile in epoca Regency.

Quali sono gli accessori che un gentiluomo non può non avere nel guardaroba? Come si prepara per uscire e per apparire in società?

Qui la prima parte dell’articolo.

L’abbigliamento maschile Regency: Il cappello

A differenza del mondo femminile, nel quale i cappelli si moltiplicano per stile, foggia, materiali e utilizzi, il mondo maschile probabilmente si ritenne in epoca Regency più che soddisfatto dai diversi nodi delle cravatte. Una complicazione inutile per volta, per un uomo, è più che sufficiente. Perciò, bando alle ciance: il tricorno passa di moda, ed entra in voga il cappello a cilindro.

L’abbigliamento maschile in epoca Regency
Alcuni modelli di cappello a cilindro.
Dal web.
Il cilindro Regency è molto alto, con una tesa piccola, appena sollevata ai lati.

Poteva essere fatto di vari materiali, dalla lana a vari tipi di pelo. La lana era usata per quelli più economici e rendeva i cappelli poco adatti a essere bagnati (in caso di pioggia si deformavano definitivamente) mentre quelli più pregiati erano in castoro (beaver) che reggevano ottimamente le intemperie. I cappellai, oltre a fabbricare cappelli, spesso dovevano anche ridare forma a quelli che la pioggia rovinava.

Con l’ascesa di Napoleone diventa di moda anche il suo copricapo preferito, il bicorno: erede diretto del settecentesco tricorno, il bicorno diventerà uno dei copricapi più gettonati in ambito militare, tanto da arrivare fino ai giorni nostri. Il vantaggio del bicorno? La stessa del tricorno: se ci piove su, ha i canali di scolo.

L’abbigliamento maschile in epoca Regency
Vari modelli di cappello in voga in epoca Regency
Dal web

Principalmente le fogge dei cappelli Regency sono queste due, interpretate in vario modo: un cilindro poteva essere più alto o più basso, più conico o con l’ala più larga… ma sempre cilindro era.

Il cappello degli ecclesiastici si riconosceva per le forme più bombate e basse.

Come vi pettino, milord?

Le parrucche hanno spopolato nel Settecento: candide, incipriate, infarinate, ma anche dai colori più improbabili come il rosa, avevano la funzione di sopperire a chiome non proprio belle, a causa della scarsa igiene (sotto alla parrucca tenevano gli animali domestici, in pratica) e della diffusione di malattie come la sifilide che non aiutavano la chioma a essere splendente.

Uomini e donne per vari anni sono rimasti sepolti sotto monumentali parrucche, ma in Inghilterra la moda è durata meno che in Francia, anche se nei tribunali bisognerà arrivare ai giorni nostri per far deporre le parrucche ad avvocati e giudici.

A far dire addio alla moda parruccona è un motivo molto pratico: la carenza di farina nel 1795 e una tassa sul talco per parrucche nello stesso periodo.

Anche il codino che vediamo in molti film ambientati nel Settecento e che abbiniamo alle brache al ginocchio tende a essere tagliato.

An Audience While the Wig is Being Powdered. 1799. Gouache, painted by Pehr Nordquist (1771-1805). Nationalmuseum, Sweden. (Inv n:0 NMB 1408)
An Audience While the Wig is Being Powdered. 1799. Gouache, painted by Pehr Nordquist (1771-1805). Nationalmuseum, Sweden. (Inv n:0 NMB 1408)

L’uomo Regency porta i capelli corti, un poco spettinati, come vediamo nelle immagini di Lord Brummell: sempre per ottenere la sua studiata non curanza, gli uomini prendono in prestito i bigodini e i diavolini delle signore.

I tagli maschili corti e con riccioli sul davanti, magari lavorati a cera, prendono origine da Lord Bedford, il primo a mollare la parrucca. Anche gli uomini cominciarono ad avere necessità di cosmetici per capelli. I più famosi furono la Pomade de Nerole e la Pomade de Graffa, antenati della brillantina e del gel.

Spopolano gli stili d’ispirazione classica: il taglio alla Bruto portato da Brummell, quello alla Cesare, alla Tito… i modelli erano questi, a seconda della quantità disponibile di capelli del soggetto.

L’abbigliamento maschile Regency
Dal film Vanity Fair: tre acconciature maschili di moda in periodo Regency
In questo periodo compaiono basettoni e favoriti, che oggi ci fanno orrore e che nell’Ottocento invece erano un segno distintivo, un vero punto d’orgoglio.

Anche se a noi donne moderne fa un po’ orrore, il baffo maschile era molto diffuso, soprattutto fra i militari.

Wickham in Orgoglio e Pregiudizio lo portava e Thackeray ne La fiera delle vanità ne fa spessissimo menzione: gli ufficiali li portavano, a quanto pare, lunghi e appuntiti, persino tinti per farli risaltare maggiormente. Nei giorni di attesa precedenti alla battaglia di Waterloo, quando le sorti erano incerte, un personaggio si taglia i baffi per paura di essere scambiato per un militare e fatto prigioniero.

I nobili, per lo più, portavano il viso rasato: avere un cameriere personale che provvedesse alla rasatura aiutava parecchio questa moda.

Scarpe o stivali?

Lo stivale è un must: per andare a cavallo, per camminale su terreni e strade di campagna fangose o polverose è la calzatura migliore.

Ovviamente in pelle, erano molto simili agli attuali stivali da cavallerizzo. Le calzature di moda in quest’epoca per il giorno erano gli stivali da cavallo, in pelle nera o marrone. Potevano essere i cosiddetti Hessians, cioè gli stivali alti (di derivazione militare) che avevano una parte che poteva essere tirata su a protezione del ginocchio durante la cavalcata e ripiegata per camminare.

maschile regency
Gli stivali di Mr.Knigtley in Emma sono alti e in pelle, da cavallerizzo.

Esistevano anche stivaletti più bassi stringati, come i polacchini moderni, che arrivavano alla caviglia: erano diffusi nelle classi meno elevate.

La scarpa maschile, però rimane la calzatura più elevante e alla moda, adatta alle occasioni mondane e nelle case cittadine.  Per gli uomini, come per le donne, esistono modelli specifici da ballo, con una fibbia elegante. Sono le scarpe che si portano con la ghetta del pantalone a vista, per un look elegante e composto.

Le scarpe stringate fanno la loro comparsa, ma sono modelli meno chic.

Se poi volete portare un vostro personaggio a fare shopping, bisognerà portarlo da Hobby in St. James’s Street: dal principe di Galles a Lord Byron, gli stivali li compravano qui.

Accessori

Gli accessori (accessories) della moda maschile Regency sono, insieme a panciotto e cravatta, ciò che fa dell’uomo un dandy.

Mr. Darcy non gira più con la spada, che in epoca Regency viene appesa al camino (a meno che non si abbia a che fare con un militare!), ma con un bastone da passeggio (walking stick). Una legge, d’altronde, vieta di girare per Londra con la spada.

Man's_tailcoat_1825-1830 maschile regency

Di legni pregiati, con impugnature di ogni genere, dal legno intagliato a metalli preziosi all’osso, il bastone da passeggio compare nelle mani di tutti i gentiluomini e talvolta delle signore.

