I bagni in epoca Regency.

scarborough sea bathing 1813 regency jane austen

I bagni in epoca Regency: in spiaggia con Jane Austen!

Nel mezzo dell’estate anche Miss Darcy si concede una piccola vacanza.

i bagni in epoca regencyNon lascia il blog, e nemmeno il suo salotto tanto accogliente, ma ne approfitta per un viaggio nel tempo che la porterà sulle belle spiagge inglesi per scoprire gli usi e le abitudini nell’epoca della Reggenza per quanto concerne i bagni in mare, specie delle signore.

A quanto pare, per una volta è in epoca Regency che inizia una moda, quella dei bagni in mare: fino a metà Settecento, infatti, nuotare e fare bagni non era affatto diffuso.

Poi, grazie alle teorie del dott. Russell di Brighton (guarda caso un posto di mare!!!), convinto dei benefici dei bagni in mare, e soprattutto grazie ai gusti del Reggente, che ne divenne un sostenitore, il ton e l’alta borghesia cominciarono a vedere in questa attività un vero toccasana. E così le località di mare divennero turistiche.

Jane Austen fu una delle fan dei bagni in mare e ne scrisse alla sorella… ma ci lasciò anche preziose informazioni nei suoi libri. In Persuasione, in occasione della gita a Lyme dei protagonisti, leggiamo:

Erano arrivati in un periodo troppo avanzato dell’anno per i divertimenti e la varietà  che poteva offrire Lyme come posto di villeggiatura; i locali pubblici erano chiusi, i villeggiati quasi tutti partiti, lasciando a malapena qualche famiglia di non residenti, e, dato che non c’era molto da ammirare negli edifici in sé, l’attrazione principale della cittadina era la strada principale che quasi si immerge nell’acqua, la passeggiata del Cobb, che fiancheggia la piccola e bella baia, animata durante la stagione da carrozze da bagno e villeggianti[…] Volume primo, capitolo 11

Ma che cos’erano queste carrozze da bagno? e le donne sapevano nuotare? Come facevano?

i bagni in epoca regency
Fonte: http://kathleenbaldwin.com/ladies-swim-regency-era/

I bagni in epoca Regency: le donne e il mare.

I primi costumi da bagno che conosciamo sono di epoca vittoriana: con quale abbigliamento le donne prendevano i bagni in mare in epoca Regency?

Dalle stampe d’epoca, le soluzioni sono due: in presenza di occhi indiscreti, le signore entravano in acqua con abiti, sottovesti e camiciole, certo poco pratiche per nuotare. Quindi, adatti ad acque basse e sicure. Andava anche di moda un bel mantellone, che copriva dal collo ai piedi. Pratico per il nuoto a farfalla in versione crisalide!!!!

Ma molte donne, a quanto sembra, sapevano nuotare e mettevano in pratica questa conoscenza, allontanandosi abbastanza da altri bagnanti per potersi mettere in déshabillé, come mostrano altre stampe del periodo.

i bagni in epoca regency

I bagni in epoca Regency: le carrozze da bagno.

Le località balneari, poi vista la moda, di dotarono di particolari mezzi anfibi, le carrozze da bagno di cui parla la Austen in Persuasione, con le quali le signore potevano allontanarsi dalla riva, nel comfort e nella privacy di una specie di cabina mobile, che permetteva loro di tuffarsi in acqua direttamente dalla carrozza, sulla quale poi potevano risalire, asciugarsi e rivestirsi agevolmente, aiutate da apposite assistenti (ovviamente donne).

Ci spiega Giuseppe Ierolli, nella sua traduzione di Persuasione del 2013, in una nota:

Le “bathing machines” erano utilizzate, oltre che per svestirsi e rivestirsi, anche per permettere un accesso quasi “privato” al mare. Tobias Smollett, nel suo Humphry Clinker, pubblicato nel 1771 (vol. 2, pp. 134-5), le descrive così: “Immaginatevi una piccola e confortevole stanzetta di legno, poggiata su ruote, con una porta a ciascuna estremità, e due piccole finestre ai lati con sotto un sedile.

Il bagnante, una volta entrato attraverso scalini di legno, si chiude dentro e comincia a spogliarsi, mentre il servitore attacca un cavallo alla parte rivolta verso il mare e fa avanzare il tutto fino a che l’acqua non sia al livello del pavimento, poi sposta il cavallo dalla parte opposta. La persona che è dentro, una volta spogliata, apre la porta che dà sul mare, dove è pronto un assistente, e può subito immergersi in acqua. Dopo aver fatto il bagno, risale nella carrozza, attraverso scalini che sono stati appositamente calati, e si riveste comodamente, mentre il tutto è riportato indietro verso la parte asciutta della spiaggia, cosicché non ha altro da fare che aprire la porta, e scendere così come era salito.

Le assistenti che accompagnano in acqua le signore sono del loro stesso sesso e, come le bagnanti, hanno un costume da mare di flanella, o meglio, sono provviste di tutto il necessario per salvare il decoro.” (citato in: Jane Austen, Later Manuscripts, edited by Janet Todd and Linda Bree, Cambridge University Press, 2008, p. 649-50).

I bagni in mare regency
Una signora sta nuotando: con il mantellone sarebbe impossibile! Fonte: http://kathleenbaldwin.com/ladies-swim-regency-era/

I bagni in epoca Regency: quando andare al mare?

Se ci immaginiamo le spiagge assolate piene di dame e gentiluomini, in una calda giornata estiva, dobbiamo spostare il nostro calendario dai primi dell’Ottocento in su: prima, ossia all’inizio di questa salutare moda, il bagno si prendeva in inverno, nelle prime ore del mattino: era curativo e serviva a calmare. D’altra parte, era uno dei principi della medicina di allora: nei periodi freddi si curava col freddo, in quelli caldi col caldo.

Diciamo che le dame ne uscivano temprate o morte!

All’epoca di Persuasione, però la stagione balneare ci viene presentata come finita in autunno, quindi la malsana idea di fare tuffi invernali era già passata.

bagni in mare in epoca vittoriana
Ironia Vittoriana!

I bagni in epoca Regency: non solo mare!

Non solo al mare le donne prendevano bagni: dalle stampe si ricava che le signore approfittavano anche di torrenti, stagni e laghetti per rinfrescarsi nelle giornate estive passate in campagna.

Non si trattava di una questione di igiene: non ci si lavava per essere puliti, ma per avere un po’ di frescura.

La famosa scena del laghetto con Colin Firth che si tuffa dopo un viaggio a cavallo sotto al sole, che nel libro Orgoglio e Pregiudizio peraltro manca, ci fa vedere come anche gli uomini non si spogliassero più di tanto: ricordiamo che la camicia, di per sé era già un indumento intimo, e un uomo senza giacca, solo in camicia e pantaloni, era considerato indecente. Ma per bagnarsi le delicate giacche andavano tolte, se non si voleva rovinarle definitivamente. Quella, dunque, era l’unica concessione.

Alle terme non andava diversamente: i bagni termali si prendevano vestiti.

E se la moda prevedeva ancora la parrucca, si teneva pure quella.

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E il sole?

No, quello non si prendeva. Ma questo lo sappiamo già tutti, per cui il nostro viaggio nel tempo oggi finisce qui, mentre sulla nostra carrozza da bagno ci asciughiamo per tornare a riva.

 

Fonti:

http://kathleenbaldwin.com/ladies-swim-regency-era/

http://www.jausten.it/persuasione.pdf

https://it.wikipedia.org/wiki/Costume_da_bagno

https://janeaustensworld.wordpress.com/tag/regency-sea-bathing/

https://janeaustensworld.wordpress.com/2009/08/10/benjamin-beale-bathing-machines/

http://wordwenches.typepad.com/word_wenches/2011/08/bathing-customs.html

(La mia) Jane Austen

Due parole su Jane Austen

Piccola riflessione su Jane Austen, senza pretesa di critica letteraria

jane austenJane Austen. E immediatamente passano nella testa immagini, emozioni, ricordi.

