Stranezze vittoriane – la tassidermia vittoriana

Stranezze vittoriane – la tassidermia vittoriana

La tassidermia vittoriana è uno degli aspetti più inquietanti e per noi oggi meno comprensibili, anche se fino a pochi anni fa, intorno agli anni ’60 e ’70 del Novecento, ancora gli animali impagliati erano di moda.

tassidermia vittoriana

Oggi, la sempre maggiore sensibilizzazione verso la natura e gli animali ha portato questo tipo di attività quasi a sparire, restando legata all’ambiente della caccia e della conservazione museale. Ma possiamo affermare che nelle nostre case l’animale impagliato… ci fa un po’ senso!

tassidermia vittoriana

La tassidermia vittoriana – che cos’è?

La tassidermia è la preservazione del corpo di un animale attraverso l’imbottitura o il montaggio a scopo di esposizione o studio. Gli animali sono spesso, ma non sempre, ritratti in una postura realistica. La parola “tassidermia” deriva dalle parole greche “taxi” e “derma”. τάξις significa “disposizione” e “δέρμα” significa “pelle”.

La parola tassidermia si potrebbe tradurre dunque in “disposizione della pelle”, in quanto le pelli degli animali vengono ridisposte su imbottiture non decomponibili replicando le fattezze degli animali vivi. I processi usati nella tassidermia sono diversi e prevedono tecniche di vario genere, a seconda del periodo in cui la conservazione dei corpi viene praticata e delle tecniche e conoscenze a disposizione.

Anche le famose collezioni di farfalle e insetti, soprattutto se provenienti da paesi esotici, sono considerate tassidermia.

la tassidermia in età vittoriana

L’età d’oro della tassidermia è considerata l’epoca vittoriana, durante la quale anche negli appartamenti e nelle case più eleganti era di moda esporre animali impagliati.

Non si trattava solo di trofei di caccia, ma di vere e proprie sculture che prevedevano animali morti come soggetti.

La tassidermia vittoriana – le origini

John Hancock (24 febbraio 1808 – 11 ottobre 1890) era un naturalista britannico, ornitologo, tassidermista e architetto del paesaggio, considerato il padre del moderno tassidermia.

A lui si deve la prima tassidermia “drammatica”, ossia utilizzata per rappresentare scene e non solo per conservare animali.

Una delle sue famose opere, “Struggle with the quarry“, che raffigura un falco che attacca un airone, fu un’attrazione alla Grande Esposizione del 1851 al Crystal Palace di Londra.

Appassionato ornitologo, interessato in particolare alla falconeria, attraverso la tassidermia egli conservava e ricreava scene naturali di cui era anche avido collezionista.

La tassidermia, in un’epoca in cui le informazioni faticavano ancora a girare, era un mezzo per poter conoscere da vicino specie animali provenienti da habitat lontani o inaccessibili, quanto e più degli zoo: un animale impagliato poteva costituire una fonte di informazioni e suscitare la curiosità degli spettatori.

Fra i più amati, erano certamente gli uccelli, che grazie alla loro piccola taglia si adattavano facilmente anche a costituire elementi di arredo, sotto campane di vetro che contribuivano a conservare le piume lontano dalla polvere.

La tecnica principale cosisteva nel conciare la pelle degli animali, che poi venivano montate su sagone in paglia, argilla o altri materiali. Gli occhi venivano sostituiti con occhi in vetro.

Altre tecniche di conservazione prevedevano invece l’utilizzo di formaldeide, un conservante nel quale immergere gli animali, poi mantenuti sotto vetro, e l’utilizzo di essicanti che, togliendo l’acqua dai tessuti, mummificavano gli animali.

La tassidermia vittoriana

Anche il diffondersi della moda del memento mori contribuisce alla popolarità della tassidermia vittoriana.

Sotto le famose campane di vetro venivano rappresentare scene di ogni genere, dall’albero coi rami pieni di uccellini alla miniatura cimiteriale.

