La gravidanza in epoca Regency

La gravidanza in epoca Regency

La gravidanza in epoca Regency era una questione di vita o di morte per le donne, sotto molti punti di vista. Vero è che i bambini nascono da millenni, ma la sicurezza, per quanto accresciuta negli ultimi cento anni, non è mai totale: in epoca Regency, a maggior ragione, partorire – anzi, aspettare un bambino – era questione perigliosa, tanto  che secondo alcuni studiosi uno dei motivi che ha spinto Jane Austen a non sposarsi sia stato vedere i risultati della gravidanza delle sue cognate: in particolare, Anne, la moglie di James, muore di parto nel 1795.

la gravidanza in epoca regency
http://collections.britishart.yale.edu/vufind/Record/3623557

La gravidanza in epoca Regency – le famiglie

Le famiglie in epoca Regency erano spesso numerose, specie quando i matrimoni erano frutto dell’amore. Non c’erano molti metodi contraccettivi, ad esclusione dell’astinenza tutti gli altri metodi erano per lo più frutto di superstizione o di speranza. I figli nelle famiglie di campagna erano forza lavoro, ma le figlie femmine costituivano un po’ un problema, in quanto, nel poco o nel molto, necessitavano di una dote e se non l’avevano rischiavano di restare in famiglia come zitelle.

la gravidanza in epoca regency

Le ragazze, questo problema!

Le ragazze provenienti da famiglie povere venivano mandate a imparare i pochi mestieri a cui avevano accesso: nelle case come cameriere e sguattere, nelle sartorie e nelle modisterie… in alternativa, con un minimo di spesa, una specifica istruzione le rendeva adatte a ruoli di governanti o istitutrici.

Nelle campagne, aiutavano nei campi e in casa, dove c’era sempre da fare, fra cucina e rammendo, o nella cura dei bambini (i fratelli più piccoli erano spesso affidati alle sorelle maggiori, in modo da lasciare maggiore libertà alle madri e da allenare le ragazze).

Se si riusciva a farle sposare, però, era sempre un sollievo per la famiglia paterna.

la gravidanza in epoca regency

Leggi anche: Le mestruazioni nel 1800

Nelle famiglie più ricche, le ragazze venivano preparate per fare buoni matrimoni, veniva fatto su di loro un “investimento economico” proporzionale alle finanze di casa e alla possibilità di successo della giovane, per ottenere dalle nozze il più possibile. La donna nubile, tuttavia, rischiava sempre di restare a carico dei parenti, in quanto dal punto di vista legale l’eredità femminile era spesso sfavorita. Le ereditiere, che per qualunque motivo entravano in possesso di beni sufficienti al proprio mantenimento, erano rare, spesso subordinate a tutori. Il modo migliore per una donna di essere libera e di avere il controllo di denaro era solo la vedovanza.

I figli maschi

I figli maschi erano graditi sia dai poveri, sia dai ricchi che dai nobili.

I poveri avevano garantito aiuto nei campi, i borghesi potevano tramandare le loro attività commerciali, i nobili il titolo e i possedimenti in linea diretta.

I figli cadetti avevano qualche difficoltà in più a trovare il loro spazio sociale: potevano entrare in commercio, nella chiesa, nell’esercito, ma non potevano contare più di tanto sull’aiuto economico della famiglia di origine, che investiva maggiormente nel primogenito.

gravidanza regency

La differenza “gerarchica” della prole

Di solito i matrimoni combinati nelle famiglie nobiliari, in cui le coppie non riuscivano a instaurare legami affettivi, dopo la nascita del primogenito maschio diventavano, purtroppo spesso, di facciata e mariti e mogli conducevano vite separate.

La nascita di un cadetto era considerata una buona assicurazione per la discendenza: la mortalità infantile era alta, per cui un maschietto secondogenito era cosa buona.

Pensiamo alla famiglia Bertram di Mansfield Park: durante la grave malattia del primogenito, subito la fidanzata del cadetto si prepara a subentrare come lady…

Secondo la legge inglese, le donne non entravano nelle linee ereditarie, ma il patrimonio passava al primogenito maschio, in particolare i beni inalienabili che risultavano legati al titolo. Alle donne restava la dote, e le figlie femmine potevano ereditare la dote materna e quanto i loro padri assegnavano loro.

la gravidanza in epoca regency

 

I pericoli della gravidanza in epoca Regency

La gravidanza era già di suo una fase pericolosa: pensiamo oggi a quanti controlli, esami, precauzioni vengono prese dalle future mamme: all’epoca non c’erano nemmeno linee guida valide sull’alimentazione, per cui spesso nelle famiglie povere si riscontravano gravi carenze alimentari, che rendevano le gravidanze a rischio.