Jane Austen e pensi a Mr. Darcy, alle sue diecimila sterline l’anno. Pensi a Colin Firth che esce da laghetto e speri che esca pure dalla TV e arrivi da te, che te lo meriti più di Lizzie. Anche se hai novant’anni.

Jane Austen e senti che il cuore, quando ritrovi le sue pagine, è lo stesso della prima volta che le hai lette. Ritrovi te stessa, ma sempre migliore.

Jane Austen è come ascoltare ogni volta la colonna sonora della propria vita, quella musica che ti fa sentire a casa.

Ma come ha fatto, ci si chiede?

Chi era questa donna che ha incantato milioni di lettori?

Una zitella, dicono alcuni, sopravvalutata dalle donne troppo romantiche.

Eppure nei romanzi di Jane di romanticismo ce n’è assai poco: basta leggere le dichiarazioni d’amore che vengono fatte verso la conclusione dei romanzi per capirlo: l’ardore c’è, ma viene raccontato. La passione c’è, ma non viene mostrata.

“Invano ho lottato. Non è servito. I miei sentimenti non possono essere repressi. Dovete permettermi di dirvi con quanto ardore vi ammiro e vi amo.”

Lo stupore di Elizabeth era inesprimibile. Lo fissò, arrossì, dubitò e rimase in silenzio. Fu considerato un incoraggiamento sufficiente, e seguì immediatamente l’ammissione di tutto ciò che lui provava, e aveva a lungo provato, per lei. Parlava bene, ma c’erano da descrivere sentimenti che andavano oltre quelli del cuore, e sull’amore non fu più eloquente di quanto lo fu sull’orgoglio.

(Orgoglio e Pregiudizio, cap. 11 vol. II)

il corteggiamento ai tempi di jane austenL’ironia regna invece su tutto e su tutti, ogni personaggio – buono o cattivo – non sfugge al giudizio impietoso dell’autrice, che delinea pregi e difetti di ciascuno ben cosciente di non parlare d’uno, ma della natura umana intera.

Se alcuni anni dopo Thackeray con altrettanta ironia dipingeva la fiera delle vanità, quel mondo di apparenza imperante nella buona società inglese, Jane Austen usa il suo sguardo acuto e disincantato per raccontarci l’Uomo. Sì: anche la donna e, forse a maggior ragione, il suo ricamo è quello del mondo che conosce meglio, quello femminile, delle donne prigioniere di salotti e convenzioni, costrette a fare del matrimonio il centro della vita.

Un obiettivo che lei però, non ha perseguito nonostante le occasioni.

jane austenDonna fiera ed emancipata o… altro?

Credo una donna fedele a se stessa, senza illusioni ma niente affatto priva di speranze.

Jane Austen non è stata una creatura della sua penna, non ha vissuto attraverso la vita delle sue eroine, semmai ha proiettato in loro la sua vita, le sue acute analisi, il suo sguardo lucido e la sua  brillante capacità d’osservazione.

In alcune di loro ha raccontato se stessa, attraverso loro ha raccontato i suoi valori. Attraverso altre ha sussurrato i suoi sogni e le sue speranze.

Elinor e Marianne: in una l’esaltazione di ogni buona qualità, nell’altra l’inno al romanticismo che l’autrice condannava.

Ma infine alla giovane, redenta attraverso la sofferenza, rinsavita, Jane Austen concede il trionfo di ogni felicità.

Alla fine Marianne diventa la sintesi perfetta di realismo e sensibilità.

Ma alla fine, anche se Jane Austen condanna i vari Willoughby e Wickham, non si può fare a meno di vederli come il padre di Lizzie, come sospetto li veda la stessa Autrice:

“È proprio un bel tipo”, disse Mr. Bennet, non appena furono usciti, “com’è sempre stato. Fa sorrisetti, smorfie strane, ci fa la corte a tutti. Sono straordinariamente fiero di lui. Sfido persino lo stesso Sir William Lucas, a esibire un genero più apprezzabile.”

(Orgoglio e pregiudizio, Volume III, capitolo 11 )

Amabili e consigliabili no, ma divertenti… sì.

No, Lidia, Londra e Gretna Green non sono la stessa cosa.
Sposare Lydia… una bella condanna!

Ci sono condanne peggiori, per la Austen, di quelle riservate agli egoisti e ai libertini: ci sono quelle per chi sceglie il denaro al posto della condotta onorevole (e infatti l’aspetto peggiore di Willoughby non è il comportamento da libertino, ma la scelta del patrimonio al posto dell’amore, cosa che gli garantisce l’infelicità), quelle per chi non impara dai propri errori, quelle per chi non ama.

Questo vuole essere solo un breve pensiero dedicato a Jane Austen, un modo di alzare i calici in suo onore, e non posso che chiuderlo con Persuasione, in cui maggiormente si sente l’Autrice che vuole parlarci. Già malata, già, probabilmente, conscia che la sua breve vita volgeva al termine, in questo romanzo più che in ogni altro ci parla di speranza.

Dicono che sia il romanzo delle seconde occasioni, a me invece sembra quello che esalta la maturità.

Passo dopo passo, Anne trova se stessa. Supera quella fase in cui gli altri decidono per lei, supera il dolore arrecato dalle mancanze innumerevoli della sua famiglia. Non importa a che età accade, sembra volerci dire la Austen, e non importa come. La vita comincia ogni giorno, da quando decidiamo di viverla appieno.

Jane Austen, la mia Jane, ha fatto così.

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Per approfondire:

http://www.jausten.it/

Il matrimonio in epoca Regency

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Il matrimonio in epoca Regency costumi e abitudini

il matrimonio in epoca regency
Fonte: www.ebookcrossroads.com

Il matrimonio in epoca Regency era una questione importante.

Abbiamo già seguito la nostra giovane coppia Regency nel gioioso percorso del corteggiamento e del fidanzamento, abbiamo visto le regole e gli obblighi da assolvere per arrivare al matrimonio. Ora non rimane che… partecipare alle nozze!

L’immagine del matrimonio che abbiamo noi oggi riceve molte influenze dalle consuetudini instaurate a partire dall’epoca vittoriana, che ha dettato legge sulla moda e sui costumi delle epoche successive.

Il matrimonio in epoca Regency era, come molti altri aspetti della vita, molto meno formale e “famigliare”.

Il matrimonio nei ceti più bassi

Il matrimonio in epoca Regency costumi e abitudini
Abito da sposa del 1814, parigino. Da Pinterest. La sposa indossa un lungo velo.

Come sempre, noi facciamo riferimento a quelle classi sociali che troviamo più facilmente nei romanzi: piccola e media borghesia, famiglie di piccoli possidenti, fino ai ceti sociali più elevati. Per i ceti più bassi, come accennato anche parlando di alimentazione, tutto si svolgeva in base alle possibilità del momento, senza eccessi e con semplicità.

Se un bel pollo era considerato un regalo di fidanzamento molto gradito, possiamo immaginare anche il tenore di tutto il resto: la sposa semplicemente indossava l suo abito migliore e dopo le nozze si trasferiva a casa del marito, dove avrebbe vissuto con la famiglia di lui.

Prendiamo a esempio il matrimonio fra Harriet Smith e Mr. Martin, celebrato da Mr. Elton nella parrocchia. Una piccola cerimonia in presenza di parenti e forse qualche amico, e niente di più, se non forse un pasto più ricco in famiglia.

Harriet, divenuta la nuova signora Martin, si è poi trasferita alla fattoria, dove abitavano anche la madre e le sorelle di lui.

Il matrimonio in epoca Regency: la cerimonia

il matrimonio in epoca regency
Il matrimonio veniva celebrato sempre in chiesa, salvo in caso di licenza speciale.
(immagine di ragione e sentimento)

Il matrimonio in epoca Regency doveva svolgersi entro la mattinata, dalle otto a mezzogiorno e doveva essere celebrato in una chiesa della fede d’Inghilterra da un pastore anglicano o al massimo in una sinagoga.