Il bastone da passeggio può anche nascondere qualche sorpresa, come un piccolo stiletto, oppure trasformarsi in una vera spada: il bastone armato arriva fino ai giorni nostri e ha tuttora un suo florido mercato di appassionati.

Inevitabili, specie per chi gira a cavallo, sono i guanti, in capretto e pelle i più gettonati, corti al polso e pratici.

Il vero gentlemen porta l’orologio da taschino, con una preziosa catena se la può permettere, e porterà il monocolo, così di moda da diventare uno egli elementi delle caricature sui dandy.

Inventato nella prima metà del Settecento, nel diciannovesimo secolo, il monocolo diventa un vero e proprio accessorio di moda, arrivando a essere adottato anche dalle signore, in particolare fino all’introduzione dei binocoli per il teatro. Meno male che questa moda è durata poco.

maschile regency
Nell’illustrazione di Orgoglio e Pregiudizio di Brock, Darcy ha il monocolo.

Un accessorio importante è anche il portafoglio, non solo per i soldi (d’altra parte, come sappiamo, un gentiluomo va a credito, mica paga!) quanto per i biglietti da visita, necessari da lasciare a casa di amici e conoscenti in attesa di incontrarli, in un secondo momento.

Fonti – la moda maschile Regency.

http://bibliotecaromantica.blogspot.it/2009/06/uomini-in-abiti-regency-2.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Beau_Brummell

https://it.wikipedia.org/wiki/Dandismo

http://www.darcyclothing.com/shop/square-cut-cotton-lawn-regency-shirt-sh130.html

http://www.songsmyth.com/menday.html

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https://en.wikipedia.org/wiki/Almack%27s

https://teainateacup.wordpress.com/2012/06/08/my-mr-knightley-making-a-regency-waistcoat/

http://www.susannedietze.com/fashion-for-the-regency-gentleman.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Redingote

https://en.wikipedia.org/wiki/Redingote

http://www.songsmyth.com/menhats.html

https://teainateacup.wordpress.com/2012/08/22/my-mr-knightley-mens-regency-accessories/

https://it.wikipedia.org/wiki/Feluca_(copricapo)

https://it.wikipedia.org/wiki/Cravatta

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Neckclothitania-1818.gif

https://janeaustensworld.wordpress.com/tag/regency-neckcloths/

https://teainateacup.wordpress.com/2012/06/02/my-mr-knightley-tying-a-cravat/

https://it.wikipedia.org/wiki/Monocolo

https://janeaustensworld.wordpress.com/tag/regency-shoes/

https://books.google.it/books?id=9Z6vCGbf66YC&pg=PA323&lpg=PA323&dq=Pomade+de+Nerole+and+Pomade+de+Graffa.&source=bl&ots=YL56xRpbpc&sig=0_DbnLW7wRa7fahf6wga1605C00&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjhjeLH0qTOAhXMaRQKHWlEB7AQ6AEIITAA#v=onepage&q=Pomade%20de%20Nerole%20and%20Pomade%20de%20Graffa.&f=false

https://janeaustensworld.wordpress.com/2012/08/25/mens-hair-styles-at-the-turn-of-the19th-century/

http://www.georgianindex.net/gent/quizzing_glass.html

 

C. F.Worth, il sarto dei sogni

Winterhalter Elisabeth

Worth, la nascita della haute couture

Sissi e l'abito di Worth
L’imperatrice d’Austria Elisabetta nel ritratto più famoso indossa un abito di Worth

Charles Frederick Worth è considerato il primo stilista della storia, intesa come haute couture, ed è il primo couturier, figura professionale che nel ventesimo secolo diventerà sempre più importante.

Charles Frederick Worth
Charles Frederick Worth

Nato nel 1825 a Bourne, una piccola cittadina inglese del Linconshire, da una famiglia della media borghesia, Worth iniziò fin da giovanissimo, nel 1838, la sua carriera, lavorando come commesso in due grandi negozi di tessuti e guarnizioni in Regent Street a Londra: qui, oltre ad acquisire una conoscenza approfondita dei tessuti e business della fornitura alle sarte ebbe il suo tirocinio con la difficile ed esigente clientela, le signore del ton, con cui lavorò a stretto contatto.

Worth negli anni londinesi visitò spesso la National Gallery e altre collezioni di ritratti storici che forniranno negli anni successivi ispirazioni ai disegni dello stilista, in particolare per le collezioni dedicate agli abiti per le feste in maschera, così in voga nell’Ottocento.

Worth a Parigi

Ensemble, Worth e Bobergh, 1862-1865, francese, in seta, Metropolitan Museum of Art Fonte: http://thedreamstress.com/
Ensemble, Worth e Bobergh, 1862-1865, francese, in seta, Metropolitan Museum of Art
Fonte: http://thedreamstress.com/

Nel 1845, all’età di vent’anni, Worth partì con pochi soldi per Parigi e trovò impiego nel negozio Gagelin, che si occupava prodotti tessili, scialli, e alcuni capi di abbigliamento. dove incontrò la moglie Marie Vernet, per la quale realizzò molte delle sue creazioni.

Nel giro di cinque anni divenne il responsabile del reparto sartoria, finché nel 1853, insieme al collega Ernest Walles, non entrò in società con il nuovo proprietario Octave-François Opigez-Gagelin. La società, tuttavia, fu di breve durata: nel 1858 Worth si mise in proprio e, finanziato da un socio di origine svedese, Otto Bobergh, aprì un atelier al n.7 di rue de la Paix, assumendo una ventina di impiegati.

Fu uno dei primi a prevedere il successo della crinolina e ne determinò le evoluzioni riducendone l’ampiezza.

Sempre nel 1858 iniziò per Worth la collaborazione con la casa americana Thomson, ma il suo debutto nella società avvenne in seguito all’acquisto da parte della principessa di Metternich, nipote del grande statista del Congresso di Vienna e moglie dell’ambasciatore austriaco, di due suoi abiti che le furono offerti a prezzi stracciati proprio da Marie Vernet.

Vale la pena e l’Imperatrice Eugenia

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Charles Frederick Worth, abito di sera di Pale Blue taffetà di seta. Parigi, 1860
Fonte: http://thedreamstress.com/

L’ascesa di Worth come couturier coincise dunque con l’istituzione del Secondo Impero in Francia. Il ritorno di una casa reale nel 1852, con Napoleone III (1808-1873), aveva infatti riportato Parigi a essere una capitale imperiale, con tutte le necessità di eleganza, lusso e modernità che una tale posizione richiedeva. Worth, con le sue idee, i suoi disegni, la sua arte era l’uomo giusto al posto giusto e ben presto la nuova nobiltà francese non tardò a riconoscerlo.

In questo vivace clima, nella capitale francese era infatti ripresa la domanda di beni di lusso, tra cui tessuti e vestito alla moda, tornando a livelli che non si vedevano da prima della rivoluzione francese. Quando Napoleone III sposò l’Imperatrice Eugenia (1826-1920), i suoi gusti influenzarono, come era prevedibile, lo stile di corte. Il patrocinio dell’imperatrice assicurava il successo: la sua sarta sarebbe stata la prima di Francia.

A fare da tredunion fra Worth e L’imperatrice fu la principessa di Metternich, che in occasione di un ballo alle Tuileries, sfoggiò un abito del sarto e suscitò l’ammirazione dell’imperatrice, che non tardò a divenire anch’essa affezionata cliente della maison.