Anche l’amore per gli animali, spesso, portava i padroni di cani deceduti (molto più raramente gatti) a voler tenere in ricordo perenne l’amato pet imbalsamato.

La Regina Vittoria, amante degli animali, in particolare cani, aveva dato il via a una vera e propria moda e chi poteva non rinunciava alla compagnia di qualche pelosetto, soprattutto abbaiante.

Tassidermia e fotografia.

Purtroppo per cani e gatti, anche la fotografia si avvaleva del supporto di animali impagliati per un miglior risultato: l’esposizione per ottenere una foto nitida era piuttosto lunga e gli animali difficili da tenere immobili per il tempo necessario, perciò, quale miglior soggetto di una creatura che di suo non ha proprio la facoltà di muoversi?

Insomma, post mortem umana, ma non solo.

La moda

Anche la moda vittoriana non disprezza gli animali impagliati e vediamo adorabili signore indossare sui cappelli, sempre più grandi ed elaborati, vere e proprie sculture tassidermiche, con uccellini, piume e a volte… anche altri animali.

Orrore, per noi, grande stile per le dame del tempo.

Walter Potter.

Il nome Potter ci fa subito pensare a due illustri inglesi, Harry, il maghetto più famoso del mondo, e Beatrix, la disegnatrice e scrittrice per bambini.

Beatrix, che amava dipingere animaletti dolcissimi antropomorfizzati, in un certo senso si avvicina all’arte di questo altro Potter vittoriano, ma credo che non ne condividesse obiettivi e intenti.

Mentre Beatrix era un’amante della natura viva, vera e libera, Water Potter è forse il più famoso tassidermista vittoriano.

Potter, che morì nel 1918, si specializzò in tableaux antropomorfi che divennero alcuni degli esempi più famosi dell’interesse vittoriano per tutte le cose stravaganti.

Come Beatrix (che non ha alcuna parentela con lui), il lavoro di Potter si è concentrato animaletti più teneri, con scoiattoli, conigli e gattini tra i suoi soggetti preferiti.

Oltre a essere lui stesso impagliatore, era anche un collezionista di animali imbalsamati, di cui arrivò a possedere più di 10.000 pezzi, che oggi si trovano nel museo ricavato nella sua casa a Bramber, nel Sussex. Fra i reperti più strani si trova un gattino a più zampe, un agnello a due teste e un assortimento sconcertante di altre curiosità.

Ma la vera fama di questo museo è dovuta alle sue scenette, che sembrano raffigurare dal vivo (“vivo” non è il termine giusto) le bellissime tavole della sua omonima illustratrice.

Troviamo coniglietti, gattini, scoiattoli intenti a rappresentare scenette di umana quotidianità: trasformati in scolaretti in una minuscola aula, oppure seduti attorno a un tavolo a bere un tè, o ancora in una raffigurazione di un matrimonio, con tanto di sposa, sposo, celebrante e invitati.

Oggi queste opere generano in noi un duplice effetto di attrazione e repulsione, hanno il fascino macabro tipico di tante espressioni del gusto vittoriano.

Forse anche allora suscitavano le stesse reazioni, ma accettando più facilmente tutti gli aspetti della vita, morte compresa, vivevano diversamente da noi il rapporto con le macabre.

Questi, in effetti, sono gli anni di Edgard Allan Poe, di Bram Stoker, ma anche gli anni del colera, delle ultime pestilenze, dei grandi progressi della medicina e dei gravi disagi sociali.

 

Le foto post mortem vittoriane

http://www.dailymail.co.uk/femail/article-2607024/Inside-incredible-world-Victorian-taxidermy-Stuffed-kittens-dressed-wedding-gowns-cigar-smoking-squirrels-photographed-new-book.html

https://en.wikipedia.org/wiki/John_Hancock_(ornithologist)

https://en.wikipedia.org/wiki/Taxidermy

Immagini da Pinterest.

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