La cerimonia era molto semplice, e comprendeva un formulario preso dal libro delle preghiere Book of Common Prayer, nella versione del 1662.

Il rito prevedeva che gli sposi si scambiassero promesse, come ancora oggi accade.

Gran parte della cerimonia ancora oggi viene utilizzata, infatti, nei matrimoni nordamericani: il libro delle preghiere comuni infatti nel corso dei secoli ha subito modifiche, ma alcune parti sono relativamente invariate.

Davanti agli sposi e all’assemblea riunita, il vicario descriveva lo scopo della riunione e faceva una breve introduzione al significato religioso delle nozze.

Seguiva la famosa formula di dichiarare l’esistenza di impedimenti alle nozze (in pratica veniva proclamata una pubblicazione). Dopo una piccola pausa di silenzio finalmente gli sposi venivano chiamati a scambiarsi i voti

“have and to hold from this day forward … thereto I plight thee my troth”.

Seguivano preghiere, una benedizione, letture bibliche e un’omelia: ecco la cerimonia in breve.

Il matrimonio in epoca Regency: l’anello

il matrimonio in epoca regency
L’anello nuziale
Fonte: www.songsmyth.com

Mentre per il fidanzamento l’uso di un anello non era consolidato, anche se talvolta veniva regalato come pegno d’affetto, alla sposa veniva donato un anello durante la cerimonia.

Non si trattava necessariamente di un anello d’oro: poteva essere un metallo meno prezioso oppure presentare pietre preziose.

Lo sposo invece non portava anello.

Sugli anelli e in generale sui gioielli indossati da innamorati e sposi si potrebbe aprire un capito a parte: si portavano infatti anelli, spille, ciondoli contenenti ciocche di capelli dell’amato/a, oppure minuscoli ritratti… anche solo dell’occhio dell’innamorato.

Questi gioielli appartenevano anche ai più noti mourning jewerly, i gioielli da lutto: erano sostanzialmente gioielli che servivano a tenere vicino un pegno o un ricordo del fidanzato, marito ecc., vivo o morto.

Prima di lasciare la chiesa, la coppia era tenuta a firmare un registro per dare ufficialità alle nozze.

Gli inviti a nozze

il matrimonio in epoca regency
All’uscita dalla chiesa.
In ragione e sentimento la sposa ha il velo

Nei matrimoni di campagna, e in quelli di una certa importanza in città, per curiosità si riversavano spesso molti membri della comunità, ma ad essere affollate erano solo le cerimonie.

Gli inviti alle nozze erano riservati ai parenti stretti e ad amici, che venivano invitati attraverso la corrispondenza.

Come vediamo in alcuni film tratti dai romanzi della Austen, nei matrimoni in epoca Regency erano presenti paggetti e damigelle, bimbi appartenenti alle famiglie, e damigelle amiche della sposa, facenti anche funzione di testimone (Emma, a quanto pare, ha questo ruolo per Harriet Smith).

Un testimone dello sposo era richiesto dalla legge. Ancora una volta, la tipica presenza di damigelle in fila accanto alla sposa, arriva solo in epoca vittoriana.

L’abito da sposa

il matrimonio in epoca regency
Orgoglio e pregiudizio: Abito bianco, ma non era obbligatorio.

Il matrimonio più importante in periodo reggenza è considerato quello fra la principessa Charlotte e il principe Leopold, nel 1816. Di questo matrimonio passarono alla storia l’eleganza della sposa, i gioielli indossati e la grandiosità delle nozze.

L’abito da sposa era in questo caso formato da una sopravveste di sottile lamé d’argento, ricamato in basso con lama d’argento in conchiglie e fiori. Corpetto e maniche erano elegantemente rifinite con pizzo di Bruxelles. Il manteau era di tessuto d’argento foderato di raso bianco, con un bordo ricamato come il vestito, e fissato nella parte anteriore con uno splendido diamante ornamento. Tale era l’abito da sposa … da La Belle Assemblee (Maggio 1816).

I vestiti da sposa Regency non erano necessariamente bianchi, moda vittoriana, ma comunque venivano preferiti colori pastello, ma anche blu. Pizzi e ricami arricchivano quello che poi restava l’abito migliore della giovane sposa e veniva riutilizzato nelle grandi occasioni.

Le acconciature non prevedevano, a quanto pare, un velo come lo pensiamo oggi, ma erano più sovente cappellini acconciature arricchite da fiori e gioielli, a volte accompagnati da un velo di pizzo.

Il matrimonio in epoca Regency costumi e abitudini

Il bouquet, d’obbligo solo dall’epoca vittoriana, era spesso presente, perché faceva parte di una tradizione molto antica.

Fiori erano anche nelle mani e nei capelli delle damigelle, al occhiello dello sposo e talvolta lanciati davanti agli sposi.

La sposa indossava anche scarpe particolarmente eleganti, sovente di raso: anche queste entravano poi nell’abbigliamento di gala.

E dopo il matrimonio?

Finita la cerimonia capitava che gli sposi partissero subito per la loro destinazione, che fosse il viaggio di nozze o la casa a cui dovevano arrivare. Charlotte Lucas segue il marito alla nuova dimora, per esempio.

Anche il banchetto di nozze aveva dimensioni piuttosto modeste rispetto a oggi: il matrimonio in epoca Regency si svolgeva di mattina, perciò quella che seguiva era una colazione, per quanto ricca: uova, pancetta, carne, dolci, pesce, panini di vario tipo, fra cui i famosi sandwiches, e l’immancabile torta nuziale, di cui si disquisisce all’inizio di Emma. Erano torte alla frutta, molto ricche, belle e decorative.

Gli sposi e gli invitati in teoria erano tenuti a restare a digiuno per prendere la comunione.

Il banchetto, però poteva durare anche fino a sera, fra feste e chiacchiere, soprattutto se gli sposi erano del ton.

Qualche curiosità

il matrimonio in epoca regency
Orgoglio e Pregiudizio

In epoca Regency la chiesa di S. Giorgio, in Hannover Square, era la preferita per i matrimoni: vi venivano celebrate anche tre cerimonie al giorno, quasi una catena di montaggio. Si trattava comunque di matrimoni VIP, solo per il ton. Sposarsi lì faceva figo, insomma. E non era facile arrivare ad avere posto.

Ancora più figo, però, era sposarsi in casa. Occorreva una licenza speciale, che veniva concessa solo a nobili o parlamentari dall’arcivescovo. Fra tanti personaggi austeniani, solo per Darcy ed Elizabeth si accenna alla possibilità di ottenerla, ma i due scelgono diversamente. Mrs. Bennet ne parla per far capire l’importanza del genero, non per una vera necessità.

… e no, niente sposo che può baciare la sposa!

E in epoca vittoriana?

Il prossimo viaggio nel tempo ci porterà lì, magari a seguire le vicende della prossima generazione alle prese con gli affari di cuore.

Il matrimonio vittoriano, la tradizione e le regole

 

http://www.susannedietze.com/regency-weddings.html

http://everythingofinteresttoaromancewriter.blogspot.it/2009/10/marriage-customs-in-georgian-and.html

http://hibiscus-sinensis.com/regency/weddingdress.htm

https://www.janeausten.co.uk/weddings-during-the-regency-era/

http://www.isabellegoddard.com/regency-courtship-marriage.html

https://reginajeffers.wordpress.com/2012/11/20/regency-era-marriage-customs/

https://byuprideandprejudice.wordpress.com/2014/01/28/courtship-and-marriage-in-the-regency-period/

https://en.wikipedia.org/wiki/Book_of_Common_Prayer

http://www.eskimo.com/~lhowell/bcp1662/index.html

http://www.susannedietze.com/regency-weddings.html

http://www.kristenkoster.com/a-regency-marriage-primer/

http://christianregency.com/blog/2012/07/02/how-to-have-a-regency-wedding-ceremony/

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen

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Il matrimonio ai tempi di Jane Austen

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen
da pinterest

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – perché sposarsi?

