Gli Inglesi e l’Italia – gli anglobeceri e il viaggio nell’800

Gli Inglesi e l’Italia – gli anglobeceri e il viaggio nell’800

Gli inglesi e l’Italia sono un binomio dai risvolti assai curiosi. Si può dire che dal Settecento in poi, l’amore non sia mai andato diminuendo. Fino a generare una parola strana e suggestiva: anglobeceri.

Sembra che il primo a giurare fedeltà al nostro Paese sia stato Sir Horace Mann, un diplomatico inglese, che, dopo varie peregrinazioni per motivi di salute in giro per l’Europa, si stabilì a Firenze, dove trascorse la vita al servizio del Gran Ducato.

inglesi in Italia - anglobeceri
Una veduta panoramica di Firenze da Bellosguardo, 1775.

Qui, incaricato di varie missioni diplomatiche, trasformò la sua dimora in un vero punto di riferimento per i suoi compatrioti in viaggio per l’Italia.

Palazzo Manetti, sua dimora a Firenze, era un luogo di cultura e di confronto, dove gli inglesi si scambiavano notizie e informazioni.

Fra le sue amicizie vantava letterati come Horace Walpole, che fu in Italia per il gran Tour dal 1739 al 41 e il pittore e incisore Thomas Patch.

Morì celibe a Firenze il 6 novembre 1786. Suo nipote Orazio ereditò la sua baronia e gli subentrò anche come Incaricato d’affari fino all’arrivo del suo sostituto.

inglesi in Italia - anglobeceri
Thomas Patch, lungarno

Nel 1700 erano molti gli inglesi in giro per l’Italia, tanto da creare delle vere e proprie comunità culturali intorno che ruotavano intorno a mecenati locali e inglesi.

L’inglese in Italia era di due categorie: il nobile ricco in viaggio per il Gran Tour e l’uomo di cultura, in viaggio di studi.

Scrittori e pittori cercavano, in Italia, i grandi del passato e nuove correnti, soggetti da dipingere e ispirazioni.

Gli Anglobeceri

In particolare la Toscana e le campagne del centro Italia attiravano frotte di turisti, tanto che la popolazione locale trovò un nome per definire gli inglesi che decidevano di fermarsi ad abitare in zona: gli anglobeceri.

Il nome ci fa sorridere, perché in dialetto fiorentino “becero” significa “ignorante, chiassoso e definisce il cittadino fiorentino volgare e poco istruito. Ma unito ad “anglo, il significato si inverte e l’anglobecero è in realtà una persona colta, che non si trincera dietro le difficoltà della lingua ma che si inserisce nel tessuto sociale con grande sensibilità.

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Gli Anglobeceri non si limitavano a brevi soggiorni in alberghi e locande, ma si fermavano stabilmente nelle città italiane, dove prendevano dimore, spesso lussuose ville perse fra le colline o antichi palazzi nel cuore del centro storico, e diventavano punto di riferimento per i connazionali in viaggio, ma non solo: i loro salotti erano sempre importanti luoghi di diffusione culturale.

inglesi in Italia - anglobeceri
Esterno di Casa Guidi, dimora dei Browning

Elizabeth e Robert Browning

Elizabeth e Robert Browning sono uno dei più classici esempi di anglobeceri. La coppia, dopo il matrimonio segreto nel 1846, fuggì in Italia, soprattutto per il cagionevole stato di salute della poetessa, a cui era stato suggerito il clima più mite del Bel Paese.

Dopo un breve soggiorno a Pisa, i Browing presero dimora stabile a Firenze, in una antica casa originariamente appartenuta alla famiglia Ridolfi.

Qui, nonostante i numerosi viaggi all’estero, i due trascorsero molto tempo, scrivendo numerose opere. Sempre a Firenze ebbero il loro unico figlio, Pen.

Elizabeth era già molto nota in patria per i Poems, Robert in Italia scrisse invece le opere che lo consacrarono come uno dei maggiori poeti inglesi di sempre.

Lo studio di Robert Browning

La coppia si considerava italiana d’adozione al punto che Elizabeth seguì con vivo interesse la politica locale, arrivando a scrivere un lungo poema, “Dalle finestre di casa Guidi”, dedicato ai movimenti patriottici che fervevano in quegli anni.

Il loro idillio finì con la prematura morte di lei nel 1861, sempre fra le mura della sua amata casa, mentre Robert, rimasto vedovo, si trasferì a Venezia dove viveva il figlio, fino alla morte.

Oggi casa Guidi è un museo.

inglesi in Italia - anglobeceri

Firenze e gli inglesi

Nel periodo vittoriano, un terzo della popolazione fiorentina era rappresentato da stranieri, molti dei quali inglesi.

Era così frequente che qualche ricco inglese trascorresse lunghi periodi in Italia che ne troviamo traccia anche in letteratura, per esempio nei romanzi di Henry James.

Egli stesso, grande viaggiatore, nel 1877 attraversò l’Italia, che gli ispirò parte dei suoi racconti di viaggio e l’opera “Racconti italiani”.

Gilbert Osmond in Ritratto di Signora vive a Firenze, in un palazzo enorme e sfarzoso, circondato da opere d’arte. Dopo il matrimonio, Isabel intraprende una vita da gentildonna, fra ricevimenti e lusso, anche se la triste verità è che Osmond l’ha scelta per il suo patrimonio e non per amore.

Non era raro che gli inglesi scegliessero l’Italia non tanto per amor di cultura, quanto per motivi di altro genere, non ultimo il minor costo della vita e la possibilità di una vita più libera dalle regole rispetto alla patria.

Meno occhi a sorvegliare la condotta, meno regole da seguire, la possibilità di non portare in patria eventuali scandali: per i ricchi inglesi, o per le signorine in viaggio con chaperon, erano grandi vantaggi.

