Arma Infero, romanzo di Fabio Carta. Beccatiillibro!

Arma Infero di Fabio Carta.

La mia recensione

arma infero fabio carta
La copertina di Arma Infero

Erano molti anni che non leggevo fantascienza e devo dire che mi mancava. Quest’estate ho avuto la possibilità di trascorrere un periodo di vacanza su Mondo 9, dove Dario Tonani ha organizzato interessanti crociere su sabbia.

Le mia fantastiche vacanze sono poi continuate con un altro lungo viaggio su Muareb, il pianeta su cui è ambientato Arma Infero di Fabio Carta.

Devo dire che come località turistiche questi due pianeti non sono un granché: il clima fa schifo e i panorami sono abbastanza desolati.

Su Mondo 9 poi la sabbia è pure tossica. Ma visto che delle mie vacanze estive vi ho già parlato, oggi vi racconto qualcosa su Muareb e sulla storia che Fabio Carta vi ha ambientato.

Arma Infero è quello che si definisce un romanzo piuttosto complesso. Non poteva essere altrimenti, data la mole, che subito mette il lettore davanti a una sensazione: che questo non sia un libro da divorare, ma da centellinare. Da studiare.

I ritmi di lettura, infatti, sono scanditi anche dal ritmo del ricordo del protagonista, che incontriamo anziano, alla fine di un pellegrinaggio verso quella che sembra la meta finale della sua vita, il ricongiungimento con la mente collettiva che Lakon, il Martire Tiranno, ha ricostituito.

Ma chi è questo vecchio pellegrino, in cui ancora si intravedono gli antichi ardori e una forza d’animo non comuni? È lui stesso a raccontarcelo, nel monumentale flashback di questo romanzo.

La trama è perfettamente strutturata, ci consente di proseguire nella storia senza mai perdere di vista il narratore, anzi, permettendoci di inserire, uno dopo l’altro, tutti i tasselli che permettono di capire che cosa ha portato il mondo di Muareb dalla condizione di “abitabilità” dell’epoca in cui si svolge la storia a quella del presente, una situazione post apocalittica che risulta sconcertante.

Sono tantissime le sfaccettature di questo romanzo, le considerazioni che si possono trarre. Certamente è un’opera ragionata, in cui nulla viene dettato dal caso e questo si sente in ogni pagina.

Cercando di fare un’analisi breve ma dettagliata, partiamo dai personaggi.

arma infero fabio cartaKaran, la voce narrante, è la figura che predomina. Nel flashback lo troviamo giovane, nel ruolo di aiutante del maniscalco, ardente del desiderio di ottenere risultati dalla vita e dalla professione.

È una figura fortemente positiva: se ne percepisce, attraverso l’occhio e il giudizio del “se stesso futuro”, tutto l’acerbo entusiasmo, che solo in parte viene mitigato dalle dure esperienze di vita; entusiasmo che ritroviamo anche nel raccontare i ricordi, pur se velato dalla nostalgia della gioventù e permeato dalla coscienza del dramma vissuto dopo.

Ma Karan è un personaggio particolare, che vede se stesso in relazione a quello che dovrebbe essere il vero protagonista, Lakon.

Uno zodion, disegnato da Fabio Carta

Più volte l’attenzione del lettore viene riportata su questo, ossia sul fatto che tutta la narrazione dovrebbe essere vista come l’esaltazione di Lakon e delle sue imprese.

Eppure, Lakon non arriva mai ad avere la connotazione positiva che Karan, con le sue esaltazioni, cerca di trasmettere.

Lakon risulta a tratti simpatico, ma il lettore avverte una sorta di diffidenza nei suoi confronti, come se lo stesso Karan, pur parlando di lui come del suo migliore amico e come il salvatore di Muareb, non fosse del tutto convinto di ciò che dice.

Lo sentiamo nello stridente contrasto fra l’idea di un “salvatore” e della distruzione che ha subito il pianeta ad opera di tale personaggio e in tanti particolari presenti nei giudizi espressi dal narratore.

Karan, in realtà, è il nodo centrale attraverso cui tutto passa.