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen era per le donne il centro e l’obiettivo della vita. Una donna lavoratrice, in quegli anni, non deteneva una buona posizione sociale e anche i mestieri onorevoli erano ben pochi.

Una donna nubile, a meno che non fosse fra le poche fortunate a poter ereditare patrimoni, si trovava facilmente in difficoltà, perché le eredità più cospicue spesso erano vincolate a eredi maschi.

Abbiamo visto come avveniva l’educazione delle donne, e come fosse improntata a fare delle signorine del ton buone mogli, o al più delle colte istitutrici, e abbiamo già parlato della Stagione, il periodo in cui le ragazze del ton facevano il loro debutto in società a caccia di un buon partito.

Del corteggiamento, abbiamo parlato qui.

Anche gli uomini di ceto medio alto necessitavano di una buona moglie: per incrementare patrimoni o per salire di grado sociale; per avere accanto una compagna adeguata, per trasmettere a una discendenza l’eredità di titoli e possedimenti… per amore.

L’ultimo viaggio nel tempo ci ha portato a conoscere meglio i “rituali” di corteggiamento, fino a giungere con la coppia felice al momento tanto atteso: l’accettazione della proposta.

Ma da qui al fatidico sì?

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen
Un uomo con un buon patrimonio è in cerca di moglie. Lo sapevate, no?

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – un po’ di storia.

Prima di 1753, le coppie in Inghilterra si potevano sposare legalmente senza la presenza di un pastore o in chiesa, o firmare un registro. Era sufficiente un semplice scambio di voti in presenza di due testimoni, se gli sposi avevano raggiunto l’età minima: quattordici anni per gli uomini, dodici per le donne.

Questi tipi di matrimoni erano soprannominati Fleet marriage, perché molti venivano celebrati nella prigione di Fleet, un carcere per debitori. Il gran numero di matrimoni irregolari e clandestini, tuttavia, portò alla costituzione del Marriage Act del 1753, che doveva mettere un po’ d’ordine nel caos matrimoniale che si era creato.

Con il Marriage Act furono regolamentate varie cose: entrambe le parti dovevano essere almeno ventunenni o avere il consenso dei genitori per sposarsi.

Un ruolo fondamentale fu assunto dalle pubblicazioni, che erano necessarie per arrivare al matrimonio.

La coppia, inoltre, doveva procurarsi una licenza per essere legalmente sposata (ma ci sono eccezioni molto interessanti…).

Il matrimonio deve avvenire prima di mezzogiorno; la sposa o lo sposo dovevano risiedere nella parrocchia dove si svolgeva la cerimonia.

Erano necessari dei testimoni.

Il matrimonio doveva essere eseguito da un membro del clero in una Chiesa parrocchiale d’Inghilterra, o sinagoga ebraica, e doveva essere registrato nel registro del matrimonio con le firme di entrambe le parti, dei testimoni, e del pastore.

No, Lidia, Londra e Gretna Green non sono la stessa cosa.
No, Lidia, Londra e Gretna Green non sono la stessa cosa.

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – il corredo e la dote

Quando il fidanzamento era sicuro, la futura sposa e sua madre si occupavano del corredo, che comprendeva un guardaroba possibilmente nuovo per la giovinetta e la biancheria per la casa.

Le lenzuola di solito erano siglate con il monogramma della sposa, ma se per caso la fanciulla entrava in una casa/maniero/castello già provvisti della biancheria, si provvedeva di volta in volta a modificare le sigle in quelle della nuova padrona.

Che la sposa si portasse arredi e oggetti personali, spesso anche piatti, stoviglie e argenterie, lo capiamo da Ragione e Sentimento, nel quale la signora Dashwood senior se ne va traslocando con parecchia mobilia di sua proprietà, lasciando un certo odioso rammarico nella nuova signora che in pratica l’ha depredata di tutto.

L’accordo fra sposo e padre della sposa era invece di tipo economico: si stipulava un vero contratto, nel quale venivano inventariate le proprietà e gli averi che la sposa portava con sé.

L’uomo giusto secondo Jane Austen
Volete voi sorelle Bennet sposarvi per amore due ricconi?
Spè che ci penso un attimo…
La dote poteva consistere in una cifra stanziata dal padre (cinquemila sterline, per esempio) o in un appannaggio annuale.

Le proprietà di Mr. Bennet consistevano quasi interamente in una tenuta da duemila sterline l’anno, che, sfortunatamente per le sue figlie, era vincolata, in assenza di un erede maschio, a un lontano parente; e i mezzi della madre, sebbene consistenti rispetto alla sua posizione sociale, non potevano che in minima parte sopperire alle pecche di quelli del marito. Il padre era stato avvocato a Meryton, e le aveva lasciato quattromila sterline.

E dice mr. Collins, durante la dichiarazione a Elizabeth:

Al denaro sono perfettamente indifferente, e non farò nessuna richiesta del genere a vostro padre, anche perché sono ben conscio che non potrebbe essere soddisfatta, e che mille sterline al 4 per cento, che non saranno vostre fino alla dipartita di vostra madre, è tutto ciò che possiate mai rivendicare. Su questo punto, perciò, manterrò un immutabile silenzio, e vi posso assicurare che nessun ingeneroso rimprovero uscirà mai dalle mie labbra dopo esserci sposati.

Sappiamo che Elinor Dashwood disponeva di sole mille sterline in totale: insomma le donne arrivavano a sposarsi, se possibile, dotate di mezzi propri più o meno adeguati.

Il contratto matrimoniale specificava anche quanto avrebbe ricevuto una donna dal marito mensilmente e ciò che sarebbe accaduto in caso di vedovanza.

L’uomo giusto secondo Jane Austen
Donne fortunate

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – le pubblicazioni

I publish the Banns of marriage between [Groom’s Name] of [his local parish] and [Bride’s Name] of [her local parish]. If any of you know cause or just impediment why these two persons should not be joined together in Holy matrimony, ye are to declare it. This is the first [second, third] time of asking.

Questa era il testo delle pubblicazioni che per tre domeniche consecutive, o Giorni Santi, venivano lette durante la funzione. Se la sposa e lo sposo appartenevano a diverse parrocchie, le pubblicazioni venivano lette in entrambi. Se entro tre mesi il matrimonio non aveva luogo, le pubblicazioni dovevano essere rilette. Da qui otteniamo un dato utilissimo:

Un fidanzamento doveva durare almeno tre settimane.

Potevano esserci vari motivi che portavano però i fidanzamenti a durare più a lungo, il denaro, l’opposizione delle famiglie, l’attesa di una posizione migliore…

Pensiamo al lungo fidanzamento segreto di Edward Ferrars, o a quello del capitano Benwick, che in attesa di farsi una posizione si trova a perdere la fidanzata…

Anche un lutto poteva essere la causa di un matrimonio rimandato, ma in epoca Regency, al contrario dei rigidi protocolli del lutto vittoriani, un matrimonio programmato veniva portato avanti nonostante lutti stretti.

Dai romanzi della Austen si sa anche che le famiglie più in vista vedevano pubblicare notizie riguardo a fidanzamenti e matrimoni anche sui giornali. Quando andava male, però, ci finiva anche il gossip sui divorzi e sugli abbandoni (come il caso di Maria che scappa con Crawford).

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Elinor si sposa prima di Marianne, ma si fidanza dopo: la primogenita aveva la precedenza

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – I parenti

Mentre oggi i matrimoni fra cugini non sono più così frequenti, sappiamo che nelle schiatte regnanti, così come fra i nobili sono più consueti. E in passato lo era ancora di più.

Nel ton inglese capitava facilmente che fossero combinati matrimoni fra cugini anche di primo grado. Pensiamo anche alla Austen: all’arrivo di Fanny Price a Mansfield Park si teme un innamoramento fra cugini, salvo poi capire, fra le righe, che il problema è solo economico, perché quando Fanny ed Edmund alla fine di sposano sono tutti contenti, ora che lei ha mostrato tutti i suoi meriti.

