Il ritorno del Cavaliere
Romanzo di Antonia Romagnoli
Dorset, 1101
Un triste incarico attende Owen Lackname, cavaliere di ritorno dalla Terra Santa: sir Thomas, suo amico fraterno e compagno d’armi, è caduto in battaglia e con le sue ultime parole gli ha chiesto di portare la ferale notizia di persona alla famiglia che lo attende in patria.
Owen, accompagnato dagli altri cavalieri reduci dalla Crociata, si appresta a compiere il proprio dovere, ma a causa delle insegne che porta con sé viene scambiato per l’amico perduto.
La drammatica situazione in cui versa il piccolo feudo di Lulworth gli impedisce di chiarire l’errore, costringendolo a prendere il posto di Thomas per dare sostegno alla sorella di lui, Edlyn, che da mesi assiste un padre infermo e guida il feudo resistendo agli attacchi di misteriosi nemici.
A complicare tutto, però, sono i sentimenti tutt’altro che fraterni che Owen comincia a nutrire per la bella castellana e i segreti sempre più grevi che il cavaliere porta con sé, a partire dalla sua vera identità e dal vero motivo che lo ha ricondotto in Inghilterra…
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Incipit
Lulworth, maggio 1101
Il sole era allo zenit quando il drappello di cavalieri, dieci in tutto, si fermò.
Dopo un interminabile viaggio attraverso i boschi del Dorset, immersi nella penombra della fitta vegetazione, la visione di tutto quel fulgore li accecò, impedendo loro di mettere a fuoco il nuovo panorama che si apriva e nel quale si snodava il sentiero.
Lulworth Castle non si presentava come una fortezza di grandi dimensioni, ma dominava la pianura da una motta su cui era adagiata la struttura principale, un mastio in pietra grigia dal quale si snodavano due tozze ali nello stesso materiale e altrettanto cupe e massicce. Una robusta cinta muraria circondava il castello e altri edifici in legno che costituivano il cuore della rocca e nei quali si concentravano tutte le attività. Una seconda cinta, più ampia, abbracciava il piccolo borgo, a cui si accedeva tramite un’alta porta, contenuta tra due torrioni di forma squadrata.
Dominava, da quella posizione, una notevole porzione della costa, in particolare della baia conosciuta come Lulworth Cove, un’insenatura naturale che forniva uno dei rari punti d’approdo tra le rocce scoscese della zona. Era evidente che da quelle parti temevano più le minacce provenienti dal mare che dalla terra, perché i boschi avevano protetto i viaggiatori fino a una distanza piuttosto ravvicinata, tuttavia, appena arrestati i destrieri, il drappello fu raggiunto dalle nitide grida di allarme delle guardie di vedetta sul camminamento, trasportate dal vento.
Uno dei cavalieri si accostò all’uomo che guidava il gruppo, mentre tutti gli altri rimasero fermi ai loro posti.
“Sir Owen, credo che dovremmo alzare le insegne” disse schiarendosi la voce, arrochita dalla polvere della strada.
Owen annuì. Avrebbe preferito trovarsi ancora in Terra Santa a combattere, piuttosto che affrontare l’incarico per cui era giunto in quel luogo. D’altra parte, nei suoi ventisei anni di vita, non gli era capitato spesso di poter scegliere: quello era solo l’ennesimo dolore che gli toccava fronteggiare. E arrecare.
Mentre alle sue spalle i compagni alzavano le insegne dei Rowley, il cavaliere si concentrò come usava fare prima della battaglia, isolandosi da tutto e da tutti. In quell’occasione, però, gli divenne impossibile non pensare a ciò che lo attendeva tra quelle mura, dove una famiglia trepidante avrebbe ricevuto la peggiore notizia possibile: Thomas Rowley, l’erede del casato, l’uomo che stavano aspettando da dieci anni, non sarebbe mai tornato. Thomas, che per lui era stato più di un fratello, riposava a poche miglia da Gerusalemme, in una tomba che sarebbe rimasta senza fiori e senza lacrime. Caduto in battaglia.
Si erano conosciuti poco più che bambini, lui e Thomas, quando entrambi erano entrati a servizio come scudieri presso Lord Ashwood. A quell’epoca Owen aveva un nome, un destino, immaginava un futuro molto simile a quello di tutti i ragazzi che come lui servivano i cavalieri per apprendere l’uso delle armi: sarebbe col tempo diventato a sua volta cavaliere e, addestrato nel modo migliore, sarebbe rientrato in seno alla famiglia.
Owen e Thomas avevano legato subito, erano coetanei e per giunta si somigliavano incredibilmente: avevano la stessa corporatura robusta, un’altezza notevole ed erano entrambi scuri di pelle e di capelli, al contrario di tutti gli altri, dai tratti tipicamente normanni. Grazie alla loro somiglianza, si erano spesso divertiti a scambiarsi di posto nelle esercitazioni, perfino durante un torneo, complici le armature e gli schinieri che li coprivano quasi del tutto.
Quanto Owen era abile con la spada lunga, tanto era negato con l’arco, mentre Thomas aveva una mira infallibile ma scarsa resistenza in duello. Qualche piccolo sotterfugio li aveva resi imbattibili, un poco disonesti e praticamente inseparabili.
La comitiva ripartì a passo, mentre il vento scuoteva gli stendardi traendone un palpito cupo e irregolare. Il fondo stradale ricoperto di fogliame lasciò posto alla terra argillosa fiorita d’erica, di ginestre e di frangule, che alternavano i loro colori col verde intenso delle felci.
Owen teneva gli occhi fissi alle mura grigie del castello, cercando di trovare le parole giuste per la notizia che doveva portare. Come aveva fatto mille e mille volte nel travagliato viaggio di ritorno dalla Terra Santa.
La mente corse di nuovo indietro nel tempo, quando la sua stessa vita era stata spezzata da un lutto insanabile quanto quello che aveva colpito gli ignari familiari di Thomas.