Il successo di Worth era arrivato: nel 1864 fu nominato fornitore ufficiale dell’Imperatrice e sarto di corte.

Il successo di Worth

Marie Vernet Worth
Marie Vernet Worth

L’alta borghesia continuò tuttavia a costituire la maggioranza della clientela della maison: Worth seppe conquistare la stima e l’incondizionata fiducia delle dame; riuscì ad imporre, per la prima volta nella storia, le proprie idee alle clienti e determinò così la nascita dell’Haute-Couture.

Con Worth il couturier cominciò a essere considerato un artista. Fu lui il primo a decidere di far sfilare i modelli in anticipo rispetto alla stagione, ad apporre etichette con la sua griffe all’interno dell’abito, a utilizzare le indossatrici per presentare le sue creazioni, a fornire i cartamodelli delle sue creazioni sul mercato, evitando così qualsiasi imitazione e a proporre regolarmente nuove fogge cambiando in continuazione tessuti, guarnizioni e modelli. Con lui la moda è entrata nell’età moderna, diventando allo stesso tempo impresa creativa e spettacolo pubblicitario.

La fama dei suoi abiti era tale che i clienti arrivavano persino dall’America, ricchi mecenati che arrivavano ad acquistare interi guardaroba. Le creazioni di Worth erano altrettanto ricercate in tutta Europa.

La temporanea chiusura

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Abito da giorno, Worth & Bobergh, 1869, faille di seta, Gallerie
Fonte: http://thedreamstress.com/

A causa della guerra franco prussiana, nel 1870, molte case di moda furono costrette a chiudere: fra queste anche quella di Worth, la cui sede fu utilizzata come ospedale. Riaprì verso la fine del 1872. In quell’anno, però, altre case di moda aprirono i battenti: la Maison Rouff, Paquin, Redfern, le sorelle Callot, Cheruit e Doucet. La concorrenza non permise a Worth di riprendere la posizione di la supremazia che aveva avuto in precedenza, tuttavia rimase il punto riferimento di gran dame e di teste coronate di tutto il mondo, esercitando una profonda influenza sulla moda.

Grazie a lui, negli ultimi decenni dell’Ottocento fu abbandonata la silhouette romantica contraddistinta dall’ampiezza della gonna e dalla crinolina e si fece largo una nuova linea, verticalizzante, dove la figura femminile era modulata secondo “serpentine sinuosità”.  Le gonne assunsero una nuova forma, strutturata dalla crinolette e dal bustle; le dame esaltavano in modo esasperato il punto vita stretto nei busti per arrivare all’ideale “vitino da vespa”.

La maison

Mrs. Vanderbilt, costume per ballo in maschera ElectricLight
Mrs. Vanderbilt, costume per ballo in maschera

Alla morte di Worth, nel 1895, la casa passò nelle mani della moglie e dei figli, Gaston, che amministrò la sua immensa fortuna, e Jean-Philippe, il suo erede nell’attività creativa.

La dinastia si estinse nel 1953, quando Maurice Worth consentì l’assimilazione della Maison alla casa Paquin.

Nei primi anni del Duemila il nome Worth continua ad esistere nell’omonimo profumo e in una linea di lingerie creata da Giovanni Bedin.

Oggi troviamo molti abiti Worth nella collezione permanente del Costume Institute, così come in altri musei negli Stati Uniti, a riprova dell’immensa popolarità tra i ricchi americani, così come fra i reali e gli aristocratici europei.

Per la donna ricca, un guardaroba completo consisteva in abiti da mattina, pomeriggio, e sera, oltre a quelli che facevano parte della biancheria, come abiti da tè e camicie da notte, che venivano indossati solo nella privacy della propria casa: un intero guardaroba valeva una fortuna.

Worth, inoltre, si occupava non solo degli abiti per le varie occasioni e dei vestiti “domestici”, ma anche di quelli per le occasioni speciali, come matrimoni e balli in maschera.

Fra le clienti della maison figuravano anche stelle del palcoscenico, per le quali confezionò importanti costumi di scena, oltre ai guardaroba personali: fra le sue clienti troviamo nomi come Sarah Bernhardt, Lillie Langtry, Nellie Melba, e Jenny Lind.

 

http://www.metmuseum.org/toah/hd/wrth/hd_wrth.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Frederick_Worth

http://www.vogue.it/news/encyclo/stilisti/w/charles-frederick-worth

https://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Frederick_Worth

http://thedreamstress.com/2010/11/early-worth-gowns/

 

La biancheria in epoca vittoriana

La biancheria in epoca vittoriana: come denudare un’eroina di un romanzo rosa senza incappare in errori storici.

la biancheria in epoca vittoriana
Un abito vittoriano. un uomo impaziente. Ma sarà così facile come sembra?

In epoca vittoriana le cose, per quanto riguarda la biancheria, si complicano parecchio.

Care autrici, mettetevi il cuore in pace: la scena romantica di lui che con due dita tira un nastrino, molla il corsetto e trova una venere è del tutto fuori dalla realtà storica: fra camiciole, corsetto, bolerino, sottogonne, gabbia, cuscini e altre diavolerie la donna era come il seme della matrioska. Qui di seguito troverete alcuni video che illustrano cosa significava per una dama vestirsi in epoca vittoriana: la biancheria era davvero abbondantissima.

La donna vittoriana, insomma, indossava una straordinaria quantità di biancheria intima. Gli elementi di base consistevano nella camicia, nei mutandoni, nel corsetto e in un numero variabile di sottovesti.

Questi indumenti rimangono fissi in tutta l’epoca vittoriana, altri, invece vengono aggiunti o tolti in base alla moda: in particolare, pensiamo alle crinoline, che a seconda del periodo saranno di forma, foggia e struttura diversa.

La biancheria si può dividere in base alla funzione: quella “intima” – la cui utilità è quella di scaldare e di separare gli abiti dalla pelle e dalle crinoline – e quella strutturale che serviva a dare al corpo la forma richiesta dalla moda.

A contatto della pelle si portava una prima camiciola, eredità delle epoche precedenti. Poteva essere corta al ginocchio o più lunga. Era piuttosto semplice, di lino, seta o cotone. Talvolta in lana, se faceva molto Freddo.

La biancheria in epoca vittoriana – La chemise o camiciola.

Chemise del 1840, dal web (pinterest)
Chemise del 1840, dal web (pinterest)

Si portava a contatto della pelle sotto al corsetto, per evitare che il busto stretto ferisse o provocasse arrossamenti.

In un primo periodo la camiciola era voluminosa e piuttosto rigida, di lino bianco, di solito non decorato. Spesso era maniche corte e arrivava al polpaccio. La scollatura era rotonda o quadrata, come quella degli abiti; quella che si portava sotto agli abiti da sera i a quelli estivi era più profonda, a volte ovale. Alcuni modelli erano plissettati.

Dal 1860 la camiciola cambia stile (come tutto l’abbigliamento e diventa più scollata, elaborata, decorata da ricami. Anche la spallina si stringe, forse perché i corsetti ormai non hanno più alcun appoggio sulle spalle.

Nel corso del 1870 il corpetto dell’abito (chiamato cuirasse) diventa molto lungo e stretto.