Lakon, senza Karan, non arriverebbe a realizzare il suo futuro di gloria, al quale per tutto il romanzo si accenna e che, però, non ci è dato vedere.

Qui, forse c’è uno dei punti che più mi hanno fatta arrabbiare di Arma Infero: la connessione interneurale, il risveglio della coscienza di Lakon e altri particolari sono lasciati alla fantasia del lettore e alla sua intuizione. Noi, all’inizio del romanzo, siamo informati che Karan è pellegrino alla ricerca della connessione a questa rete, di cui Lakon è il fulcro.

Veniamo informati subito che questa connessione è così importante da generare addirittura una religione, tanto che Karan, da vecchio maltrattato, diventa venerato ospite quando palesa la sua identità. C’è uno stacco temporale molto lungo e denso di avvenimenti fra il passato narrato da Karan e il momento in cui racconta. Di questo intervallo di tempo ci facciamo un’idea raccogliendo indizi, ma non ci viene regalato, nel finale, un vero senso di chiusura.

Mi aspetto un secondo romanzo, certamente. Ma anche sapendo che la storia va avanti, dopo così tante pagine credo che al lettore si debba una chiusa che raccolga di più le fila della trama.

Questo particolare, lo sottolineo, non toglie nulla alla qualità altissima dell’opera: non è facile portare avanti un romanzo così colossale senza cadute e Arma Infero ne ha davvero pochissime.

Uno zodion, disegnato da Fabio Carta

Alcune parti sono un poco più lente, ma fa parte dell’economia dell’opera: Karan si perde in alcuni ricordi e accelera altri. Per esempio, si sofferma a lungo nella descrizione dello zodion, il mezzo di trasporto dei cavalieri del pianeta (e con questa scarna spiegazione sento d’aver attirato l’ira del sanguigno maniscalco!), mentre per esempio della donna amata parla moltissimo, a più riprese, ma è avaro di particolari.

Uno degli elementi della storia meglio riusciti, lo dico da profana della fantascienza ma da lettrice appassionata, è l’ambientazione. Ho apprezzato moltissimo il mondo costruito da Carta, perché è un pianeta con una storia alle spalle, una storia lunga che noi possiamo ricostruire da tanti particolari disseminati lungo il romanzo e non solo dalla spiegazione iniziale che ci introduce nella storia.

Vediamo un pianeta in cui l’umanità ha avuto regressioni invece di evoluzioni, nel quale il genere umano, giunto a colonizzare il suolo sterile di Muareb, ha perso le conoscenze e la cultura originarie, pur continuando a utilizzare le tecnologie che gli permettono la sopravvivenza.

Meravigliosi sono gli sprazzi del passato che ci vengono presentati: primo fra tutti la Cerca del Pagan, attorno alla quale si dipana gran parte della storia, che ci racconta di una cultura antica, snaturata e travisata, che ha assunto nuovi significati (anche all’insaputa degli adepti).

 

Una particolarità che non passa inosservata in Arma Infero è certamente il lessico.

Un punto controverso, perché a volte la lettura viene resa difficoltosa dal linguaggio forbito. Un esempio: “Lakon è il Martire Tiranno, soffre della sua libertà e della sua dispersione, resa ancora più insopportabile se vissuta immersa nella quotidiana sincrasi gestaltica della rete cognitiva metaumana;….” Ecco, la sincrasi gestaltica può mettere un po’ in difficoltà. Ma questo registro estremamente aulico ci aiuta a inquadrare meglio la voce narrante, che emerge parola dopo parola: Karan, da vecchio mendicante assurge a una dignità fuori dal comune, dimostrandosi un uomo colto, amante della conoscenza e dalla lunga e interessante esperienza.

Il registro elevato ci porta anche ad aumentare l’attenzione al messaggio che il romanzo vuole trasmetterci. E di questo, si potrebbe dibattere a lungo.

Gli spunti forniti da Arma Infero sono molti, che passano attraverso riflessioni sulle religioni, sull’uso della tecnologia, fino a considerazioni più astratte e filosofiche.

