Morale e moralismo ai tempi del web

Il web e il giudizio

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Il web, lo sappiamo, è uno strumento di portata immane.

Ogni informazione diventa a portata di click, chiunque può accedere a dati di ogni genere, trovare risposte a qualunque domanda.

Rispondere a ogni dubbio.

Ma a volte si trasforma in arma, arrivando a colpire quando meno uno se lo aspetta.

Oggi non solo l’informazione è libera, ma è anche interattiva, rendendo possibile a tutti migliorarne (o peggiorarne) la qualità e commentarne il contenuto.

Il primo impatto, per me, è stato attraverso il mondo delle recensioni: ogni opera, se da un lato diventa più facilmente pubblicizzabile, diventa anche più facilmente attaccabile. Se un libro non mi piace non solo posso dirlo al mondo, ma posso improvvisarmi recensore, mostrando anche competenze che non ho, e dire tutto quello che mi passa per la mente, senza pensare al fatto che magari l’opera ha un bacino d’utenza già piccolo di suo e che ogni mia parola ha un peso terribile sul poveraccio che l’ha scritta e che non ha certo la portata di un autore di best seller.

Internet non ti dà le misure. Anzi, le altera, investendo chiunque di un potere che, forse, nemmeno immagina.

Non sempre ci si rende conto, poi, che il web inghiotte e risputa ogni nostro movimento, commento, foto, falsando persino l’immagine che il mondo ha di noi.

I libri, tutto sommato, sono il male minore.

Che succede quando il web fagocita questioni umane?

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Per esempio, se si utilizza un forum per esporre un problema. Esistenziale. Personale. Qualcosa che ci turba e a cui non riusciamo a dare soluzione.

Ci sono forum fatti apposta, nati con tutte le migliori intenzioni di fornire agli utenti un luogo di confronto sereno, con tanto di regole e netiquette.

Lo stesso processo sta alla base dei social network, idilliaci mondi dove incontrarsi e ritrovarsi.

Ma se le buone intenzioni finiscono col lastricare l’inferno?

Di casi ne ho visti così tanti da decidere di parlarne qui, per il bisogno di fare chiarezza nelle mie idee.

Le gocce che hanno fatto traboccare il vaso sono state due.

La prima, un articolo trovato sul Corriere.it, nel quale si riportava l’increscioso caso di una coppia che all’aeroporto, ha fatto l’errore di posare il seggiolino del figlio neonato al nastro trasportatore fermo. Il nastro è ripartito e la coppia non ha fatto in tempo a recuperare il piccolo. Incidente fatale.

Brutta, tristissima notizia, ma ancor più brutti e tristi i commenti fioccati in calce, come dardi infuocati, sulla coppia in questione.

Giù a dare giudizi sulla loro incapacità, quasi i due fossero mostri, ma quel che è peggio è che i commenti si sono poi allargati, tornando a colpire anche i protagonisti degli sciagurati casi di bambini dimenticati in macchina, che hanno fatto scalpore in questa calda estate.

Incidenti drammatici che già all’epoca avevano attirato il biasimo di moralisti improvvisati.

Ecco il web diventare il palcoscenico del dramma umano, dove tutto può essere ridotto alla falsa morale di benpensanti che si credono infallibili.

E che con le loro parole, già lo abbiamo visto, possono uccidere, con una leggerezza maggiore e più grave di coloro che incappano nel loro giudizio.

Tutti hanno diritto a un’opinione, questo è chiaro, ma è proprio necessario esprimerla a danno di altri, specie in questioni delicate e dolorose?

Sono incappata in un forum dove una ragazza molto giovane chiedeva aiuto in un momento difficile della sua vita: dopo aver avuto un bambino (voluto) è caduta nell’incubo della depressione post partum. Un caso da manuale, solo che la giovane mamma descriveva i suoi sintomi senza sapere (per forza, era lì per essere aiutata a capire) che la sua eccessiva chiarezza avrebbe offeso le mamme perfette.

“Non riesco ad amare il mio bambino”, diceva, “Non sopporto il pianto”, “vorrei non averlo avuto”.

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E subito, la parola alle lettrici: qualche post di conforto con consigli semplici e logici, poi la lapidazione a suon di “sei una mamma indegna, non si può non amare un figlio”, “dovresti vergognarti” “il tuo bambino è innocente e sei tu che devi fare tutto per lui”.

Ora, non so come questa persona abbia affrontato simili parole, ma dall’esterno l’impressione è stata quella di una vera e propria condanna ed esecuzione.

Il web pullula di mamme  e future mamme che navigano esprimendo concetti altissimi, l’amore totale per quelli che chiamano “i loro principini” (traduci: figli), spirito di sacrificio all’ennesima potenza (“sto malissimo ma affronto tutto pensando al mio piccolo) e cose così.

Benissimo, giusto: ma che cosa succede a chi non vive allo stesso modo gravidanza e parto?

La risposta è semplice, meglio che questa persona taccia, sorrida e vada avanti tenendosi tutto dentro, perchè se parla è finita.

Principio sano, peccato che poi finisca con altri casi choc di neonati messi in lavatrice o abbandonati in luoghi assurdi.

Sì, il principio dovrebbe essere opposto: i segnali d’allarme dovrebbero essere presi per quel che sono. Non trasformati nell’occasione per sentirsi migliori di chi li lancia.

Nel web non è così che va.

Strano, crudele mondo, dove in migliaia si indignano per il video di una coda canina pestata e l’essere umano non è rispettato.

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Dove la gente scatta al linciaggio sia contro un serial killer che contro uno che mangia bistecche o latticini.

Tutto cambia dimensione, si appiattisce, perde umanità.

Il web è il campo di battaglia nel quale il rispetto per la vita assume contorni sfumati, connotazioni assurde, diventa il contrario di se stesso.

La donna libera di abortire, ma non di mangiare salame in gravidanza.

L’omosessuale libero di avere figli ma non di discutere dei rifiuti che riceve nella vita reale.

E se scendiamo allo scalino religioso, troviamo l’inno alle libertà di culto, purchè questo non sia cattolico.

Il web è il teatro macabro dove la morale lascia posto a un moralismo senza inibizione, privato del deterrente dell’esposizione personale.

A dodici anni puoi tranciare giudizi sulla vita di una trentenne che manco conosci. Puoi farlo anche solo per divertirti, senza sapere che con le tue parole magari spingi giù nel baratro qualcun altro.

Il web finisce col diventare un’arma dell’ignoranza, nel suo significato più completo.

Ed è dramma anche nella sua forma più innocua, quando rispondi e commenti ignorando la portata di quello che dici.

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