La camicia è diventata meno voluminosa, più corta e spesso senza maniche. Si trovano modelli con pinces verticali, quindi con accenno di svasatura e con cuciture laterali sotto al seno: i corsetti sono sempre più stetti e le camiciole si adeguano alle nuove linee.

Entro la fine del secolo, la camicia diventa senza maniche; presenta un taglio molto semplice, con le spalle strette e vari tipi di scollo: rotondo, quadrato, a V o a cuore.

La semplicità delle linee è bilanciata dalle decorazioni: abbondano pizzi e ricami. La stoffa è sempre cotone, lino o seta. La chemise da sera è dritta nella parte superiore, con spalline sottili. Questo stile è diventato sempre più popolare nel corso del ventesimo secolo. Dopo il ’70, nasce una chemise – mutandone, antenata dei nostri body.

La biancheria in epoca vittoriana – I mutandoni

download (1)La vera innovazione dell’epoca vittoriana sono però i mutandoni: optional in periodo Regency, i mutandoni diventano necessari con l’avvento delle crinoline che rischiano di sollevarsi mostrando grazie in abbondanza a causa della loro rigidità.

Abbiamo visto qui che fino agli anni ’30 dell’Ottocento i mutandoni arrivavano al ginocchio, sotto al quale si allacciavano le calze. Erano chiusi, sia in vita che al ginocchio, da nastri e fettucce, e spesso decorato da un bordo ricamato o in pizzo.

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I mutandoni avevano funzione di riparare dal freddo, che risaliva facilmente sotto alle gonne: i primi modelli erano poco più di due gambali separati, a volte allacciati come un pareo da fettucce e coulisse. Le parti intime erano scoperte, o comunque libere. Far pipì era già abbastanza complicato. In realtà, in epoca vittoriana tornano quanto mai prima in auge… i vasi da notte portatili. Si tratta di piccoli vasi da notte, simili a delle salsiere, che potevano essere infilati fra le gambe senza troppe manovre e utilizzati in piedi. In porcellana, argento o metalli meno nobili, erano la via di salvezza delle signore impalcate e rese impedite nei movimenti più banali.

la biancheria in epoca vittoriana
Un’immagine di copertina, da Pinterest. Sotto al vestito, nulla. Una copertina realistica non era pensabile.

In un secondo momento i mutandoni divennero dritti, poi dopo la metà del secolo entrarono in voga modelli “alla zuava”, simili al pantalone maschile.

Entro la fine del secolo, alcuni mutandoni arrivavano a mezza coscia, ed erano di forma svasata: questo sarà il modello in voga in epoca edoardiana, affiancando il Knickerbocker (alla zuava). In quest’epoca, in cui le donne riprendono la vita all’aria aperta si dedicano alle attività sportive, i mutandoni possono essere a volte in lana o anche in pelle di camoscio. Entrambi i modelli si allacciano nella parte posteriore, presentano ai lati uno o due spacchi.

Una nota divertente: in epoca vittoriana, parlare di mutande non stava bene: era considerato impudico. Le donne si vergognavano tanto di questo indumento che quasi sempre se le cucivano da sole, e non si rivolgevano a sarte.

In Italia, le mutande erano biancheria da… poco di buono. Le portavano prevalentemente le prostitute: le signore per bene, chissà perché, non ne avevano bisogno.

La biancheria in epoca vittoriana – Combinazioni

Combinations, da Pinterest
Combinations, da Pinterest

Dopo il 1870 le signore si fecero pratiche e sotto al corsetto cominciarono a indossare un unico capo d’abbigliamento che riuniva camiciola e mutandone. Questo tipo di biancheria però si affermò a fatica i corsetti erano così stretti da impedire molti strati, ma solo quando le donne si liberano di qualche sottogonna, per una maggior praticità, anche la biancheria sotto al busto fu ridotta a un unico capo. La loro popolarità arrivò alla fine del 1880 dal Dr. Jaeger e dalle sue versioni di intimo di lana fine. E torniamo a ricordare la popolarità della lana come toccasana per la salute, e al mito della maglietta di lana che ancora resiste. Grazie Dr. Jeager!

I “combinations”, prima di questa lana salutare e pizzicorina, sono stati inizialmente realizzati in lino, seta, lana merino, calicò, batista o nainsook in toni rosa carne o colori crema.

La biancheria in epoca vittoriana  – Sottoveste (petticoats o Jupon)

la biancheria in epoca vittoriana
Sottoveste 1860, Pinterest.

Abbiamo indossato il corsetto. Ora cominciamo a vestirci? No. Il viaggio attraverso strati e strati di biancheria è appena cominciato.

E tu! Tu, che ti lamenti del pantalone e della maglia a mezza manica, e vorresti girare in costume perché soffri il caldo! Pensa a una povera signora ottocentesca e ammutolisci.

Sottoveste , 1876
Sottoveste , 1876

La sottoveste non era un optional, ma aveva ben due funzioni, sia come biancheria intima che strutturale: se faceva caldo, evitava che il vestito si sporcasse col sudore, se faceva freddo scaldava. Insomma, era un “mai più senza”.

In più, era un aiuto a non mostrare troppe grazie camminando o sedendo: dopo l’avvento delle crinolette evitava che si intravedesse la troppo sensuale sagoma della gamba. Senza contare che dava una forma più bella al vestito.

Stai per correre su internet a comprare una sottoveste? Sì, è bene. Ma una, in epoca vittoriana, non bastava. Troppo facile.

Le sottovesti potevano essere in due pezzi separati, gonna e corpetto, oppure pezzi unici. A seconda della moda, de ne potevano indossare da una a tre, da tre a sei… prima dell’invenzione delle crinoline, il peso delle sottovesti sovrapposte era divenuto insostenibile per le povere signore.

Sottoveste con crinolette integrata
Sottoveste con crinolette integrata

La sottoveste più importante era quella rigida: inamidata o attraversata da crine (la mamma delle crinoline), doveva dar forma all’abito.

Con l’avvento della crinolina nel 1850, si pensa generalmente che il numero di sottovesti sia stato ridotto a un minimo di due: una sotto la crinolina, per fornire protezione dagli sguardi indiscreti e calore, e una seconda, con spesse balze, sopra la crinolina, per ammorbidire il contorno degli anelli in acciaio. La sottoveste esterna poteva essere decorata sull’orlo, parte che poteva essere visibile, con sangallo o ricami.

Nel corso degli anni ’60, al bianco si alternarono nelle sottovesti altri colori: chi non ricorda la sottoveste che Rhett regala a Mamy, di taffetà rigido e rosso?

!869, sottoveste brutta!
1869, sottoveste brutta!

Fra le tinte predilette c’erano rosso e nero, che andavano per la maggiore (ricordiamo la quantità di abiti da lutto: una bella sottoveste nera non si nega a nessuno!).

Il 1870 segna l’arrivo delle prime crinolette: sottovesti con cascate di balze lungo la schiena, che servivano a proiettare la gonna indietro e a mascherare la struttura del “bustle” (il fratello della crinolette).

