Biancheria Regency: la signora non porta le mutande!
La biancheria Regency: la signora non porta le mutande!
Romanzi ambientati nell’Ottocento: mutanda sì o mutanda no?
Questo è uno dei problemi che si incontrano scrivendo romanzi rosa ad ambientazione storica.
Pigliamo per esempio una rovente scena d’amore, in cui lui impaziente cerca di arrivare, con un buon ritmo narrativo, a tastare le rotondità del corpo di lei.
Prendiamo pure un bel film storico, con una seducente dama che sta per concedersi al baldanzoso cavaliere e, fra violini e candele, i due si abbracciano impazienti.
E niente. C’è di mezzo una mezza dozzina di strati di biancheria. Ci vediamo domani.
Questo è uno dei problemi sollevati da Eliza Knight, un’autrice di romanzi rosa che della ricerca storica sulla biancheria ha fatto il suo cavallo di battaglia, tanto che organizza seminari per altri autori affinché mai più i colleghi cadano nel madornale errore di denudare troppo facilmente le loro eroine.
Ma com’era, allora, l’abbigliamento intimo nel passato?
Oggi ci divertiremo a scoprire, in senso letterale, le belle protagoniste dei romanzi Regency e Vittoriani.
La biancheria in epoca Regency
Una buona notizia per le scrittrici che si occupano reggenza: le signore in epoca Regency non portavano le mutande.
La biancheria Regency era piuttosto limitata e aveva la duplice funzione di riparare dal freddo il corpo e dallo sporco i vestiti.
Fra gli abiti e la pelle, perciò venivano indossate le famose camiciole, indumenti simili alle camicie da notte, in lino, lana, più raramente cotone e, per le signore più chic, in seta.
La camiciola era interposta fra la pelle e il bustino, che in questo periodo raggiunge dimensioni piuttosto ridotte, a causa della moda in stile impero che non richiedeva particolari riduzioni del girovita o dell’addome.
Queste camiciole erano molto semplici, a mezza manica o con spalline, e la lunghezza variava dall’altezza del ginocchio, alla caviglia.
Questo capo d’abbigliamento era il più intimo, non era fatto per essere mostrato, mentre la più esterna delle altre sottovesti, che completavano gli strati successivi, era invece pensata per essere vista.
È in questo periodo che compaiono, però, le prime brache intime, indossate da alcune signore. Un esempio è il mutandone della duchessa di Kent, del 1810: si tratta di brache di tela, spesso lino bianco o color crema, lunghe al ginocchio, legate da semplici fettucce. Questi primi mutandoni erano strutturati in modo da coprire le gambe, ma da lasciare libere le parti intime… per la gioia delle autrici di rosa (!) e soprattutto per facilitare le funzioni fisiologiche, che già erano laboriose in assenza di toilette e di carta igienica.
Questi mutandoni riparavano dal freddo: i sottili abiti dell’epoca Regency non erano il massimo della difesa contro le intemperie.
Alcune caricature dell’epoca confermano la mancanza di biancheria intima da parte delle dame: in una in particolare, raffigurante una caduta rovinosa da una scala, si vedono due signore che ruzzolano mostrando tutte le loro grazie.
Non si trattava di una mancanza di pudore, quanto del fatto che di mutande non si sentiva la necessità: erano considerati molto più utili invece i numerosi strati di sottovesti che e donne portavano: fra boleri, camiciole e sottogonne gli strati andavano da uno a cinque nell’abbigliamento quotidiano. Di più, negli abiti per gli eventi. L’ultima sottoveste, quella pensata per essere visibile, poteva costituire una sorta di sotto-abito, poteva essere ricamata e piuttosto elaborata.
L’abito stile impero, che segnava poco le forme perché impalpabile e leggero, aveva il difetto che col vento rischiava invece di segnarle troppo: le numerose sottovesti servivano a evitare che la silhouette fosse troppo evidenziata in queste occasioni.
Io non so voi, ma una domanda a questo punto me la sono fatta.
OK che nei romanzi è caso estremamente raro che se ne parli, ma… in quei giorni?
La biancheria Regency durante il ciclo!
