I misteriosi teschi vittoriani
I misteriosi teschi vittoriani
L’epoca vittoriana, tempo di grandi luci e di profonde tenebre, di arte sublime e di oscuri misteri.
Epoca di contrasti, in cui le scienze hanno cominciato a squarciare le tenebre dell’ignoranza, ma in cui la fantasia ha superato i suoi più arditi confini.
Di questo periodo conosciamo l’interesse quasi morboso per la morte, per il lutto, sotto innumerevoli aspetti.
Il periodo vittoriano è quello del lutto, espresso con abiti, gioielli, atteggiamenti, fino a divenire un modo di vivere.
Nasce la moda delle foto post mortem.
Oggi, però il nostro viaggio nel tempo ci conduce a scoprire un aspetto dell’arte vittoriana che strettamente si collega al gusto un po’ macabro dell’epoca: i misteriosi teschi vittoriani.
I teschi vittoriani
Il teschio è un simbolo dal molteplice significato: rappresenta il memento mori, il monito che ci riporta a rammentare la caducità della vita, ma è anche legato al mondo dell’alchimia e della magia.
Nell’arte trova svariate rappresentazioni, nelle quali fa presente, con un impatto emotivo sempre efficace, i messaggi a lui affidati.
“Tutto è vanità” (1892)
“Tutto è vanità” di C. Allan Gilbert (1873-1929), se visto da vicino, rappresenta solo una signora seduta alla propria specchiera. Davanti a lei, profumi e boccette, mentre lei si rimira e si riflette nello specchio. Ma se ci allontaniamo, ecco che l’immagine sfuma, perde confini e l’occhio si inganna. Ecco che al posto sella bela signora compare un teschio.
Tutto è vanità, il titolo, preso dal Qoelet, uno dei testi biblici, ci ricorda per l’appunto quanto sono effimere le gioie e i dolori della vita, quanto la vita stessa sia solo un soffio.
Il messaggio di questa stampa, che rese Gilbert famoso, è chiaro.
I teschi vittoriani nascosti
Henry Gillard Glindoni nella sua opera “John Dee performing an experiment before Queen Elizabeth I” raffigura invece una scena di corte.
John Dee è stato un matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo, navigatore e imperialista inglese, presso la corte della regina Elisabetta I. Si dedicò inoltre per la maggior parte della vita all’occultismo, alla divinazione e alla filosofia ermetica.
In questo dipinto lo vediamo intento a mostrare un esperimento di alchimia alla regina e ai cortigiani. Di teschi, direte, non ce ne sono… ma alcuni mesi fa, in occasione di una mostra al Royal College of Physicians (RCP), la tela è stata analizzata ai raggi X e ha riservato agli studiosi una sorpresa: l’alchimista in origine era circondato da teschi.
L’immagine originariamente dipinta da Glindoni, quindi, era molto più macabra e sottolineava più l’aspetto “magico” del personaggio, mentre la committenza desiderava invece più accento sull’aspetto “scientifico”. Così i teschi sono stati coperti.
La pittura della morte in epoca vittoriana
In realtà la pittura vittoriana più spesso rappresenta la vita della morte. A parte la celeberrima Ofelia e altri dipinti preraffaelliti, gli artisti del periodo preferiscono temi diversi, lasciando, letteralmente, i morti alla nuova arte fotografica.
Restano numerose opere di morti “storiche”, come quella di Marat dipinta da Jacques-Louis David: ma il senso del macabro è quasi assente, privilegiando l’aspetto sacrale della morte.
http://www.deceptology.com/2011/07/worlds-most-famous-optical-illusion.html
https://it.wikipedia.org/wiki/John_Dee
https://en.wikipedia.org/wiki/Henry_Gillard_Glindoni
https://en.wikipedia.org/wiki/Human_skull_symbolism
https://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Allan_Gilbert
le immagini sono prese da http://hyperallergic.com/269477/secret-skulls-found-in-a-victorian-painting-of-a-16th-century-magician/ e da