La primavera nell’arte ottocentesca
La primavera nell’arte ottocentesca
La primavera: da sempre musa ispiratrice per tutte le arti, dalla pittura alla poesia, questa stagione ha suscitato negli anni degli artisti opere meravigliose e intramontabili.
Sono molti i simboli che possiamo identificare nelle opere dedicate alla primavera: è un tempo di rinascita, di nuova luce, di speranza, di ritorno alla vita… Ma non solo, perché sono tante le sfaccettature che possiamo trovare nell’arte dedicata alla primavera.
Quando si parla di rinascita, infatti, non si può evitare di pensare anche alla morte, alla che si trova quando si è certi che qualcosa è andato perduto per sempre.
(in calce all’articolo, una gallery con questi e molti altri dipinti dedicati alla primavera nell’arte ottocentesca)
La primavera nell’arte ottocentesca- La poesia
Emily Dickinson, la poetessa che, per eccellenza, ha fuso la bellezza della natura ai sentimenti e ai moti dell’animo, dedica alla primavera una poesia piena di luce, di colore e di trascendenza, ma introduce una tematica meno gioiosa, quella della malinconia che accompagna l’improvviso risveglio della natura, simile a un senso di perdita.
Emily Dickinson
Una Luce esiste in Primavera
Non presente nell’Anno
In qualsiasi altro periodo –
Quando Marzo è a malapena qui
Un Colore sta là fuori
Su Campi Solitari
Che la Scienza non può cogliere
Ma la Natura Umana avvertire.
Aspetta sul Prato,
Mostra il più remoto Albero
Sul più remoto Pendio che conosci
Quasi ti parla.
Poi quando gli Orizzonti si avviano
O i Mezzogiorni replicano lontani
Senza Formula di suono
Passa e noi restiamo –
Un senso di perdita
Intacca il nostro Contento
Come se un Commercio s’insinuasse d’un tratto
In un Sacramento –
Emily Dickinson
La primavera ritorna sul mondo.
Guardo l’aprile, che non ha colori
Per me, finché tu venga,
Come prima del giungere dell’ape
Restano inerti i fiori,
Destati all’esistenza da un ronzio.
(c. 1865)
La primavera nella poesia ottocentesca italiana
Molto complessa e ricca di spunti delicata da Leopardi alla primavera.
Il poeta riprende le tematiche classiche con immagini idilliache e bucoliche permeate della mitologia a lui tanto cara, ma le permea con la sua personale poetica riguardante la natura che, lontana, impassibile, insensibile, porta avanti i suoi cicli, ignara delle difficoltà e dei percorsi umani.
In effetti facilmente la primavera si sposa con i richiami alla classicità, soprattutto nel periodo storico che della classicità ha fatto il suo vessillo.
Anche nell’arte-in particolare nell’allegoria-il richiamo alla mitologia e all’arte è molto forte, tuttavia in Leopardi l’immagine classica costituisce una elemento in forte contrasto con il quadro globale in cui il poeta incastona come una gemma i suoi accenti più lirici che entrano in una contrapposizione quasi stridente con il messaggio finale del poeta: la prima ero io parti è un momento di indagine ora che porta all’eterno interrogativo sulla sorte dell’uomo e sul ministero che avvolge la sua sofferenza.
Dopo aver parlato di Leopardi, presentare in poche righe le opere di Carducci e di Pascoli è un po’ come ritornare alla luce dopo aver nuotato in una caverna oscura.
Ancora richiami classici, per questi due grandi poeti di fine 800, sia nella struttura del verso sia nella terminologia, i richiami alla mitologia.
Questi versi selezionati per voi, come accompagnamento ai bei dipinti dell’arte ottocentesca, ci riportano ai margini primaverili piene di luce, di vita, nei quali troviamo torrenti mormoranti colori vividi e splendenti e una natura in pieno rigoglio. Per Carducci in particolare queste immagini primaverili si adattano perfettamente al parlar d’amore, quello presente e quello perduto. Ma l’amore presente prende il nome di Lalage, la donna amata da Orazio. Si tratta quindi dell’ennesimo richiamo alla poesia classica più che un sentimento vissuto.
Giosue Carducci
Vere novo
Rompendo il sole tra i nuvoli bianchi a l’azzurro
sorride e chiama – O primavera, vieni! –
Tra i verzicanti poggi con mormorii placidi il fiume
ricanta a l’aura – O primavera, vieni! –
– O primavera, vieni! – ridice il poeta al suo cuore
e guarda gli occhi, Lalage pura, tuoi.
Primavera classica
Da i verdi umidi margini
la violetta odora,
il mandorlo s’infiora,
trillan gli augelli a vol.
Fresco ed azzurro l’aere
Sorride in tutti i seni:
io chiedo a’m tuoi sereni
occhi un più caro sol.
Che importa a me de gli aliti
Di mammola non tocca?
Ne la tua dolce bocca
Freme un più vivo fior.
Che importa a me del garrulo
Di fronde e augei concento?
Oh che divino accento
Ha su’ tuoi labbri amor!
Auliscan pur le rosee
Chiome de gli arboscelli:
l’onda de’ tuoi capelli,
cara, disciogli tu.
M’asconda ella gl’inanimi
Fiori del giovin anno:
essi ritorneranno.
