Il parto in epoca Regency – Mondo Regency al Femminile parte seconda

Il parto in epoca Regency – Mondo Regency al Femminile parte seconda

Il parto in epoca Regency era tutt’altro che una passeggiata: era il momento più rischioso per madre e figlio.

Abbiamo parlato della gravidanza, ora accompagniamo la nostra signora Regency nel delicato e doloroso momento del parto.

Come già detto nel precedente articolo, i dolori del parto erano considerati non solo una cosa “naturale”, ma una punizione divina per la donna. Per secoli (e c’è chi lo pensa ancora) si è pensato che i dolori del parto derivassero dalla Bibbia, e non che la Genesi tentasse in qualche modo di “spiegare” una realtà nota e non facilmente accettabile, ossia che la nascita fosse così vicina alla morte.

Il dolore del parto in epoca regency

L’epoca Regency è forse la linea di confine, l’illuminismo sta mettendo in discussione la lettura letterale della Bibbia e la scienza sta muovendo i primi passi verso l’analgesia.

Vittoria sarà una delle prime donne, nel suo ultimo parto, a far uso di anestetico.

Durante il travaglio, per dare forza alla partoriente, si usava somministrare il caudle, anche se nel diciottesimo secolo il dottor William Buchan, un grande medico, fra l’altro uno dei primi a puntare l’attenzione sulla prevenzione anziché sulla cura, sconsigliava il caudle, caldeggiando il salasso durante il travaglio. Il dottor Thomas Denman, altro luminare che dedicò la vita all’ostetricia, proponeva un approccio davvero originale: per alleviare il dolore delle contrazioni…  bisognava calmare la paziente e mantenerla allegra, nella convinzione che “Nessuna donna ha mai avuto un dolore invano. Ogni dolore deve avere la sua utilità”. Insomma, l’ostetrica doveva distrarre la futura mamma, così sentiva solo i dolori realmente utili. In effetti, oggi si fa grande attenzione anche alla componente psicologica del travaglio, pur sapendo che non basta una barzelletta per evitare i dolori.

L’anestesia arriva in sala parto solo nel 1847, quando l’etere viene somministrato a una donna in travaglio dal medico scozzese James Simpson. Ma fino allo stesso periodo, non solo il parto, ma anche le operazioni chirurgiche avvengono in assenza di anestesia, perciò…

parto in epoca regency
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Il parto in epoca regency – va tutto bene…

Se tutto andava bene e il parto si svolgeva con tranquillità, di solito non veniva richiesto l’’intervento del medico. I dottori restavano a disposizione soprattutto per le nobildonne e venivano chiamati se qualcosa non andava bene.

Un lungo travaglio non era considerato fattore di rischio, per cui non era abitudine cercare rimedi per accelerare la dilatazione, per quanto, già nei primi anni dell’800, fossero noti sistemi per rendere il travaglio più rapido: le ostetriche erano in grado di svolgere efficaci dilatazioni manuali. Il medico interveniva solo se il travaglio durava troppi giorni e la partoriente rischiava la vita: in alternativa, la si lasciava a soffrire, soprattutto se si trattava del primo figlio. Era considerato fisiologico un travaglio lungo.

parto in epoca regency

 Ma spesso bene non va

Le donne vivevano il travaglio e il parto in una stanza diversa dalla loro camera da letto, se c’era a disposizione spazio per evitarlo. La camera veniva riscaldata, anche in estate, e isolata termicamente: alle finestre venivano applicate stoffe e tendaggi pesanti per impedire correnti d’aria.

La partoriente era libera di muoversi, ma soprattutto nella nobiltà si era diffuso da un po’ il parto a letto: era un modo per sentirsi differenti dalle donne del popolo che invece camminavano, si accucciavano. Purtroppo, stare a letto non facilita il parto, che invece viene aiutato dal movimento e dalla gravità e questo costituiva un ulteriore problema.

Potevano esserci molti motivi per cui il travaglio si protraeva e il parto diventava rischioso: un feto podalico o in posizione anomala, un parto plurigemellare, una sproporzione fra bacino della partoriente e testa del bambino…

Il cesareo era l’ultima via che poteva tentare un medico, ma poiché veniva praticato senza anestesia e senza disinfezione, provocava per certo la morte della madre; per questo, veniva utilizzato più spesso quando la partoriente era già morta nel tentativo di salvare almeno il bambino.

Non erano possibili interventi in caso di emorragia, se non tamponi vaginali applicati per tentare di arginare la fuoriuscita di sangue: manovre dolorose e inefficaci.

C’erano anche altre “soluzioni” drastiche, cruente e oggi per noi inaccettabili: se non c’era modo di permettere la fuoriuscita del bambino, o se il piccolo moriva durante il parto, per tentar di salvare la madre si praticava l’embriotomia, insieme alla craniotomia: il feto veniva smembrato per estrarne le varie parti più facilmente. Questa pratico, oltre che traumatizzante, non era comunque priva di rischi per la madre, che rischiava comunque la rottura dell’utero, emorragie, infezioni.

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Henry Nelson – madre che deposita il figlio nel ruotolo dell’ospizio.
L’abbandono era una scelta drammatica, ma frequente. Anche l’infanticidio era, purtroppo praticato.

Il parto in epoca Regency – gli strumenti medici

Molto simili a strumenti di tortura, esistevano strumenti medici che potevano contribuire a salvare qualche vita, per quanto più spesso facessero danni irrimediabili a madre e figlio.

