Nellie Bly – 10 giorni in manicomio – il reportage dall’inferno

Nelly Bly – 10 giorni in manicomio – storia di un reportage dall’inferno

Nellie Bly è stata una delle più coraggiose e intraprendenti reporter di tutti i tempi. Nel 1887 accettò un incarico sotto copertura, affidatole dal suo capo redattore, e trascorse dieci giorni nel manicomio di New York. Ne uscì un reportage che sconvolse un’intera generazione.

Nellie Bly – 10 giorni in manicomio

10 giorni in manocomio è il libro che Nellie Bly scrisse in seguito alla sua esperienza presso Blackwell’s Islad Asylum, il manocomio newyorkese che sorgeva sull’omonima isola.

Nellie Bly

Nellie Bly era lo pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran (Burrell, 5 maggio 1864 – New York, 27 gennaio 1922), giornalista statunitense che per prima si è dedicata al giornalismo investigativo: fu la prima reporter a infiltrarsi  sotto copertura, appunto nel manicomio di cui parliamo oggi. Il suo nome è legato anche a un viaggio da record,  sulle tracce di Phileas Fogg, che nel romanzi di Jules Verne compì il giro del mondo in 80 giorni. Nellie Bly ci impiegò 72 giorni.

Nellie diventò giornalista quasi per caso: rimasta orfana di padre a soli sei anni, tredicesima di quindici figli, dovette ben presto cercarsi un’attività per contribuire al mantenimento della famiglia. Il suo obiettivo era diventare insegnante, ma in seguito a una risposta inviata alla redazione del Pittsburgh Dispatch, le fu offerto un posto come giornalista.

Intraprendente, coraggiosa, si dedicò con passione al lavoro, arrivando a intervistare  Victoria Woodhull, la prima donna a candidarsi Presidente degli Stati Uniti.

nellie bly

Ben presto, Nellie si dedicò alle condizioni di lavoro nelle fabbriche, ma le sue attività di denuncia la resero invisa agli industriali della zona, e la giovane fu costretta a trasferirisi. Rimase in Messico come corrispondente estera del suo giornale, ma anche qui i suoi articoli la resero impopolare e il governo messicano la  costrinse e a rimpatriare.

Dopo le’sperienza messicana, Nellie Bly era pronta per il grande salto e si trasferì a New York, dove ottenne un posto al un posto New York World, di Joseph Pulitzer: fu quest’ultimo ad avere l’idea di spedirla al manicomio sull’isola Roosevelt, da cui trasse il reportage che la rese famosa.

In seguito, fu sempre Pulitzer a mandare Nellie a repllicare il viaggio raccontato da Jules Verne nel romanzo “il giro del mondo in 80 giorni”. Nellie riuscì nell’impresa di Fogg e riuscì a rientrare entro il settantaduesimo giorno.

Nellie Bly fu inoltre la prima donna a viaggiare attorno al mondo senza essere accompagnata da uomini e divenne un modello per l’emancipazione delle donne.

nel 1895 si sposò con il milionario Robert Seaman e lasciò il giornalismo, ma solo temporaneamente: rimasta vedova, non fu in grado di gestire le attività del marito e finì col trasferirsi in Europa. Era scoppiata la guerra e Nellie aggiunse un nuovo primato a quelli già ottenuti: divenne la prima corrispondente di guerra donna, per il New York Evening Journal, dai fronti russo e serbo.

Ritornata negli Stati Uniti cinque anni più tardi, continuò a scrivere e a mobilitarsi per vedove e orfani. Ritornò in seguito a scrivere articoli di cronaca, parlando al congresso delle suffragette del 1913.

All’età di soli 57 anni, il 27 gennaio 1922, Elizabeth morì di polmonite al St. Mark’s Hospital di New York. Fu sepolta in una modesta tomba al Woodlawn Cemetery nel Bronx.

«Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò».

nellie bly

L’esperienza in manicomio – il Blackwell’s Island Asylum

Il Blackwell’s Island Asylum era un istituto psichiatrico costruito sull’isola Roosevelt, nel 1834. Nonostante la costruzione fosse recente rispetto ad altre strutture, le condizioni in cui versava erano quasi leggendarie a New York.  Scrive Nelli Bly che, prima di  entrare come ospite, era stata convinta che molto di quanto si raccontava del manicomio fosse esagerato,  ma che una volta entrata, si è resa subito conto che la verità era anche peggio di quanto si diceva in giro.

