Volevo essere Jo (ma sono Meg!)

Volevo essere Jo

Ma assomiglio a Meg

Considerazioni su Piccole Donne, ma forse no

Piccole donne - volevo essere jo

Quando ho letto Piccole donne per la prima volta mi aspettavo qualcosa di diverso.

Non so esattamente cosa: forse di riuscire a identificarmi di più nelle protagoniste, ma ero ancora troppo piccola per sentirmi Meg o Jo, per cui scelsi Beth, che come me giocava con le bambole.

Inutile dire il dramma di scoprire, nel libro successivo, quello che tutti già sapevano: Beth era la morta del gruppo.

Non l’ho mai superato, eh: non poso guardare il film senza crollare in lacrime quando Hanna stende petali sulle sue bambole.

Ma questo è anche il mio vissuto, in fondo: sto ancora piangendo anch’io per una morte, sto ancora stendendo petali sulle mie bambole riposte troppo in fretta in un baule, quasi una bara, in soffitta, bambole che erano per me il segno di un legame speciale, reciso all’improvviso contro ogni logica narrativa.

Ecco, anche la morte di Beth per me era priva di logica narrativa. Un dramma che poteva non essere, bastava farla guarire dalla scarlattina e farle prendere una sbandata per l’amico di Laurie. Chissà, magari farla passare dall’angelo di casa a diavola senza morale. Perché no?

Piccole donne

Il punto è che, già allora, pur riconoscendomi in Beth, sognavo di essere Jo.

Già scrivevo, anche se a quei tempi le bambine delle elementari scrivevano fiabe e non “romanzi” di sesso su wattpad. Scrivevo poesie, sognavo: proprio di diventare una Jo. Come Jo pensavo a me e al successo che avrei voluto in campo letterario.

Ora, voi non lo sapete, ma vi scrivo in tuta di pile e ciabattone simil Crocks di un blu elettrico, le prime e indistruttibili. Brutte da far paura. La mia felpa è pure sdrucita. A volte il pigiama mi accompagna fino a sera. Peggio di Beth, che almeno aveva delle belle camicine da notte.

Amy mi stava antipatica allora, mi sta antipatica ora, era logico che da lei non prendessi nulla, men che meno la capacità disposare un buon partito alla Trump: ecco perché non ho molte occasioni tacco dodici. In casa mia si tira a fine mese.

Forse l’unica che non mi diceva niente era Meg e invece gran parte della mia vita è stata la sua: ho fatto e sto facendo la moglie e la mamma a tempo pieno, ma senza la gioia di un fazzoletto di giardino, perché abbiamo una casa di cortile e l’unica concessione è un balconcino stretto e lungo, dove mettere due fiori è un’impresa.

Piccole donne

Volevo, con tutte le mie forze, essere Jo, non Meg, né Amy. Beth, alla fine, avevo dovuto scartarla per sfiga.

Scrivevo, più o meno le stesse cose sue: all’epoca non sapevo che il suo genere era il gotico (a dieci anni non ero molto informata su queste quisquiglie), così vicino al fantasy che avrei eletto di lì a poco come il mio Primo Amore.

Volevo essere Jo perché sentivo che quello era il tipo di successo nella vita che avrei voluto per me. La Parola plasmata, il Sogno condiviso, le mie storie negli occhi dei Lettori.

Ambiziosa? Molto. Sognatrice? Di più.

Le mie ciabatte raccontano una storia un po’ diversa.

volevo essere jo

Non sono diventata la Rowling, mentre Jo, dietro cui si nasconde, ebbene sì, la Alcott, è appunto diventata la Alcott.

Non sono diventata la persona che sognavo, libera, sicura, capace di volare sulle sue ali.

Sono una modesta casalinga, che di carriera non ne ha fatta neanche un po’, e che si vergogna, ammettiamolo, di quello che è diventata. Sono quella che non andrà mai alle riunioni di classe, per intenderci, sapendo di non aver niente da raccontare. Sono Beth, ma (ancora) non sono morta.

Il punto è che Jo, in me, non ha mai finito di spingere per uscire fuori. Questo blog mi pare lo dimostri chiaramente.

Dopo dieci libri scritti sono ancora una perfetta sconosciuta, in preda ai capricci della classifica Amazon che è come le onde del mare, ti porta a riva e un attimo dopo ti getta in mezzo al nulla.

Sono stata pubblicata e ho scelto di essere indipendente, decidendo per alcune opere di muovermi da sola senza editore. Jo, ne sono certa, sarebbe fiera di me.

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Perché il punto non dove arrivi. Il punto è come stai tu. Essere Beth non è male, se sei felice. Beth la era, così come tutte le Piccole Donne, che non hanno fatto altro che perseguire il loro concetto di felicità e hanno lottato per conquistarla.

In me, ora lo so, c’è un po’ di ognuna d loro: ho scelto, quando è stato il momento, di essere Meg e di privilegiare la famiglia; di Amy ho la testardaggine; di Jo l’amore per la scrittura, che affianca e talvolta offusca altri aspetti della vita. Di Beth, della mia cara Beth, voglio la capacità di amare.

Di lei voglio la capacità di accettare ciò che la vita porta, il buono e il cattivo, ma soprattutto la capacità di gustare l’attimo.

Questo, col tempo e la vita, è un dono che ho perso.

Volevo essere Jo, quando avevo dieci anni. Volevo essere Jo, ma adesso non mi dispiacerebbe essere un po’ più come la mia dolce Beth.

 
I quattro libri delle Piccole donne (Einaudi): Piccole donne. Piccole donne crescono. Piccoli uomini. I ragazzi di Jo (Einaudi tascabili. Biblioteca Vol. 25)

A proposito di Piccole Donne

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