Il forcipe, che dalla metà del 1500 era in uso in Europa, era utilizzato quando i bambini restavano troppo a lungo impegnati nel canale del parto. L’utilizzo era ed è ancora oggi, molto delicato, per i danni che può provocare al bambino. Il suo inventore, il dottor Peter Chamberlen, era così geloso della sua invenzione che ne fece un segreto di famiglia: i suoi discendenti andavano e venivano dalle case delle partorienti tenendo ben al sicuro il forcipe. Quando poi il segreto fu svelato, molto praticanti inesperti fecero danni paurosi, in quanto l’uso necessitava una persona preparata.

L’uncino ostetrico era invece il terribile strumento usato per staccare al feto parti del corpo per permetterne la fuoriuscita. Anche questo, come il forcipe, faceva parte della dotazione base degli ostetrici georgiani e vittoriani.

Un altro attrezzo utilizzato era il vectris, una specie di cucchiaio che veniva usato per alterare la posizione della testa del feto e aiutarlo così a uscire. Come altri strumenti chirurgici ottocenteschi, quelli più preziosi erano realizzati in avorio e cuoio, materiali che non erano sterilizzabili nemmeno volendo.

la gravidanza in epoca regency

Un mestiere tutto al femminile

Per centinaia di anni il mestiere della levatrice fu prerogativa femminile. Fino all’età georgiana, quando a competere con queste magnifiche donne arrivarono i primi ostetrici maschi, figure a metà tra il medico e la levatrice. I primi ostetrici cominciarono a lavorare nel 1600.

Nonostante il pudore imperante all’epoca, l’ostetrico divenne presto una figura apprezzata, anche perché le sue competenze erano più vicine a quelle di un medico e dava più affidamento, anche se in realtà, il numero di decessi fra le puerpere aumentò drasticamente col passaggio del parto nelle mani maschili e negli ospedali: erano le febbri a stroncare le povere mamme, e la causa, la mancata igiene e sterilizzazione di mani e strumenti.

Bisognerà arrivare al 1861, quando I.P. Semmelweis, medico viennese, dimostrò dopo lunghi anni di polemiche quale fosse la vera causa della febbre puerperale: il contagio provocato dalle “particelle cadaveriche”, trasportate dalle mani dei medici dalla sala di dissezione alle corsie della maternità.

Per quanto sembri strano, i suoi studi non vennero affatto accolti con favore e accettati.

la gravidanza in epoca regency
http://collections.britishart.yale.edu/vufind/Record/3623557

E dopo il parto in epoca Regency?

Dopo il parto, le mamme venivano lasciate a riposo per un periodo abbastanza lungo, chi poteva anche per i primi quaranta giorni.

Era un periodo che veniva considerato di convalescenza ma anche di “purificazione”.

Subito dopo il parto la neo mamma veniva lavata e cambiata, portata nella sua camera o messa a letto fra lenzuola pulite. Tutta la biancheria macchiata veniva portata via. Il piccolo, lavato e fasciato, veniva poi consegnato alla madre, se aveva la forza di tenerlo, oppure portato nella camera a lui assegnata (la nursery nelle case più ricche era nel sottotetto, di solito).

Per la mamma cominciava una dieta liquida nella quale era per concesso vino o birra (alimenti calorici e in grado di ritemprare), il famoso caudle, e magari qualche tonico come ricostituente.

Le poveracce, in alcuni casi, venivano mantenute in stanze sigillate e buie come durante il parto, anche se già a fine Settecento la moda di arieggiare cominciava per fortuna a farsi strada. Se persistevano dolori, arrivava il laudano e risolveva tutto.

Nei giorni del confino, le mamme non ricevevano visite, non si alzavano dal letto e venivano nutrite a brodini: tutto questo, per gradi, tornava alla normalità.

Quando i lochi terminavano, la donna poteva finalmente tornare a vestirsi e a partecipare appieno alla vita quotidiana.

La purificazione religiosa

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. (Luca 2:22-24).

La presentazione di Gesù al Tempio è anche il momento in cui Maria, quaranta giorni dopo il parto, si presenta per la purificazione; l’offerta delle colombe è sia un riscatto del primogenito, come prescritto dalla legge mosaica, sia un segno di purificazione per la madre. La festa non a caso cade 40 giorni dopo Natale ed è chiamata anche Candelora: molto sentita sia dai cattolici che dagli ortodossi, ha lasciato segno anche nei riti protestanti. In Inghilterra è uso che la prima uscita pubblica della madre Regency sia proprio quella per andare in chiesa per il “Thanksgiving of Women after Childbirth”, in cui venivano recitate preghiere di ringraziamento; il pastore diceva: “Per quanto è piaciuto all’Onnipotente Dio della sua bontà di darti una salvezza sicura, e ti ha preservato dal grande pericolo del parto, renderai quindi calorosamente grazie a Dio “. La neomamma rispondeva: “Sono molto lieta che il Signore abbia ascoltato la voce della mia preghiera. Le trappole della morte mi circondavano; e le pene dell’inferno si sono impossessate di me.”

Questo rito avveniva di solito prima del battesimo.

la gravidanza in epoca regency

Leggi anche: La gravidanza in epoca Regency

http://efferivistafemminista.it/2014/12/parto-quali-problemi-quali-metodi-curiosita-superstizioni-storia/

http://www.elenagreene.com/regencycb.html

https://collection.sciencemuseumgroup.org.uk/objects/co95715/obstetrical-vectis-united-kingdom-1801-1900-obstetrical-vectis

http://phisick.com/item/obstetric-hook-and-crochet-with-ebony-handle/

https://www.historyextra.com/period/georgian/the-georgian-guide-to-perfect-parenting/

Baby love: 6 Georgian infants

 

 

 

 

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