Tivoli dipinta da Patch

Un clima salutare…

L’Italia era anche meta importante per il turismo… sanitario.

Gli inglesi nutrivano la convinzione che tutto il clima italiano fosse dotato di poteri curativi. Il caldo, il sole, la luce, ma non solo: l’alto numero di località termali e, nella seconda metà dell’800, il minore inquinamento da carbone, rendevano l’Italia un luogo dove rifugiarsi a curare un gran numero di malattie.

Le località marittime, le città termali e le città d’arte erano ugualmente mete appetibili per gli inglesi. Una delle città più amate era Bagni di Lucca, che vantava sia le terme che un clima marittimo: la località era molto amata dagli Shelley, che in Itala trascorsero molto tempo.

RothwellMaryShelley
Rothwell – Mary Shelley

Le città d’arte, tuttavia, restavano le predilette.

Firenze e Roma, in particolare, ospitavano un numero così alto di inglesi da dover provvedere a terreni di sepoltura acattolici per gli ospiti che morivano in loco.

…Che non sempre funzionava

La stessa Elizabeth Barrett non lasciò mai l’Italia: il suo monumento funebre si trova nel cimitero degli inglesi di Firenze.

Quest’ultimo di trova in Piazzale Donatello ed era stato edificato in un terreno acquistato dalla Chiesa evangelica riformata svizzera nel 1827 per realizzare un cimitero internazionale ed ecumenico, anche per i russi e i greco-ortodossi.

Elizabeth col figlio

Prima che venisse costruito, tutti gli stranieri venivano sepolti all’esterno dei cimiteri cattolici oppure portati a Livorno, dove ancor oggi si trova il più antico cimitero non cattolico non solo d’Italia, ma di tutto il mediterraneo.

Qui trovarono sepoltura marinai, viaggiatori e stranieri stabilitisi in Italia, come il già citato Horace Mann.

A Bagni di Lucca si trova un altro importante cimitero a cattolico, attivo dalla metà dell’800.

Tomba di Elizabeth Barrett Browning a Firenze

Mary e Percy Shelley

A girovagare per l’Italia, in un viaggio di vita, dolore e arte, sono i coniugi Shelley, che dal 1818 in poi attraverseranno il Paese soggiornando in numerose località, da Nord a Sud.

Percy Bysshe Shelley in Italia muore nel 1822, durante un’escursione in mare.

Fra le località più amate dalla coppia, la zona di Viareggio.

Mary, dopo la morte del marito, rimase per un anno a Genova, ospite di amici.  La vita coniugale era stata molto travagliata e costellata di gravi lutti e la scrittrice rientrò in patria definitivamente nel 1823, con il figlio superstite.

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Byron

Un altro importante ospite dell’Italia fu Byron, che dedicò ai viaggi e al gran tour gran parte della sua vita. Rimase in Italia dal 1816 al 23, sostando principalmente a Venezia, dove rimase per tre anni, a Firenze e in Liguria.

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Il carnevale di Venezia e di Viareggio erano grandi attrattive turistiche, così come i vari palii cittadini.

Era evento di interesse anche la settimana santa a Roma, con tutte le processioni e le celebrazioni in Vaticano.

Venezia e le sue pietre erano comunque una delle città più amate degli inglesi, come testimoniano i viaggi di John Ruskin, scrittore e critico d’arte, che a Venezia trascorre lunghi periodo alla ricerca della nuova estetica.

Motto edmonia lewis original
Motto edmonia lewis original

Gli inglesi in Italia per l’arte e per la libertà

Furono tantissimi gli artisti inglesi in Italia per studiare la pittura, la scultura e l’architettura.

Fra i più importanti nell’800 citiamo Evelyn De Morgan, preraffaellita, dopo il matrimonio con lo scrittore William De Morgan, trascorse un lungo periodo in Italia, diventando con lui una vera anglobecera: a Firenze ebbe modo di studiare come in patria non le sarebbe mai stato consentito.

L’arte al femminile, per quanto a noi sembri strano, era meno mal vista in Italia che altrove e il nostro Paese era un punto di riferimento di libertà per le donne. Ovviamente straniere!

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Oltre a Evelyn, Mary Edmonia Lewis, una scultrice afroamericana che aveva origini anche nativo-americane, trascorse a Roma gran parte della sua vita e del suo periodo di attività. Qui i pregiudizi verso le sue origini erano molto meno evidenti e la sua arte apprezzata.

L’Italia, inoltre, a differenza dell’Inghilterra, aveva durante l’800 un moralismo meno bigotto, oltre a un certo permissivismo verso gli stranieri.

Ariadne in Naxos by Evelyn De Morgan 1877
Ariadne in Naxos by Evelyn De Morgan 1877

In Inghilterra vigevano leggi molto severe contro l’omosessualità, soprattutto maschile. Leggi assenti del tutto in Italia. La legislazione aveva subito diversi mutamenti al riguardo, ma una coppia di uomini non rischiava il carcere duro, come invece accadeva nel Regno Unito.

Wilde, dopo due anni di carcere, con la reputazione distrutta, scelse proprio l’Italia come meta. Qui rimase per un breve periodo, insieme all’amato Bosie, a Napoli. Dopo l’abbandono di quest’ultimo, Wilde si recò in Francia, con la salute minata e l’animo esacerbato: morirà solo tre anni dopo.

Alcune fonti – Inglesi in Italia e anglobeceri.

https://ricerca.gelocal.it/iltirreno/archivio/iltirreno/2002/11/13/LAT04.html

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/03/22/da-sir-horace-mann-fino-sting-anglobeceri.html

http://www.giovannidallorto.com/saggistoria/wilde/wilde.html

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