L’alcol veniva utilizzato come cordiale: alle gravide veniva somministrato per dare vigore vino o birra. Insomma, non era affatto sano il regime alimentare pensato per la gravidanza.

Spesso, per tutelare la donna, la gravidanza veniva considerata al pari di uno stato di malattia e dopo i primi mesi le donne sii ritiravano a riposo. Non che fosse un malanno, ma certamente era un vantaggio che le signore potessero riposare negli ultimi mesi e potessero evitare di esporsi a rischi sanitari. Il periodo di ritiro era principalmente dovuto al decoro: non stava bene parlare di argomenti legati alla sfera sessuale, e una gravidanza era considerata, in un certo senso, un modo di manifestare… attività sessuale, anche se si festeggiava come un lieto evento.

Le donne del popolo avevano molti meno riguardi del loro stato e se, in campagna, potevano contare sulla fitta rete familiare e amicale, in città erano molto più a rischio, tenendo conto anche delle precarie condizioni igieniche e della scarsa sicurezza alimentare.

La gravidanza in epoca Regency – il parto.

Il parto era il momento più rischioso per la vita delle donne, per molti fattori.

Il primo e più grave pericolo era quello legato alle febbri puerperali, che diventano ancora più diffuse in epoca vittoriana, con la crescita dell’ospedalizzazione.

Nella completa mancanza di nozioni sulla disinfezione e sulla sterilizzazione, chi assisteva le partorienti era il veicolo inconsapevole delle infezioni che le avrebbero uccise. Chi partoriva nelle campagne era a minor rischio, in quanto le ostetriche ra un parto e l’altro avevano il tempo di darsi una pulita, ma in città e soprattutto negli ospedali la situazione era gravissima: gli studenti di medicina e i medici che seguivano i parti, potevano anche passare direttamente dall’obitorio alla sala parto, con conseguenze terrificanti per le povere mamme.

L’esperienza empirica era ciò che le levatrici avevano a disposizione per la professione. Le conoscenze mediche erano scarse e non c’era modo di sapere, fino al parto, come fosse la situazione del feto, o dei feti, la loro posizione o se vi fosse qualche problema.

Partorirai con dolore

I dolori del parto erano considerati la punizione di Dio per il peccato originale. Per secoli (e c’è chi lo pensa ancora) si è pensato che i dolori del parto derivassero dalla Bibbia, e non che la Genesi tentasse in qualche modo di “spiegare” una realtà nota e non facilmente accettabile, ossia che la nascita fosse così vicina alla morte. L’epoca Regency è forse la linea di confine, l’illuminismo sta mettendo in discussione la lettura letterale della Bibbia e la scienza sta muovendo i primi passi verso l’analgesia.

Vittoria sarà una delle prime donne, nel suo ultimo parto, a far uso di anestetico.

Alle partorienti e alle neo mamme poteva venire somministrato una specie di zabaione, una bevanda a base di vino, uova e spezie di nome “caudle”: il nome, che deriva dal latino “calidum”, è quello di un alimento molto antico e molto diffuso nelle campagne, come ricostituente, e grazie alla modica quantità di alcol aveva un effetto anestetico verso i dolori del parto. Era così diffuso che negli ospedali vittoriani era inserito nella dieta delle puerpere.

Nel diciottesimo secolo il dottor Buchan aveva però sconsigliato di bere il caudle, raccomandando invece il salasso (che dopo un parto hai sangue da buttare, di solito…). Il dottor Denman, altro luminare, era invece convinto che né il caudle né il salasso fossero appropriati durante il travaglio: per alleviare il dolore delle contrazioni…  bisognava calmare la paziente e mantenerla allegra, nella convinzione che “Nessuna donna ha mai avuto un dolore invano. Ogni dolore deve avere la sua utilità”. Insomma, l’ostetrica doveva distrarre la futura mamma, così partoriva gioconda.

L’anestesia non sarebbe stata utilizzata durante il travaglio fino al 1847, quando l’etere fu somministrato a una donna in travaglio dal medico scozzese James Simpson. (continua…)

http://www.elenagreene.com/regencycb.html

http://efferivistafemminista.it/2014/12/parto-quali-problemi-quali-metodi-curiosita-superstizioni-storia/

Immagini da pinterest

 

Pubblicità