Nel 1876, il bustle fu abbandonato temporaneamente: la gonna e sottoveste salirono al top della moda. Le linee degli abiti erano molto più morbide e naturali, ma si trattava di una moda temporanea: il vestito aveva ancora da crescere nella parte posteriore con grandi impalcature. In questa fase è la sottoveste a farla da padrona, con un sistema di balze o un’impalcatura removibile.

Nel corso del 1870 divenne di moda una sottoveste chiamata princess petticoats, in onore della principessa Alexandra: un pezzo unico, senza cuciture in vita, svasata nella forma ed elegante nei particolari. Col ritorno del bustle e delle crinolette, nel 1880, le gonne e sottogonne tornarono a crescere nelle misure e ad avere tagli più svasati.

Gonne e sottogonne scampanate tornarono nel 1890. La silhouette della sottoveste venne esaltata da un ulteriore volant di pizzo sul fondo. Seta rigida e alpaca col cotone, sono i tessuti più usati.

La seta, però, sarà la stoffa che negli anni ’90 darà il fruscio tipico delle gonne, che darà origine al termine frou-frou. E se già state sognando tessuti lucidi e impalpabili, ve lo dico subito: anche la flanella andava per la maggiore.

Verso la fine dell’Ottocento, le linee si ammorbidiscono, si accentua la svasatura sotto al ginocchio, aiutata dalle sottovesti con balze circolari sul fondo. E siamo pronti per il Novecento, nel quale la sottoveste diventerà il vero simbolo della seduzione femminile, tutta pizzi, merletti e nastri

La biancheria in epoca vittoriana – Corpetto, copri- corsetto e canotta

Camiciola, copri corsetto, da Etsy.com
Camiciola, copri corsetto, da Etsy.com

Amiche amanti e sostenitrici della maglia della salute: eccoci a parlare del vostro capo d’abbigliamento preferito. Abbiamo visto che la prima sottoveste, in alcuni periodi, poteva essere sostituita da due pezzi, corpetto e sottogonna. E qui, ecco nascere la canotta! Questo indumento prese il anche il nome di copri-corsetto, visto che la sua funzione principale era quella. La canotta risolveva anche il problema di avere nella parte superiore del vestito duecento strati ottenendo l’effetto Heidi che sale la montagna: un solo canottino e tante sottogonne. Coi tagli aderenti dei corpetti dei vestiti, era tanta bellezza guadagnata.

Se pensate che non servisse a niente, vi sbagliate! Mostrare il corsetto era indecoroso e coi vestiti estivi, o quelli da sera, di stoffe leggere, senza la canotta si rischiava di mostrare troppo. Ecco perché le canotte erano tutte ricamate, infiocchettate, pizzettate: si potevano vedere, dunque… facciamole vedere!

E le calze?

A fine Ottocento arrivano le giarrettiere, attaccate al corsetto o libere. Prima, si portano dei reggicalze.

La biancheria in epoca vittoriana – La camicia da notte

Camicia da notte, da Etsy.com
Camicia da notte, da Etsy.com

Spesso la camiciola veniva usata come camicia da notte, specie se non ci si potevano permettere dei corredi esagerati. Dal 1825, compaiono camicie da notte molto semplici, di taglio lineare, che nel corso dell’epoca vittoriana, come tutto il resto dell’abbigliamento, si riempiranno di nastri, pizzi, merletti e trine.

Gli scolli sono rotondi o quadrati, poi la fantasia si scatena.

Spesso i mariti non vedevano della moglie nulla di più intimo: la pelle era una questione privata.

Per aiutare la pudicizia, esistevano pure quelle con fori appositi, in modo da non dover sfilare nulla ed evitare imbarazzi.

 

Spero di non avervi fatto troppo arrossire, d’avervi un poco fatto divertire.

E quando scriverete la vostra prossima scena osé, armatevi di sana pazienza e un paio di cameriere personali, oppure di un protagonista maschile molto, molto ingegnoso.

Bene. Ricapitoliamo il nostro viaggio:

Qui le mutande e la biancheria fino all’epoca Regency

Qui trovi il corsetto

Qui crinoline e crinolette

Manca qualcosa?

Biancheria Regency: la signora non porta le mutande!

La biancheria Regency: la signora non porta le mutande!

Romanzi ambientati nell’Ottocento: mutanda sì o mutanda no?

Questo è uno dei problemi che si incontrano scrivendo romanzi rosa ad ambientazione storica.

Pigliamo per esempio una rovente scena d’amore, in cui lui impaziente cerca di arrivare, con un buon ritmo narrativo, a tastare le rotondità del corpo di lei.

Prendiamo pure un bel film storico, con una seducente dama che sta per concedersi al baldanzoso cavaliere e, fra violini e candele, i due si abbracciano impazienti.

biancheria regency
Una signora indossa il corsetto su mutandoni e camiciola fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com

E niente. C’è di mezzo una mezza dozzina di strati di biancheria. Ci vediamo domani.

Questo è uno dei problemi sollevati da Eliza Knight, un’autrice di romanzi rosa che della ricerca storica sulla biancheria ha fatto il suo cavallo di battaglia, tanto che organizza seminari per altri autori affinché mai più i colleghi cadano nel madornale errore di denudare troppo facilmente le loro eroine.

Ma com’era, allora, l’abbigliamento intimo nel passato?

Oggi ci divertiremo a scoprire, in senso letterale, le belle protagoniste dei romanzi Regency e Vittoriani.

La biancheria in epoca Regency

fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com
fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com

Una buona notizia per le scrittrici che si occupano reggenza: le signore in epoca Regency non portavano le mutande.

La biancheria Regency era piuttosto limitata e aveva la duplice funzione di riparare dal freddo il corpo e dallo sporco i vestiti.

Fra gli abiti e la pelle, perciò venivano indossate le famose camiciole, indumenti simili alle camicie da notte, in lino, lana, più raramente cotone e, per le signore più chic, in seta.

Una sottoveste, dal web
Una sottoveste, dal web

La camiciola era interposta fra la pelle e il bustino, che in questo periodo raggiunge dimensioni piuttosto ridotte, a causa della moda in stile impero che non richiedeva particolari riduzioni del girovita o dell’addome.

Queste camiciole erano molto semplici, a mezza manica o con spalline, e la lunghezza variava dall’altezza del ginocchio, alla caviglia.

Questo capo d’abbigliamento era il più intimo, non era fatto per essere mostrato, mentre la più esterna delle altre sottovesti, che completavano gli strati successivi, era invece pensata per essere vista.

Le mutandone della duchessa di Kent, 1810 fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com
Le mutandone della duchessa di Kent, 1810
fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com

È in questo periodo che compaiono, però, le prime brache intime, indossate da alcune signore. Un esempio è il mutandone della duchessa di Kent, del 1810: si tratta di brache di tela, spesso lino bianco o color crema, lunghe al ginocchio, legate da semplici fettucce. Questi primi mutandoni erano strutturati in modo da coprire le gambe, ma da lasciare libere le parti intime… per la gioia delle autrici di rosa (!) e soprattutto per facilitare le funzioni fisiologiche, che già erano laboriose in assenza di toilette e di carta igienica.

Questi mutandoni riparavano dal freddo: i sottili abiti dell’epoca Regency non erano il massimo della difesa contro le intemperie.