Tu non ritorni più.
Giovanni Pascoli
Primavera, entro le botti
già canticchia il vin fremente;
tornan già gli augelli dotti
da le scuole d’oriente.A le Naiadi il torrente
or sussurra odi e strambotti
che imparò là su l’algente
Alpe in grembo a l’alte notti.Là su gli alberi pensosa
chiedi forse, o Luna, ai venti
una strofe faticosa?Anch’io penso uno stornello!
rime son gli abbracciamenti,
sono i baci il ritornello.
Voglio chiudere questa rassegna con la poesia di Angiolo Silvio Novaro, poeta nato alla fine dell’800, per l’esattezza nel 1866, che con la sua poesia le sue opere attraversò quel periodo così fertile della letteratura italiana dei primi decenni del novecento. La pioggerellina di marzo è una poesia che era molto cara la mia mamma, e non posso leggerla senza pensare a lei.
Non ha la profondità di altri grandi poeti che hanno scritto fra 8-900, ma questa poesia, quasi una filastrocca, piena di musicalità, del ritmo quasi musicale, dalle immagini vivide che tanto richiamano quelle dell’estetismo ben più famoso di D’Annunzio, ha il potere di trasmettere con immediatezza al lettore e all’ascoltatore l’immagine di un unico marzo, nel quale la natura bagnata da una delicata pioggia viene richiamata alla vita. Una poesia che tanti bambini hanno imparato a memoria, presente in molte antologie proprio grazie alla sua musicalità che ne rendeva facile la memorizzazione.
La pioggerellina di marzo di Silvio Novaro sembra far riecheggiare la pioggia nel pineto di D’Annunzio, ma in modo quasi infantile, con quello stupore tipico dello sguardo dei bambini. Il che me la rende infinitamente più cara.
Angiolo Silvio Novaro
Che dice la pioggerellina di Marzo?
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d’oro?Passata è l’uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera,
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia,
domani uscirà Primavera
guernita di gemme e di gale,
di lucido sole,
di fresche viole,
di primule rosse, di battiti d’ale,
di nidi,
di gridi,
di rondini ed anche
di stelle di mandorlo, bianche…Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d’oro?Ciò canta, ciò dice:
e il cuor che l’ascolta è felice.
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto.
La primavera nell’arte ottocentesca – la pittura
La primavera nell’arte ottocentesca, in particolare nella pittura ha grande spazio.
Abbiamo accennato come il simbolismo legato alla primavera sia di grande ispirazione per gli artisti ottocenteschi, costantemente alla ricerca di relazionare il segno e il simbolo e di trasmettere attraverso le loro opere emozioni e messaggi.
i legami simbolici più frequenti sono quelli fra primavera e rinascita naturale (fiori, campi, torrenti…), fra la primavera e la fecondità (nascite di animali, soprattutto domestici) e primavera e femminilità. Sono le donne le protagoniste di quadri dedicati alla primavera: il binomio sottolinea l’aspetto della natura madre, ma non solo, della pura bellezza che si incarna nel concetto di femminino.
Anche i bambini sono spesso protagonisti di quadri dedicati alla primavera: la giovinezza (rinnovata) della natura rappresentata in parallelo alla primavera della vita.
In particolare la primavera nell’arte ottocentesca trova espressione nella pittura degli impressionisti e del pointillisme: catturano la luce di questa stagione imprigionandole sulla tela attraverso l’impressione, rendendola allo spettatore sotto forma di emozione.
L’arte preraffaellita, invece, sceglie invece l’espressione dell’allegoria, tra simbolo concentrandosi sui particolari naturali dei dipinti. Nei loro quadri troviamo spesso paesaggi naturali nei quali priori e il loro linguaggio hanno importanza fondamentale per la comprensione della tela.
Anche l’accademismo riprende il tema della primavera attraverso immagini intrise di classicismo, come ad esempio nell’allegoria di William-Adolphe Bouguereau.
La pittura russa e la pittura del realismo aprono per noi ampie finestre su panorami rurali, nei quali luci e ombre, colori, immagini, raccontano la primavera attraverso l’incanto della natura che si apre a nuova vita.
La primavera nell’arte ottocentesca italiana si esprime con grande efficacia attraverso l’arte dei macchiaioli, che vicini agli impressionisti come tecnica pittorica, ma capaci di una forza espressiva tutta peculiare, rendono nelle loro tele sia la campagna che rinasce sia il profondo rapporto fra l’uomo e la natura, che per loro si esprime nel lavoro rurale.
Non posso, infine, non citare la mia amatissima Helen Allingham, che con la sua campagna inglese ha trasmesso appieno quello spirito bucolico e nostalgico dell’epoca vittoriana, nato dai troppo rapidi mutamenti dell’epoca industriale.
Ovviamente questo articolo non vuole essere un saggio esaustivo sulla primavera nell’arte ottocentesca, ma raccontare un breve percorso attraverso le arti per trasmettere al lettore tutta la suggestività delle opere dedicate a questa magnifica stagione vista attraverso il gusto, lo stile, le tematiche e le poetiche degli artisti del 1800.
Gallery
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http://www.danielesquaglia.it/dipinti-1900/paesaggio/carrara-nino-1880-1969/primavera