Matrimonio fra cugini atteso anche da Lady Catherine, sorella della madre di Darcy, che fin dalla culla ha destinato la figlia Anne al nipote. Mr. Collins, inoltre, è cugino delle Bennet e trova corretto sposarne una.

Insomma, fra cugini era normale sposarsi: il caso più eclatante? La regina Vittoria sicuramente.

In alcuni casi, a quanto pare solo nella fede ebraica, era possibile che uno zio sposasse una nipote. A noi qui fa un po’ senso… ma era possibile.

Quello che era invece illegale era per i vedovi un matrimonio con fratelli o sorelle del coniuge defunto.

Cugini sposati. Normale amministrazione
Cugini sposati. Normale amministrazione

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – Le licenze

Alle scrittrici di romanzi rosa capita spesso il problema di dover far convolare in fretta a giuste nozze i protagonisti: tre settimane non sono un tempo lunghissimo, ma se le coppie devono sbrigarsi, non si sa mai che salti fuori uno scandalo, oppure perché gli sposi non vogliono fare le pubblicazioni, ci sono due possibilità: la licenza ordinaria, che si richiede al vescovo o al Comune al costo di dieci scellini e la licenza speciale.

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – La licenza ordinaria

Permetteva di sposarsi in un paio di settimane, e se gli sposi avevano meno di ventun anni occorreva il benestare dei genitori. A volte veniva richiesta dai più ricchi solo perché, costando, faceva “esclusivo”. La licenza era valida, comunque, per tre mesi e richiedeva che il matrimonio avvenisse in una chiesa di cui uno degli sposi fosse parrocchiano.

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – La licenza speciale

Quella che si incontra frequentemente nei romanzi rosa – e molto meno nella realtà -invece è la licenza speciale: richiedeva ben cinque sterline e andava chiesta direttamente all’Arcivescovo di Canterbury.

Per ottenerla occorreva essere un pari o almeno essere titolati (anche un baronetto poteva richiederla) o avere una posizione sociale elevata (un giudice, un membro del Parlamento…)

Con una licenza speciale, la sposa e lo sposo potevano sposarsi ovunque (anche a casa), in qualsiasi momento della giornata, in fretta e in totale privacy, se lo desideravano. Tutti gli altri requisiti però erano gli stessi: erano necessari testimoni e il consenso dei genitori per i minori.

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen
Ci si sposa in chiesa, solo i ricchi si permettevano licenze speciali per matrimoni in casa

In Jane Austen, infatti, l’unica licenza speciale di cui si parla è quella a cui accenna la signora Bennet, a proposito di Lizzie e Darcy: Darcy se lo può permettere e viene sottolineato.

Darcy però l’arcivescovo non lo disturba e si sposa in doppio matrimonio con la coppia Bingley, rispettando così il galateo, che voleva vedere la maggiore delle sorelle sposata prima delle minori. E Lidia… facciamo finta di niente.

A proposito di Lidia, però…

Il matrimonio ai tempi di Jane Austen – Le fughe d’amore

Quando Lidia lascia Brighton insieme a Wickham la famiglia e la stessa Lidia pensano che siano diretti a Gretna Green, in Scozia. Cosa che poi non è.

In Scozia, e in particolare nelle cittadine di confine, fino alla metà dell’ottocento, era possibile infatti sposarsi in fretta e furia, persino di fronte a un fabbro. Gretna Green era la Las Vegas d’Inghilterra, c’era persino la possibilità di affittare camere per provvedere a consumare in matrimonio prima di essere riacciuffati dai parenti. Il business è il business!

Dopo la metà dell’Ottocento, per impedire queste fuitine, fu istituita la regola che il matrimonio necessitasse di almeno una ventina di giorni di residenza per essere sposati. Erano comunque necessarie le pubblicazioni, che potevano però essere lette tutte in una volta, in una sola domenica.

Il prossimo viaggio nel tempo ci porterà nel cuore nell’evento: alle nozze, alle regole da seguire per un buon matrimonio, adeguato allo status degli sposi. Fiori d’arancio? Bouquet? Abito bianco? Vi aspetto nel prossimo viaggio! Qui nel salotto di miss Darcy.

 

http://www.susannedietze.com/regency-weddings.html

http://www.cherylbolen.com/courting.htm

https://austenprose.com

https://en.wikipedia.org/wiki/Fleet_Marriage

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen  era un affare serio, regolamentato da norme precise: sgarrare significava “compromettere” una signora.

Ma se comunicare con una ragazza nubile era così difficile, come si faceva?

Con l’aiuto di zia Jane e di qualche nota storica, ecco un nuovo viaggio nel tempo, per scoprire com’era il corteggiamento ai tempi di Jane Austen.

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: a che età?

Una giovane donna era considerata in età da marito un paio d’anni dopo il menarca, che all’epoca arrivava tardi, dai quattordici ai sedici anni.

In realtà una donna poteva contrarre matrimonio a partire dai dodici anni (La prima moglie di Poe aveva tredici anni). Il debutto perciò avveniva intorno ai sedici anni o successivamente.

Di solito le donne impiegavano al massimo due stagioni per trovare marito, dopo di che, sia per i costi sia per l’età, veniva considerata una battaglia persa.

Sostanzialmente, a ventisei anni i giochi matrimoniali venivano considerati finiti: Anne Elliot infatti è ormai considerata zitella sfiorita, anche se sua sorella maggiore, che è “meglio conservata” e più bella, ancora non ha perso le speranze. Ma è solo lei a crederlo, mi sa, perché non se la fila nessuno.

Per gli uomini le cose erano diverse: potevano sposarsi a partire dai quattordici anni, ma non avevano un vero limite di età per vecchiaia, anche se a trentacinque anni cominciavano a essere considerati vecchi. Vero, Marianne?

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: la buona educazione.

Per prima cosa, una giovane nubile e un giovanotto difficilmente si trovavano da soli. Le conversazioni avvenivano sempre in presenza di uno chaperon o accompagnatore, possibilmente una parente più anziana della signorina.

Mai in carrozza da soli: Marianne Dashwood e Willougby infatti danno scandalo. Ed ecco perché Catherine Morland è così restia ad andare in giro con il calesse di Thorpe.

Mai fermi per la strada da soli. Era ammesso, però, che le coppie parlassero camminando in pubblico: ricordate Anne Elliot, quando finalmente riesce a trovarsi da sola con Wenthworth?

La dichiarazione avviene camminando, mentre egli l’accompagna, e così pure il dialogo più lungo fra Darcy ed Elizabeth è quello che riescono a ottenere accompagnando i fidanzati Jane e Bigley, rallentando sapientemente il passo.

Le conversazioni che portavano alla formazione delle coppie erano spesso quelle che avvenivano in luoghi affollati, come i balli, considerate le migliori occasioni per trovare marito, ma anche le passeggiate e i momenti precedenti o successivi alle funzioni religiose (ricordiamo Mr. Crawford quando raggiunge Fanny presso la sua famiglia).

Il limite imposto dal decoro era però molto stretto: due danze insieme erano sufficienti per considerare la coppia formata. Un giovanotto avveduto, perciò chiedeva solo alla dama di suo interesse di danzare due volte nella stessa serata. Già quello era comunque considerato impegnativo. Ed ecco perché Jane che per due volte balla con Bingley desta le aspettative di tutti e così pure Marianne con Willoughby.

Un ballo da Almack’s

Ma facciamo un passo indietro: innamorati o combinati?

I fidanzamenti, nelle classi sociali più elevate, erano spesso combinanti. In epoca vittoriana, addirittura, non era considerata buona educazione manifestare affetto pubblicamente né a fidanzati né a coniugi: i rapporti dovevano essere formali.

Il matrimonio era, come abbiamo accennato in questo articolo, una questione sociale, per le donne principalmente era questione di sopravvivenza. Fino all’inizio dell’epoca georgiana (fine 1700) i fidanzati si incontravano, a volte, solo in occasione delle nozze: per conoscersi avevano a disposizione ottimi ritratti e miniature.