Il blackwell Asylum era una struttura pubblica, chi vi entrava viveva sostanzialmente della carità: qui fin dalla sua fondazione venivano mandati senza troppe cerimonie o analisi i pazzi immigrati, i poveri senza altra forma di sostentamento: bastava il giudizio emesso da un tribunale per avere  un biglietto senza ritorno dall’isola.

Nel 1840, solo un anno dopo l’apertura, la popolazione era di 278 persone, mentre nel 1870, senza alcun miglioramento significativo negli alloggi o nelle infrastrutture, l’ospedale ne ospitava 1.300, molto più di qualsiasi ospedale statale dell’epoca.

http://www.asylumprojects.org/index.php/Blackwell%27s_Island_Asylum

asylum

Nel 1866 l’ospedale occupava diversi edifici, tre dei quali ospitavano pazienti. Questi erano il manicomio vero e proprio, dove soggiornava la maggior parte dei pazienti, nell’edificio originale, il Lodge o “Mad-house”, e il ritiro. Il Manicomio era ospitato nella struttura originaria del 1836, costituita da due ali che si incontravano ad angolo retto, unite al centro da una torre ottagonale.

Altri due edifici ospitavano il Ritiro (reteat), dove venivano ricoverati i pazienti più violenti, e la Loggia (lodge) in cui stazionavano quelli appena internati, ma che al tempo in cui Nellie fece il suo reportage era diventato una sorta di luogo punitivo, dalle condizioni igieniche inimmaginabili.

A parte, altre strutture erano dedicate alle cucine, separate per medici e infermieri rispetto a quelle dei pazienti, e le  aree di riposo del personale.

A terra, una palazzina ospitava il Bellevue, dove sostavano i pazienti in attesa del trasferimento col battello.

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Il reportage 10 giorni in manicomio

Nellie Bly fu internata sotto il falso nome di Nellie Brown: fingendo un’amnesia e asserendo di provenire da Cuba, riuscì a superare i blandi esami medici e fu ricoverata insieme ad altre donne.  Una di loro, entrata a causa della debilitazione a seguito di una lunga malattia, nel giro di  poche settimane arriverà al punto di rottura a causa dei trattamenti subiti.

Il racconto che Nellie fa del manicomio ricorda da vicino quelli delle deportate nei campi di concentramento.

Privata dei propri abiti, lavata con acqua gelida in vasche comuni dalle acque putride, con teli per asciugarsi condivisi da più persone. Annullamento completo della privacy, della libertà di movimento, della possibilità di dialogare, le pazienti vengono maltrattate senza motivo apparente e subiscono ogni sorta di vessazione da infermiere prive non solo di umanità, ma anche delle minime competenze: Nellie racconta di come una di loro non fosse neppure in grado di prendere misure con un metro o un termometro.

Nellie Bly viene ricoverata in autunno, ma le temperature già rigide mettono a dura prova i fisici spesso già compromessi delle ospiti della struttura: finestre lasciate appositamente aperte, indumenti troppo leggeri per la stagione fanno il resto, insieme a un’alimentazione che lascia sconvolti.

Nellie racconta di aver trovato nella fetta di pane ammuffito che faceva parte del suo pasto un nido di ragno. Cibo scarso e avariato è quello che nei dieci giorni di ricovero la  giovane reporter si trova costantemente nel piatto, arrivando a mangiare senza guardare per poter sopravvivere.

I racconti che la giornalista riesce a raccogliere sono agghiaccianti e parlano di vere e propri abusi perpetrati dalle infermiere verso i pazienti, in particolare quelli più indifesi.

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Il risultato  del reportage di Nellie Bly.

Dopo la pubblciazione degli articoli di Nellie Bly, il Grand Juri la convocò per raccogliere la sua deposizione e in seguito Nellie tornò a Blackwell iniseme a ispettori. Dopo lo scandalo destato  dalla sua testimonianza, trovò la situazione incredibilmente migliorata: nel giro di pochissimi giorni le pazienti avevano ricevuto un drastico cambiamento nei trattamenti. Alcune dele pazienti che avevano parlato con Nellie, erano state dimesse molto rapidamente, altre invece risultavano troppo malte per poter ripetere le loro versioni ai commissari.

In ogni caso, qualcosa si era già mosso e avrebbe continuato a muoversi.

Che cosa accadde dopo

L’asylum fu progressivamente svuotato, mentre nuove strutture sorgevano in altre aree  della città. verso la fine del 1800 smise di essere utilizzato come manicomio e fu adattato come ospedale, ma a metà del Novecento fu dismesso completamente e infine demolito.

 

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