Alcune caricature dell’epoca confermano la mancanza di biancheria intima da parte delle dame: in una in particolare, raffigurante una caduta rovinosa da una scala, si vedono due signore che ruzzolano mostrando tutte le loro grazie.

biancheria regency
dal web: biancheria regency

Non si trattava di una mancanza di pudore, quanto del fatto che di mutande non si sentiva la necessità: erano considerati molto più utili invece i numerosi strati di sottovesti che e donne portavano: fra boleri, camiciole e sottogonne gli strati andavano da uno a cinque nell’abbigliamento quotidiano. Di più, negli abiti per gli eventi. L’ultima sottoveste, quella pensata per essere visibile, poteva costituire una sorta di sotto-abito, poteva essere ricamata e piuttosto elaborata.

L’abito stile impero, che segnava poco le forme perché impalpabile e leggero, aveva il difetto che col vento rischiava invece di segnarle troppo: le numerose sottovesti servivano a evitare che la silhouette fosse troppo evidenziata in queste occasioni.

Io non so voi, ma una domanda a questo punto me la sono fatta.

OK che nei romanzi è caso estremamente raro che se ne parli, ma… in quei giorni?

La biancheria Regency durante il ciclo!

Sotto il vestito niente! fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com
Sotto il vestito niente!
fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com

Possiamo dire che il problema di “quei giorni” in epoca Regency era piuttosto limitato. Le donne entravano in età fertile più tardi rispetto alle donne di oggi, intorno ai quindici – sedici anni (il debutto avveniva infatti un paio d’anni dopo, quando la donna era pronta per sposarsi e fare figli), e spesso si sposavano prima dei vent’anni: se tutto era a posto, le gravidanze erano abbastanza numerose e, fra quelle e allattamento la fertilità delle donne era solo periodica.

Insomma, quei giorni non sempre erano mensili e regolari, tuttavia il problema c’era.

La soluzione più frequente era che per tre o quattro giorni le signore si ritiravano nelle proprie stanze con la scusa di essere indisposte. Qui, fra panni di lino (pannolini, appunto) e stoffe varie trascorrevano quei giorni al riparo da occhi indiscreti, anche perché era considerato vergognoso macchiare le sottovesti e gli abiti con quel sangue, che veniva considerato il massimo del sudiciume.

E non so, voi, ma di queste cose a me l’eco è arrivato anche nel ventesimo e ventunesimo secolo: guai a macchiarsi!

Ma se pensate che una donna potesse solo ritirarsi e aspettare giorni migliori, vi sbagliate: attraverso sistemi simili alle fasciature dei bambini, i pannolini potevano essere fissati e portati anche fuori dalle sicure pareti domestiche. Certo l’assorbenza non sarà stata al top, ma il sistema funzionava.

In epoca Regency fanno persino la loro comparsa tamponi interni, sempre in stoffa. A volte venivano anche abbinate sostanze assorbenti, come cenere e allume.

E poi, tutto veniva raccolto per il grande bucato periodico. Una gioia per gli occhi!

fc9b27a80c20f42b846cb7fcffffaaf3In epoca Regency le donne indossano anche calze, che si fissavano con le giarrettiere (poi vedremo altri sistemi in epoca vittoriana). ed erano di sottile maglia, per lo più bianche, di lino o cotone. Raramente erano più lunghe del ginocchio (insomma, i bei gambaletti che tanto piacciono ai maschietti!),  e venivano indossate prima delle sottogonne, soprattutto in periodo vittoriano.

Insomma, la biancheria Regency al femminile viene in soccorso agli autori che vogliono cimentarsi in scene focose. Peccato che il romanzo Regency richieda, per definizione toni più smorzati rispetto agli altri rosa.

Possiamo avere speranze, però: e se fosse quella di lui, la biancheria regency problematica?

No. Il capo più intimo maschile in realtà è la… camicia. Ecco perché ricevere una signora indossando quella è maleducazione, come sarebbe oggi ricevere ospiti in mutande.

Dal web
Dal web

Erano piuttosto lunghe e si infilavano dentro alle brache. Ecco perché il panciotto, o gilet, faceva parte del vestire: serviva proprio a coprire con decenza i capi più intimi, sotto alla giacca.

Le brache fungevano pure da mutanda, perciò, via libera a tutte le fantasie più rosa che volete. Le calze erano una parte importante anche dell’abbigliamento maschile, specie finché i pantaloni arrivavano al ginocchio ed erano perciò a vista.

Eccoci qui. Il nostro viaggio fra le mutande, scusate, nella biancheria regency è finito. Io vi aspetto per il prossimo viaggio nel tempo, per scoprire che cosa portavano le dame sotto alle gonnellone dell’epoca vittoriana. E ne vedremo, credetemi, delle belle!!

Altro sulla moda

La biancheria in epoca vittoriana

Moda 1800; l’estate vittoriana

I colori di moda in epoca Regency

L’evoluzione della moda nel 1800 (1800-1840)

L’evoluzione della moda in epoca vittoriana

Fonti:

Breve storia del corsetto

Corset de sport de A Claverie

Breve storia del corsetto

corsetto con spalline epoca regnecy
Corsetto prima metà Ottocento: allacciatura dietro, regolazione sul davanti, stecche laterali, spalline.

Il corsetto è stato per le donne un importante articolo di abbigliamento, per molti secoli. Le sue forme sono state in continua evoluzione, al passo con le tendenze della moda.

Perché il corsetto?

corsetto vittoriano
Nella seconda metà dell’Ottocento andava la forma a clessidra

L’obiettivo del bustino era modellare le forme, sostenendo o schiacciando il seno, stringendo la vita, esaltando i fianchi o dare la giusta postura. Talvolta… anche agli uomini!

Anche se il corsetto è più considerato un capo femminile, infatti, anche gli uomini possono indossarli per vari motivi. Non dimentichiamo che molti corsetti, specialmente in epoca moderna, sono stati creati e utilizzati per motivi medici, in particolare a scopo correttivo e per il sostegno della schiena in caso di particolari patologie.

Il corsetto si è diffuso, in Europa, a partire dal XVI secolo, raggiungendo l’apice della sua popolarità in epoca vittoriana.

La prima immagine di una possibile corsetto risale però al 2000 a.C.: si trova nelle rappresentazioni femminili cretesi. Anche la statua della dea serpente sembra indossarne uno, ma si tratta di un tipo di corsetto esterno, non un capo da indossare come intimo.

E qui già si crea una distinzione principale: il corsetto fin dalle sue origini si divide in due categorie principali: quello considerato parte della biancheria intima e quello usato come capo d’abbigliamento, che si trova tuttora in molti costumi tipici popolari.

 

corsetto medievale
Corsetto medievale
Fonte: http://www.suesoldfashions.com/corsets.htm

Il termine “corsetto” è attestato a partire dal 1300: prende origine dal francese antico e ha la stessa radice della parola “corpo”: ecco da dove deriva il fatto che “busto” sia suo sinonimo, un capo d’abbigliamento a stretto contatto col corpo o col busto.

Il termine “stays” è stato spesso usato in inglese dal 1600 fino all’inizio del XX secolo e corrisponde a un tipo di corsetto privo di stecche, che si poteva indossare sopra i vestiti: il termine probabilmente deriva dal francese estayer, .