Come Jane Austen ci insegna, però, l’inizio dell’Ottocento porta un cambiamento: non c’è eroina austeniana che non si sposi per amore. Anche quando si tratta di un buon partito e, a maggior ragione quando il partito tanto buono non è.

Che conquistare l’uomo scelto non fosse facile lo vediamo in Orgoglio e Pregiudizio, nel dialogo fra Lizzie e Charlotte:

“Ricordati, Eliza, che lui non conosce Jane come la conosci tu.”

“Ma se una donna ha simpatia per un uomo e non si sforza di nasconderlo, lui dovrà pure accorgersene.”

“Forse, se la conosce a sufficienza. Ma anche se Bingley e Jane si incontrano abbastanza spesso, non succede mai che restino per molto insieme, e dato che si vedono sempre in mezzo a molti altri, è impossibile che siano in ogni momento impegnati a conversare insieme. Jane dovrebbe perciò sfruttare ogni mezzora in cui riesce ad attirare la sua attenzione. Una volta sicura di lui, ci sarà tempo per innamorarsi quanto vuole.”

“Il tuo piano sarebbe buono”, rispose Elizabeth, “se in questione non ci fosse altro che il desiderio di un buon matrimonio, e se decidessi di conquistare un marito ricco, o un marito qualsiasi, credo proprio che lo adotterei. Ma non sono questi i sentimenti di Jane; lei non agisce per calcolo. In questo momento potrebbe persino non essere certa lei stessa dei propri sentimenti, né della loro fondatezza. Lo conosce solo da un paio di settimane.

Ha ballato quattro volte con lui a Meryton, l’ha visto una mattina a casa sua e da allora ha partecipato a quattro pranzi in cui c’era anche lui. Non basta certo per farle capire il suo carattere.”

Era più facile, forse, che fossero gli uomini ad amare, o per lo meno a essere attratti: le donne si adeguavano. Farsi strada verso l’uomo scelto era parecchio complicato.

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: Le cose da non fare

Un gentiluomo preferibilmente non si doveva interessare a una sorella minore se la maggiore non era già impegnata o sposata: era considerato di cattivo gusto che una secondogenita si sposasse prima della maggiore. Ed eccoti qui, Lidia Bennet: un altro segno di come tu e mammà alle regole non vi attenete proprio!

Il contegno dei giovani aspiranti fidanzati doveva essere comunque ineccepibile: niente lettere (Marianne Dashwood e Willougby: cartellino giallo!): le lettere erano considerate già impegno. Ed ecco perché Mr. Darcy la sua lettera la consegna a mano, e non la spedisce: è un affare privato.

No anche ai nomi di battesimo, privilegio – e non in pubblico –  delle coppie sposate.

No a pegni d’amore, quali ciocche di capelli (tana per Marianne!) o fazzoletti e oggetti personali (e qui troviamo la caduta di Harriet Smith, che il pegno se lo prende… da sola!).

Anche la stretta di mano fa parte dei divieti se la coppia non è impegnata. Ahi, ancora una volta Marianne Dashwood e Mr. Willoughby….

Ed ecco perché, quando si incontrano al ballo londinese ed egli è fidanzato con l’altra signorina, rifiuta la mano alla ragazza e in seguito le restituisce lettere e capelli. Ma di questo mascalzone parleremo ancora.

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Una giovane accetta il corteggiamento di un gentiluomo: il testo elenca gli “indizi” (due o tre balli, due o tre biglietti…) Fonte: https://byuprideandprejudice.wordpress.com

Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: ci siamo quasi!

La domanda che sorge spontanea è: ma come cavolo avviene l’abboccamento fra i due? Come fa Lui a capire se la ragazza è interessata?

Di segnali possono essercene tanti, per quanto piccoli: le donne avevano un vero e proprio linguaggio coi ventagli, che venivano usati anche per comunicare interesse ai corteggiatori.

Anche un parasole, aperto o chiuso, o portato in un certo modo, significava interesse o “cuore libero”: un po’ come certi bracciali è anelli che ogni tanto diventano di moda anche oggi. Questi giochetti saranno molto in voga in epoca vittoriana, le giovani Regency erano molto meno sveglie e usavano un gran battito di ciglia, a quanto pare.

Il linguaggio dei fiori era conosciuto, ma a un gentiluomo era vietato mandare fiori se l’impegno non era già preso…

Insomma, fra passeggiate, sguardi, mezze parole dette sottovoce in presenza di tante volenterose persone, l’idea dell’affetto (o per lo meno della disponibilità) un uomo se la faceva.

Guai, però, a manifestare troppo, mie care signorine, il vostro interesse: anche qui Miss Dashwood ci fa lezione, rimproverando Marianne di essere troppo esplicita con Willoughby.

Un caso eclatante è quello di Emma

In Emma si crea una gran confusione perché Mr. Elton deve arrivare a corteggiare quella giusta delle due amiche, che da buona creanza frequenta solo in compagnia. Lui intende Emma, Emma intende Harriet. Le regole impongono a Elton una certa prudenza e questa fa sì che i messaggi siano ambigui: la sciarada sul corteggiamento arriva a Emma esattamente come egli intende, mentre lei immagina di essere solo un’intermediaria. Chi avrà ragione, a offendersi, al momento della dichiarazione?

Temo Mr. Elton, visto che Emma, anche a detta del cognato, si mostra sempre troppo espansiva, pensando di favorire l’amica. Insomma, ambigui sì, ma con chiarezza!!!

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: la proposta

La proposta avveniva alla prima occasione in cui i due si trovavano da soli, per caso o aiutati dalle famiglie: pensiamo a Jane e Bingley lasciati soli, o a Elizabeth e Mr. Collins; oppure all’occasione più “rubata” da Darcy a casa dei Collins.

Alcuni giovanotti preferivano chiedere al padre di lei anche il permesso di corteggiare: più spesso il padre era l’ultimo a cui si chiedeva, una vota che i giovani si erano accordati.

In Jane Austen? Il signor Bennet, e ancor di più il povero Mr. Woodehouse vengono interpellati dopo. Mr. Crawford, invece, prima mette le mani avanti con lo zio, forse perché Sir Thomas è un baronetto, e poi chiede a Fanny Price.

Una ragazza, in questa occasione, aveva la sua migliore possibilità di scegliere, era il momento del sì o del no.

Come ci fa notare Mr. Collins, però, il sì è quasi certo, rari erano i rifiuti, gli uomini andavano abbastanza a colpo sicuro. Ed ecco che ci appare, in tutta la sua eccezionalità, la signorina Bennet, che di proposte ne rifiuta addirittura due. E si offende anche.

Già, perché quando la proposta arrivava senza segnali adeguati e la dama non si era resa conto delle attenzioni, poteva indignarsi. Elizabeth, per due volte, non ci va leggera nel motivare il suo rifiuto. E non ritroviamo una scena molto simile, cinquant’anni più tardi, a casa di Mr. Hale Nord e Sud?

Erano, tuttavia, casi rari: due proposte potevano arrivare a un’ereditiera, ma a una giovane senza mezzi era difficile che capitasse. E così, capiamo meglio Charlotte Lucas.

Sappiamo dai romanzi della Austen che la richiesta alla giovane avveniva in modo molto romantico, con paroloni altisonanti di vibrante affetto spesso pronunciate, visto che di affetto ancora in molti casi ve n’era ben poco, in modo piuttosto freddo. Era uso inginocchiarsi e finalmente prendere la mano dell’amata. Non credo che fossero di moda grandi baci.

Con consenso della fidanzata, poi, il giovanotto si presentava dal padre.

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Il corteggiamento ai tempi di Jane Austen: cambiare idea?

Sì può. Si fa. Anche in Jane Austen ne vediamo, di coppie che si disfano, ma attenzione: se a lei è consentito cambiare idea senza essere compromessa più di tanto, per quanto la faccenda sia sgradevole (pensiamo a Sir Thomas che suggerisce a Maria di non proseguire i preparativi per il matrimonio con lo sciocco Mr. Rushworth), se la rottura arriva da parte di lui il guaio è grosso.