Arma infero è un libro così. Impegnativo, solido e ricco. Non ha le caratteristiche di quelle opere epiche in cui tutto accade in fretta, in cui si corre insieme ai protagonisti in mille avventure, ma è un’opera in cui possiamo guardare un mondo morente attraverso gli occhi di un testimone d’eccezione, in cui ci viene concesso di vivere la Storia insieme a chi l’ha fatta. In cui rimane costante la tensione e la voglia di comprendere i fatti attraverso cui l’autore ci guida senza mai svelarsi direttamente, ma ci conduce attraverso il punto di vista disincantato del protagonista.

Il libro su Amazon http://www.amazon.it/Arma-Infero-Il-Mastro-Forgia-ebook/dp/B00XIX71Q2/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1450255641&sr=1-1&keywords=arma+infero 

L’autore

arma infero fabio cartaFabio Carta nasce a Roma nel 1975 dove si laurea in Scienze Politiche con indirizzo storico, sviluppando uno spiccato interesse per le convulse vicende che dall’evo moderno alla contemporaneità hanno visto le evoluzioni, gli incontri e gli scontri tra i popoli e le culture.
A questi interessi particolari unisce l’inevitabile passione per la cultura fantastica e avventurosa, prettamente cinematografica e televisiva, comune a quasi tutti i quarantenni della sua generazione che questa cultura l’hanno vista nascere, un fenomeno che solo i successi di Guerre Stellari e Star Trekpossono esemplarmente rappresentare (non dimenticando, ovviamente, l’importanza non soltanto sentimentale dei numerosissimi cartoni animati giapponesi dell’infanzia, ossia i primi, leggendari anime “ante litteram”).
Per anni impiega il suo tempo libero alla ricerca d’una sintesi tra queste sue predilezioni, un modo creativo, tra disegno e narrativa, per superare il dualismo apparentemente inconciliabile dei suoi interessi. Da un lato tenta quindi di nobilitare gli ambiti cinematografici, televisivi e fumettistici, nonché videoludici – in perfetto stile “nerd” – con uno stile più ricercato e meno banale, mentre dall’altro vuole dotare d’una riscrittura più dinamica e accattivante le nozioni e le cronache “accademiche”, affascinanti e immortali, tratte ovviamente dai suoi studi storico-politici e dalle seriose ed ostiche letture a cui volontariamente – di tanto in tanto – si sottopone, tra cui molte delle opere medievali del ciclo bretone e arturiano. Per questo,come molti, non può esimersi dal subire il fascino del fantasy, in particolare della pervasiva poesia ambientale de Il signore degli anelli, che meglio di tutti nella letteratura contemporanea ha saputo coniugare la solennità letteraria col gioco della fantasia.
Ma è nella narrativa di fantascienza pura, soprattutto nella space opera, che cerca la sua maggiore ispirazione; e la trova nell’epica mistica di Dune, nella nettezza marziale di Fanteria dello Spazio come nell’intimo, sofferente pacifismo nella Guerra Eterna di Haldeman. E ancora, la sua immaginazione vaga in preda alle vertigini nella vastità narrativa del ciclo di Hyperion, perdendosi nell’immane intreccio “psicostorico” delle varie Fondazioni di Asimov, per finire perduta tra le allucinazioni cibernetiche di Neuromante. Nasce in lui l’idea di poter dar vita ad una sorta di “peplum” narrativo postmoderno, un sincretismo distopico tra fantasy e fantascienza che sia qualcosa di più d’una semplice trasposizioni di poteri magici in tecnologie arcane. Vi sono dame e cavalieri, intrighi di corte e amori a profusione e tradimenti degni di Lancillotto come del Trono di Spade; ma soprattutto storie di guerra, di coraggio e amicizia. Animato da questo intento, inizia a scrivere, creando il mondo di Arma Infero; e in questo mondo ambienta il suo primo romanzo. Impiegato, marito e padre di due figli, che da sempre tollerano pazientemente i suoi momenti di evasione nel remoto spazio siderale, nei ritagli di tempo prosegue indefesso a gettare pianeti, mostri ed eroi dalla tastiera sullo schermo del suo pc, fantasticando sul giorno in cui potrà eleggere la sua passione a professione. (http://www.expartibus.it/arma-infero-di-fabio-carta/)

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