Il corsetto nel 16 ° e 17 ° secolo

Il primo corsetto è stato introdotto da Caterina de’ Medici in Francia nel 1500, dove fu subito adottato dalle donne della corte francese: era stretto, di forma allungata e si portava sotto i vestiti.

Divenne subito “indispensabile per la bellezza della figura femminile.”

Corsetto del 1600. Fonte: pinterest
Corsetto del 1600.
Fonte: pinterest

I corsetti in questo periodo venivano indossati con un guardinfante, antenato della crinolina, che dava forma alle sottane: il corsetto appiattiva il busto, spingendo i seni verso l’alto e dando risalto alla scollatura dell’abito. In quest’epoca i corsetti avevano larghe spalline e arrivavano fino alla vita.

Bimba (infanta Margherita) con bustino e guardinfante
Bimba (infanta Margherita) con bustino e guardinfante

Lo scopo di questi corsetti non era tanto creare un vitino sottile, quanto sottolineare la piattezza del ventre e la rotondità del seno, sottolineata spesso da ampie scollature.

Questi corsetti erano tipicamente fatti di tessuto stratificato, irrigidito con colla, e strettamente allacciati grazie a un sistema di stringhe incrociate (sul davanti in molti casi). Risale ti a questo periodo sono stati anche trovati dei busti in metallo (ferro), ma si spera e si pensa che fossero pensati solo a scopo ortopedico, e non come abbigliamento.

Entro la metà del XVI secolo, i corsetti erano un indumento indossato comunemente dalle donne europee e britanniche. I capi gradualmente cominciarono a presentare i “busk”, un lungo pezzo di balena o legno cuciti in un involucro sul corsetto per mantenere la sua forma rigida: le famose stecche di balena.

La parte anteriore del corsetto era tipicamente coperta da una “pettorina”, una struttura rigida a forma di V a scopo decorativo.

In epoca elisabettiana, gli ossi di balena (fanoni) erano comuni nei corsetti per mantenere il loro aspetto rigido. Le stecche erano tipicamente di legno, corno, avorio, metallo, o balena e venivano inserite per irrigidire la parte anteriore del corpetto.

corsetto 1600
Corsetto elisabettiano, da pinterest

Erano intagliate e sagomate a forma di lama sottile, inserite nel corsetto, dove erano trattenute da lacci, in modo che potessero essere facilmente rimosse e sostituite.

Le stecche venivano utilizzate soprattutto per occasioni speciali. Una stecca proveniente dal corsetto di una dama poteva per un uomo rappresentare il prossimo coronamento degli sforzi per sedurla (Ewing 1978, 29).

Verso la fine del 1500, le stecche di balena vennero utilizzate ai lati e sul retro del corsetto, per cui il busto veniva allacciato davanti.

Quando le stecche vennero inserite anche sul davanti, l’allacciatura passò dietro.

Anche se in questo periodo era molto popolare, il corsetto non fu indossato da tutti. Maria, Regina di Scozia, per esempio, non lo portava.

zione francese, il corsetto passò di moda a favore di una maggiore praticità e semplicità

Il corsetto nel 18 ° e l’inizio del 19 ° secolo

Il tipo più comune di corsetto nel 1700 è stata di forma conica rovesciata, spesso indossato per creare un contrasto tra un torso quasi conico e rigido sopra la vita e la gonna ampia e pesante sotto.

corsetto
Corsetto di epoca georgiana.
Fonte: www.etsy.com

Lo scopo principale dei busti del 18° secolo è stato quello di sollevare e modellare il seno, stringere il diaframma, sostenere la schiena, migliorare la postura per aiutare una donna a stare dritta, con le spalle verso il basso e indietro. La vita era solo leggermente stretta per la creazione di una parte superiore del tronco a forma di V sulla quale sarebbe indossato il mantello; tuttavia, ‘jump’ (bustini di stoffa, più morbidi e privi, o quasi di ossatura) di lino trapuntato venivano indossati al post degli stays nelle situazioni informali.

I jump e gli stays erano considerati indumenti intimi.

I corsetti del Settecento erano abbastanza confortevoli, non limitavano la respirazione, e consentivano alle donne di lavorare, anche se limitavano alcuni movimenti e piegamenti.

Abbigliamento intimo Regency: corsetto ridotto a poco più di un regiseno.
Abbigliamento intimo Regency: corsetto ridotto a poco più di un reggiseno.

È nell’Ottocento che il corsetto diventa un capo più impegnativo, fino a modificare perfino la posizione degli organi delle donne.

biancheria regency
fonte: https://janeaustensworld.wordpress.com

Nel primo Ottocento il bustino era soprattutto un metodo per sostenere il seno, e arrivava appena sotto la linea di busto. I Corsetti cominciavano a dare una forma più snella, ma questo non era il loro scopo primario.

I corsetti, con l’avvento della moda stile impero tipica delle Francia Napoeonica e del’epoca Regency, divennero meno costrittivi, in quanto la vita degli abiti non era segnata. Una qualche forma di corsetto era ancora indossato da maggior parte delle donne del tempo, ma questi erano spesso corti e non scendevano fino alla vita.

Successivamente, però, i corsetti tornarono ad allungarsi e, in epoca vittoriana, dovendo dare forma alla vita, si estesero fino ai fianchi. Tornarono a essere allacciati sul retro e irrigiditi con stecche.

Il corsetto verso l’epoca vittoriana

Il tipico corsetto vittoriano
Il tipico corsetto vittoriano

Quando la vita tornò nella sua posizione naturale, intorno al 1830, il corsetto ricomparve e servì al duplice scopo di sostenere il seno e di ridurre il punto vita. Il busto vittoriano è in assoluto quello più costrittivo: le stecche venivano anche realizzate in acciaio ed è costituito da due parti, una per ogni lato. Alcuni modelli prevedevano un sistema di bottoni per permettere alle donne di allacciarlo anche sul davanti in modo più agevole.

In questo periodo il modello femminile ideale è “a clessidra”, con vitino sottile fino all’assurdo.

Nel 1830, gli abiti hanno le spalle gonfie e gonne larghissime: la vita, anche senza stringere esageratamente il busto, risulta comunque sottile.

Nel 1839, un francese di nome Jean Werly brevettò dei corsetti femminili realizzati sul telaio. Questo tipo di corsetto divenne popolare fino al 1890, quando i corsetti fatti a macchina guadagnarono popolarità. Prima di questa invenzione, tutti i corsetti erano realizzati a mano, spesso in casa, oppure da sarte specializzate in corsetteria.

Il corsetto vittoriano

Le_Corset_de_Toilette_-_56_FigLa moda non andò incontro alle donne: con la scomparsa delle larghe maniche a sbuffo, ma rimase in voga la vita sottile, il corsetto dovette ovviare alle mancanze all’effetto ottico. La moda vittoriana esigeva vita sottilissima, a partire dalla metà fino alla fine del 19°

È negli anni 1840 e 1850 che il Tightlacing, l’allacciatura strettissima, divenne popolare.

Il corsetto differiva dai modelli precedenti in numerosi modi: per prima cosa non si fermava alla vita ma scendeva fino ai fianchi, era curvo piuttosto che a forma di imbuto. Mentre molti corsetti erano ancora cuciti a mano sulle misure di chi lo indossava, si sviluppò anche un fiorente mercato dimeno costosi corsetti industriali.