Un gentiluomo, infatti, non ritira mai la parola data e un fidanzamento è considerato in tutto e per tutto come un contratto.

Esaminiamo Edward Ferrars, che rinuncia all’eredità pur di non venir meno agli impegni verso Lucy Steele, per quanto presi in gioventù e sventatamente: con la sua rettitudine attira le simpatie del colonnello Brandon.

Prendiamo ora Willoughby: lettere, strette di mano, balli e balli, calessino da soli, abboccamento in privato con Marianne, ciocca di capelli… vi dice qualcosa? Può forse dire a Marianne, per lettera “avete capito male”???

No.

E ora avete il quadro della sua condotta e del biasimo che ne trae.

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La giovane Anne di Persuasione, invece, rompe il fidanzamento con Wenthworth e fa arrabbiare solo lui. Ritenta e sarai più fortunato… ma lo stesso Capitano si salva per il rotto della cuffia dal doversi sposare con la Musgrove solo perché è stato un po’ troppo allegro in sua compagnia: se Louisa non si fosse fidanzata con un altro, la frittata era fatta.

E adesso? Che cosa succede?

Lo scopriremo nel prossimo viaggio nel tempo!

http://www.isabellegoddard.com/regency-courtship-marriage.html

https://janeaustensworld.wordpress.com/2013/02/14/courtship-in-a-modern-world-vs-courtship-in-regency-times/

https://reginajeffers.wordpress.com/2013/01/10/courtship-during-the-regency-period/

https://byuprideandprejudice.wordpress.com/2014/01/28/courtship-and-marriage-in-the-regency-period/

http://georgianagarden.blogspot.it/2009/12/corteggiamento-e-regali-damore.html

http://www.jausten.it/orgoglioepregiudizio.pdf

http://www.jausten.it/emma.pdf

L’uomo giusto secondo Jane Austen

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Come sposare un buon partito e vivere felici

L’uomo giusto secondo Jane Austen

L’uomo giusto secondo Jane Austen: premessa

Mie care amiche lettrici, come sapete nei mesi scorsi ho intrapreso un bellissimo viaggio in uno dei luoghi del cuore e della mente che amo di più: il mondo di Jane Austen. Una rilettura dei suoi romanzi, ragionata e meditata, per ritrovare pagina dopo pagina tutta l’emozione di quella penna senza eguali.

Avevo pensato di riportarvi qualche commento ai libri, ma il tempo tiranno mi ha impedito di fare ciò che mi ero ripromessa ed eccomi qui, parecchie settimane dopo aver chiuso con rammarico l’ultima pagina di Persuasione (e la tentazione di ricominciare ancora da Northanger!), senza aver ancora raccontato nulla di questo viaggio.

Il primo argomento che tratterò per voi e con voi, è quello più importante: qual è l’uomo giusto secondo Jane Austen? Come si riconosce? Come si conquista?

Miss Austen ci ha insegnato, attraverso i suoi romanzi, che questi sono argomenti fondamentali nella vita. E non venitemi a dire: “solo se sei una giovane nubile”, perché vi correggo subito: non esiste un’età nella vita in cui questo non sia importante. Da giovane sarai interessata tu, ma invecchiando (specie se hai fatto bene il tuo lavoro da giovane) l’interesse si sposta su sorelle e fratelli, figlie, figli, amiche, amici, e poi nipoti… insomma, la verità universamente riconosciuta numero uno è:

La ricerca di un buon partito riguarda tutti, nessuno escluso.

La signora Jenkins
Mrs. Jenkins, trovarti marito è lo scopo della sua vita.

Il gioco è semplice: bisogna mirare a migliorare la propria condizione sociale, o, se sei bruttina (o bruttino), o sciocco/a, almeno a non peggiorarla.

Ma poiché tutti puntano al rialzo, capirete quanto si fa difficile in realtà arrivare al risultato sperato. Insomma: molti sono chiamati, pochi gli eletti a diventare ricchi.

L’uomo giusto secondo Jane Austen: i buoni partiti.

L’uomo giusto secondo Jane Austen
Marianne Dashwood e il colonnello Brandon: ragioniamo un po’ sui sentimenti?

Nel mondo austeniano le protagoniste sono sempre ragazze nubili in età da marito: Elinor e Marianne (Ragione e Sentimento), Jane ed Elizabeth Bennet (Orgoglio e Pregiudizio), Fanny Price (Mansfield park), Emma Woodehouse (Emma), Catherine Morland (Northanger Abbey) e Anne Elliot (Persuasione). La lista si estende a dismisura se aggiungiamo i personaggi secondari e le antagoniste.

Ora, noi sappiamo che definire i romanzi della Austen come rosa equivale a dire una bestialità. I battiti di cuore sono, nell’opera austeniana, molto marginali: più raccontati che mostrati, non sono il cuore della narrazione per pudore, per costume, per mostrare che l’ardente ardore c’è ma non è il cuore della narrazione. Se noi lettrici corriamo letteralmente a cercare Darcy nel bosco per ricevere dalle sue mani la lettera, Jane Austen ci arriva con passo calmo e sicuro: noi avremmo lasciato tutto, dopo averla letta, per volare fra le sue braccia, chiedergli perdono e farci sposare con licenza extraspeciale la mattina dopo. La signorina Bennet, ci pensa, ci riflette, spegne col tempo e con la meditazione ogni slancio emozionale.

Noi, nella caccia al buon partito, non abbiamo imparato nulla. Ma vediamo insieme qualche regola sicura.

Quali sono, per cominciare, i buoni partiti in Jane Austen?

L’uomo giusto secondo Jane Austen
Mr. Knigtley è un buon partito. Emma pure.

Cominciamo col cercare uomini che hanno rendite di almeno cinque-seimila sterline l’anno. Da non confondere con l’ammontare dei loro patrimoni! Il patrimonio deve essere tale da fruttare quelle cifre, perciò possiamo immaginare che sia molto più cospicuo e comprenda terre che rendono soldi. Si parla in termini di centinaia di mila sterline, non meno.

In Jane di tali uomini se ne incontrano pochi: il colonnello Brandon (cinquemila sterline l’anno, almeno, e la tenuta di Delaford) in Ragione e Sentimento; Darcy e Bingley in Orgoglio e Pregiudizio (rispettivamente diecimila e cinquemila sterline l’anno, il primo con in più una tenuta da urlo); Mr. Rushworth (quindicimila sterline l’anno e tanta terra, è il pezzo più grosso che troviamo nella Austen) e Mr. Crawford (non è ricchissimo, ma pare abbia rendite discrete) in Mansfield Park; Mr. Knigtley (una bella tenuta, reddito non pervenuto) e Mr. Church in Emma; possiamo presupporre che, in Northanger Abbey, sia un buon partito il capitano Tilney (ma tanto non se lo piglia nessuna, lui, per dirla in termini moderni, se le fa e basta, come Wickham ma con qualche differenza patrimoniale); il capitano Wentworth in Persuasione perché ci viene detto che si è arricchito.

L’uomo giusto secondo Jane Austen
Northanger Abbey.
Catherine troverà l’amore, i fantasmi o un buon partito?
Temo nessuno dei tre.

Subito notiamo l’assenza di Lord. Nella Austen al massimo incontriamo un paio di Sir (anche il defunto marito della dama con la puzza sotto al naso, Lady Catherine di Orgoglio e Pregiudizio, è un semplice sir): L’utilizzo di cariche nobiliari è tipico della letteratura più moderna, Miss Austen va più cauta.

Come notate, non tutti i buoni partiti si accasano con le protagoniste che ci piacciono di più. E viceversa.

Ecco dunque una seconda verità universalmente riconosciuta:

Un buon partito deve possedere denaro liquido e terreni. Spesso è anche in cerca di una moglie; non sempre quella che trova è la migliore.