Possiamo dire che il problema di “quei giorni” in epoca Regency era piuttosto limitato. Le donne entravano in età fertile più tardi rispetto alle donne di oggi, intorno ai quindici – sedici anni (il debutto avveniva infatti un paio d’anni dopo, quando la donna era pronta per sposarsi e fare figli), e spesso si sposavano prima dei vent’anni: se tutto era a posto, le gravidanze erano abbastanza numerose e, fra quelle e allattamento la fertilità delle donne era solo periodica.
Insomma, quei giorni non sempre erano mensili e regolari, tuttavia il problema c’era.
La soluzione più frequente era che per tre o quattro giorni le signore si ritiravano nelle proprie stanze con la scusa di essere indisposte. Qui, fra panni di lino (pannolini, appunto) e stoffe varie trascorrevano quei giorni al riparo da occhi indiscreti, anche perché era considerato vergognoso macchiare le sottovesti e gli abiti con quel sangue, che veniva considerato il massimo del sudiciume.
E non so, voi, ma di queste cose a me l’eco è arrivato anche nel ventesimo e ventunesimo secolo: guai a macchiarsi!
Ma se pensate che una donna potesse solo ritirarsi e aspettare giorni migliori, vi sbagliate: attraverso sistemi simili alle fasciature dei bambini, i pannolini potevano essere fissati e portati anche fuori dalle sicure pareti domestiche. Certo l’assorbenza non sarà stata al top, ma il sistema funzionava.
In epoca Regency fanno persino la loro comparsa tamponi interni, sempre in stoffa. A volte venivano anche abbinate sostanze assorbenti, come cenere e allume.
E poi, tutto veniva raccolto per il grande bucato periodico. Una gioia per gli occhi!
In epoca Regency le donne indossano anche calze, che si fissavano con le giarrettiere (poi vedremo altri sistemi in epoca vittoriana). ed erano di sottile maglia, per lo più bianche, di lino o cotone. Raramente erano più lunghe del ginocchio (insomma, i bei gambaletti che tanto piacciono ai maschietti!), e venivano indossate prima delle sottogonne, soprattutto in periodo vittoriano.
Insomma, la biancheria Regency al femminile viene in soccorso agli autori che vogliono cimentarsi in scene focose. Peccato che il romanzo Regency richieda, per definizione toni più smorzati rispetto agli altri rosa.
Possiamo avere speranze, però: e se fosse quella di lui, la biancheria regency problematica?
No. Il capo più intimo maschile in realtà è la… camicia. Ecco perché ricevere una signora indossando quella è maleducazione, come sarebbe oggi ricevere ospiti in mutande.
Erano piuttosto lunghe e si infilavano dentro alle brache. Ecco perché il panciotto, o gilet, faceva parte del vestire: serviva proprio a coprire con decenza i capi più intimi, sotto alla giacca.
Le brache fungevano pure da mutanda, perciò, via libera a tutte le fantasie più rosa che volete. Le calze erano una parte importante anche dell’abbigliamento maschile, specie finché i pantaloni arrivavano al ginocchio ed erano perciò a vista.
Eccoci qui. Il nostro viaggio fra le mutande, scusate, nella biancheria regency è finito. Io vi aspetto per il prossimo viaggio nel tempo, per scoprire che cosa portavano le dame sotto alle gonnellone dell’epoca vittoriana. E ne vedremo, credetemi, delle belle!!
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Fonti:
- http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2007/11/28/AKyJtRPB-mutande_invento_borghesia.shtml
- http://georgianagarden.blogspot.it/2009/11/la-biancheria-lingerie-nellottocento.html
- https://janeaustensworld.wordpress.com/tag/regency-underwear/
- https://janeaustensworld.wordpress.com/2010/11/06/ladies-underdrawers-in-regency-times/
- https://www.janeausten.co.uk/corsets-and-drawers-a-look-at-regency-underwear/
- http://regencyramble.blogspot.it/2007/03/underwear-or-just-what-did-they-wear.html
- http://www.mum.org/whatwore.htm
- https://www.janeausten.co.uk/regency-petticoats/