Il corsetto a fine Ottocento

Per tutte le età!
Per tutte le età!

Alla fine del 19° secolo finalmente qualche medico cominciò a discutere sul fatto che le allacciature strettissime facessero male alla salute, specie in gravidanza. Le donne ancora affezionate all’allacciatura stretta cominciarono a essere aspramente criticate

In realtà, l’indossare un corsetto stretto poteva causare indigestione e costipazione, ma non aveva nulla a che fare coi sintomi di cui i corsetti furono accusati, fra cui l’isteria femminile.

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Anche il vostro uomo tornerà un figurino, senza faticosa ginnastica!

In parte come risposta ai pericoli percepiti dai busti stretti, ma anche a causa della crescente interesse delle donne nelle attività all’aria aperta, la forma del corsetto cambiò drasticamente. Nel 1884, un medico tedesco, Gustav Jaeger (1832-1917) propose corsetti sanitari in lana, descritti come flessibili ed elastici. Essi erano anche robusti e resistenti ai movimenti. Jaeger sosteneva che la lana aveva proprietà terapeutiche per problemi di salute cronici: l’eccesso di peso e di indigestione. Ed ecco che ci crediamo ancora oggi! Un altro modello considerato salutare fu creato nel 1887, con rivestimento in pelle. Era destinato alle donne dinamiche e desiderose di salute. E voi avete pensato subito male…

Il corsetto Edwardian

download (1)In questo periodo la moda ha una nuova evoluzione: le gonne presentano tutto il loro sviluppo sul dietro e la forma della dama si adegua, così come la postura: nasce il corsetto S-bend, curva a S, che per la sua conformazione spinge il sedere indietro e resta rigido sul davanti e si affianca ai corsetti salutari verrà indossato fino ai primi anni 1910.

263px-GoodSenseCorsetWaists1886page153Il busto straight-front divenne famoso grazie a Inez Gaches-Sarraute , una corsettiera  con laurea in medicina. Doveva essere meno dannoso di altri corsetti perché esercitava meno pressione sulla zona dello stomaco, tuttavia i benefici allo stomaco erano più che controbilanciati dai danni alla schiena per la postura innaturale a cui costringeva. Il sostegno al seno, la prima funzione di questo capo d’abbigliamento, ormai è inesistente.

Una nuova evoluzione della moda, improntata a forme più morbide e naturali, dopo il 1908 cominciò gradatamente a mandare i corsetti fuori moda. In questo periodo furono introdotte le prime forme di reggiseni e cinture molto meno impegnative sostituirono il corsetto.

Il Novecento del Corsetto

In dolce attesa? Corsetto con fiducia!
In dolce attesa? Corsetto con fiducia!

Dal 1908 al 1914, la silhouette degli abiti alla moda rese necessario un ulteriore allungamento del corsetto. Il nuovo tipo di busto arrivava a coprire le cosce e modificava la posizione dell’anca, rendendo la vita apparire più alto e più ampia. Il nuovo corsetto era considerato scomodo, ingombrante, e inoltre richiedeva l’uso di strisce di tessuto elastico. Lo sviluppo dell’industria della gomma e dei materiali elastici diede il colpo di grazia: arrivarono più sottili cinture a stringere la vita, senza infastidire più di tanto.

Dopo la prima guerra mondiale

Da pinterest, un corsetto anni '60. ANdavano anche i bustier, più piccoli
Da pinterest, un corsetto anni ’60. Andavano anche i bustier, più piccoli

Poco dopo l’ingresso degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale nel 1917, gli Stati Uniti chiesero alle donne di smettere di comprare corsetti per liberare metallo per la produzione di guerra. Questo passaggio liberato circa 28.000 tonnellate di metallo, abbastanza per costruire due navi da guerra.

Il corsetto, che conteneva acciaio al 1860, perse altra popolarità a vantaggio dello sforzo bellico, tuttavia, gli indumenti intimi che modellano il corpo sono stati spesso chiamati corsetti: fino agli anni 1920 si trovano modelli di corsetto abbastanza comuni.

Da pinterest, biancheria anni '20
Da pinterest, biancheria anni ’20

I cambiamenti nell’economia dopo la prima guerra mondiale cambiarono anche il ruolo delle donne nella società. Nei primi anni del 20 ° secolo, una giovane donna tipicamente cominciava a portare il corsetto a circa 15 anni e si sposava, senza un’instruzione, verso i 18 anni: dopo la guerra, le donne più giovani hanno cercato una formazione e, nel mondo occidentale, il matrimonio è stato progressivamente ritardato. Negli anni ’20 solo le donne in sovrappeso o in stato di gravidanza scelgono di indossare un corsetto, tipicamente un corsetto sotto-busto.

Tuttavia, questi indumenti erano meglio conosciuti come cinture e avevano il preciso scopo di ridurre i fianchi in termini di dimensioni. Negli anni del Novecento, i corsetti sono poi ricomparsi in vari momenti nella moda femminile: ad esempio nel, ma la seconda guerra mondiale fermò subito il loro ritorno. Nel 1952, un corsetto noto come ‘La vedova allegra’ fu proposto da Warner. La vedova allegra differiva da corsetti precedenti perché separava il seno, mentre i corsetti di solito li comprimevano insieme. Vedova allegra e cinture restarono in voga negli anni ‘50.

Dal web: lo spostamento degli organi dovuto al corsetto
Dal web: lo spostamento degli organi dovuto al corsetto

Nel 1990, la moda fetish recuperò i corsetti spesso indossati come capo abbigliamento esterno piuttosto che indumenti intimi. Entro il 2010, il busto aveva recuperato una nuova popolarità della moda.

Il corsetto in gravidanza e allattamento

modelli di corsetto, anche per dolce attesa
modelli di corsetto, anche per dolce attesa
Allattare è facile! Se riesci a respirare, puoi allattare!
Allattare è facile! Se riesci a respirare, puoi allattare!

Il busto si portava in gravidanza e serviva a dare forme migliori alle signore sformate, almeno sopra il pancione. Non serviva, come le fasce di oggi, a sostenere la pancia e aiutare la schiena: dalla forma di comprende quanto poco fosse contenitivo nella parte bassa. I corsetti venivano indossati anche dopo il parto (se siete mamme un pensierino ce lo avete fatto anche voi: ancora oggi fra l’altro si discute se le guaine siano o meno da portare). Se una mamma voleva allattare, ecco i corsetti con pratiche aperture per facilitare l’operazione.

Fig8Forme_des_anciens_corsetsI corsetti in gravidanza erano meno nocivi di quanto si pensasse a fine Ottocento, anche se il pensiero di quanto gli organi venissero spostati dal costante uso del busto non fa pensare a qualcosa di salutare per le donne.

Dalla fine dell’infanzia, il corsetto era compagno costante della vita della donne, in ogni fase e in ogni occasione.

https://en.wikipedia.org/wiki/History_of_corsets

https://it.wikipedia.org/wiki/Guardinfante

https://en.wikipedia.org/wiki/Corset

https://www.history.org/history/clothing/women/wglossary.cfm

http://thedreamstress.com/2013/08/terminology-whats-the-difference-between-stays-jumps-a-corsets/

http://www.demauroy.net/SFIMO/storia.htm

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