L’uomo giusto secondo Jane Austen: il gioco delle parti

La scelta del futuro coniuge dipende comunque da molti fattori.

L’uomo giusto secondo Jane Austen
Volete voi sorelle Bennet sposarvi per amore due ricconi?
Spè che ci penso un attimo…

Nell’epoca Regency la divisione fra le classi è ancora molto netta: ci sono le antiche famiglie (non necessariamente blasonate, come quella di Darcy), che uniscono nome, rendite, tenuta e magari qualche cavaliere in rami collaterali (la zia di Darcy è infatti moglie di un baronetto), i nuovi ricchi (Mr. Bingey) che stanno un passo indietro e non sempre sono ben tollerati dalle famiglie più antiche, poi ci sono i commercianti “oltre il baratro”, e infine contadini e fittavoli da non prendere nemmeno in considerazione.

Siamo agli albori della Rivoluzione industriale, che mescolerà le carte in gioco, creerà nuove classi sociali e costringerà a rivedere vari ruoli (pensiamo a Nord e Sud, della Gaskell, ambientato solo una cinquantina d’anni dopo).

Ecco che zia Jane ci spiega bene che:

Elizabeth e Jane, che son figlie di un gentiluomo, ma hanno una dote misera, devono puntare a un uomo possibilmente facoltoso, ma la loro parentela con due avvocati (che al contrario di oggi, essendo uomini con professione, stavano un gradino più giù rispetto ai possidenti) abbassa il loro livello sociale. Insomma: Bingley può ancora andar bene, ma Darcy è già troppo su.

Ricco lui, povera lei: no. Allora riproviamo: lui povero e lei povera. Ci sta.
Ricco lui, povera lei: no.
Allora riproviamo: lui povero e lei povera.

 

Per le Dashwood si può solo sperare ne loro bei faccini, perché sono ormai talmente povere da aspettarsi un futuro in stile signorina Bates: saranno anche figlie di un gentiluomo, ma dopo la sua morte lo status sociale è decaduto al fondo classifica.

Emma, per dirla con Brian di Nazareth, ha più culo che anima: è una ricca ereditiera, nessun vincolo grava sui possedimenti paterni e alla morte del padre lei sarà ricchissima: può permettersi di non cercare marito. Infatti guarda caso, è Mr. Elton che come ecclesiastico ha una posizione sociale intermedia e un patrimonio appena accettabile, ci prova. È lui che tenta la scalata, deridendo l’idea di un eventuale matrimonio con Harriet, a sua volta inferiore.

Potremmo andare avanti a lungo, le coppie probabili e improbabili sono tantissime, perché dietro ogni protagonista accasata c’è almeno un personaggio secondario che tenta con più o meno fortuna la scalata patrimoniale/matrimoniale.

Ma se c’è una cosa che Jane Austen ci mostra spesso, guardando a tutte queste coppie, è un’altra Verità, la numero tre:

È universalmente riconosciuto che un matrimonio di solo interesse non rende felici, anzi manca una componente fondamentale.

Prendiamo Maria Bertram, la fortunella che con bellezza, grazia e educazione acchiappa il partito migliore di sempre, Mr. Rushworth.

No, miss Bertam. Diventare l'onorata Mrs. Rushworth: lo stai facendo nel modo sbagliato.
No, miss Bertam.
Diventare l’onorata Mrs. Rushworth: lo stai facendo nel modo sbagliato.

Lo disprezza, lo tradisce, viene a sua volta tradita (al contrario delle sue aspettative non verrà sposata) e finisce col perdere tutto: il perché è presto detto, carenze nell’educazione che l’hanno resa troppo conscia dei propri meriti e poco di quelli altrui.

L’infelice Willoughby? Sceglie il patrimonio al posto dell’amore e ne ottiene solo infelicità.

Non si scappa, chi sceglie il soldo soltanto ottiene quello soltanto.

Che cosa allora rende alcuni partiti migliori di altri?

Certo occorrono carattere, spirito, intelligenza.

E soprattutto…

È universalmente riconosciuto che l’uomo giusto secondo Jane Austen è quello che viene scelto dalla donna giusta.

Prendiamo Edward Ferrars.

Dimenticate Hugh Grant. Viene definito bruttino, senza spirito, incapace di parlare in pubblico (come cavolo farà i sermoni possiamo solo immaginarlo, sai che noia!): l’unico lato positivo è una sorta di giustizia, diciamo una condotta ineccepibile.

Ora, scusate la franchezza, ma dove sta tutto il senno di Elinor? Colpo di scena: il senno è quello di Marianne, che dopo un breve idillio romantico, di grandi emozioni e sentimenti, accetta il ricco, un po’ anzianotto ma ancor piacente Brandon, e si sistema per bene. Elinor, dopo aver dispensato senno, ragione, buoni esempi per tutti, si sposa in precarietà (mille sterline lei, mille lui e una parrocchietta). Un paio di figli e rischia l’indigenza.

Non vanno molto lontano nemmeno Fanny Price e Catherine Morland…

Ragazze: capite l’antifona? L’ecclesiastico no. E se poi buttiamo uno sguardo su Nord e Sud, o peggio Uccelli di Rovo… ma non usciamo dal seminato.

Fanny Price e Edmund. Ma davvero si sono accapigliate per un cadetto e pure noioso????
Fanny Price e Edmund.
Ma davvero si sono accapigliate per un cadetto e pure noioso????

Dunque torniamo al buon partito secondo Jane Austen: i soldi non fanno la felicità, se non sono accompagnati da vero buon senso e determinazione da parte della donna.

Elizabeth Bennet, sempre lei, è una sorta di modello per tutte: quando abbassa un po’ le ali e addolcisce il carattere, diventa colei che merita il ricco. Prima no. Emma, idem.

Jane Austen dunque ci dice che il buon partito non esiste? No, al contrario:

Esiste eccome, ma non va bene per tutte.

È verità universalmente riconosciuta che un buon partito non fa la felicità, ma la felicità è qualcosa che si ottiene solo grazie al giusto equilibro con noi stesse. Se abbiamo quello, possiamo fare anche senza soldi.

L’uomo giusto secondo Jane Austen: la ricerca della felicità

E questo post che voleva essere solo leggero ci porta a una riflessione abbastanza seriosa. Alla fine questo ci dicono le piccole grandi eroine di Jane Austen: soldi o no, la felicità è qualcosa di molto concreto, non è un battito d’ali, un soffio momentaneo del vento della passione, ma è il premio che ottiene, durevolmente, l’anima dalle intenzioni rette quando trova la giusta stabilità.

In Jane Austen qualcuno la trova, qualcuno no. Lidia, per esempio, è tristemente condannata quanto il suo vuoto marito.

Il buon partito è marginale. Ma attenzione: Jane Austen, segretamente, prova simpatia per alcuni personaggi dalla condotta non esemplare, i “redenti”. Jane appoggia Elinor, ma le sta più simpatica Marianne. E questi sono i personaggi che vengono premiati anche col patrimonio. Emma ci sta un po’ antipatica, ma dopo l’umiliazione ottiene soldi e amore. Così Marianne, Jane ed Elizabeth Bennet, e la nostra magnifica Anne Elliot, la più viva e la più pronta ad andare incontro all’amore dopo una sofferenza continua di anni.

Dunque è universamente riconosciuto che un buon partito fa la felicità solo di coloro che sanno amare. Che la sofferenza ha educato.

Universalmente riconosciuto, nell’universo di Jane Austen.

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Ehi, aspetta. Presto ti racconterò qualcosa sul corteggiamento al tempo di Jane Austen. Torna a trovarmi!

https://it.wikipedia.org/wiki/Jane_Austen

https://it.wikipedia.org/wiki/Ragione_e_sentimento

https://it.wikipedia.org/wiki/Emma_(romanzo)

https://it.wikipedia.org/wiki/Orgoglio_e_pregiudizio

https://it.wikipedia.org/wiki/Persuasione_(romanzo)

https://it.wikipedia.org/wiki/L%27abbazia_di_Northanger

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